(fdm) Ogni tanto mi domando: esiste il partito TT, di Tito Tettamanti? No, non esiste e non è mai esistito. Lui è un maître à penser liberale, non già un capopopolo. Eppure, a pensarci bene, forse esiste. A patto di attribuire alla parola “partito” un significato… puramente spirituale!
La scorsa settimana 380 milioni di cittadini dell’UE hanno eletto il Parlamento europeo. Ben 751 gli eurodeputati, ciò che non facilita certo l’efficacia dei dibattiti e i contatti. Costano annualmente al contribuente europeo 1,8 miliardi di euro.
Due le sedi, costo di costruzione per ognuna più di un miliardo di euro, una a Strasburgo (quella ufficiale) e una a Bruxelles. A Strasburgo si tengono ogni mese durante una settimana di quattro giorni le sessioni plenarie, vale a dire per ben 40 settimane il costoso immobile resta vuoto e inutilizzato. Ogni civiltà ha investito nei propri templi; nei due templi (le sedi) di Bruxelles e Strasburgo vengono celebrati i riti diretti dai sommi sacerdoti (gli eurocrati) per una «dea democrazia» svuotata dal suo valore primo, il demos, cioè il popolo.
Sì, quel popolo che, in parte disinteressato e non coinvolto, e in parte deluso, ha disertato le urne. Ha votato solo il 43% dei cittadini. Il numero degli astenuti dopo tutto il battage elettorale, l’insistenza delle televisioni, i richiami dei capi di Stato, rappresenta una sconfitta per l’idea europea e le sue istituzioni, specie se si pensa che questa volta numerosi erano nei diversi Paesi i movimenti antieuropei o euroscettici presentatisi alle elezioni e quindi atti a raccogliere anche i voti di protesta.
Questi movimenti o partiti critici – alcuni collocati all’estrema sinistra, la maggior parte in aree di centro-destra con sentimenti nazionalistici – hanno avuto successo come previsto. Open Europe stima rappresentino nel nuovo Parlamento il 30% dei deputati. Sono l’altra espressione del disagio di cittadini ai quali i loro Governi hanno imposto una partecipazione ad un’Unione europea che non piace e non è condivisa.
Quest’espressione non avrà un potere effettivo equivalente al numero di voti e seggi raccolto perché articolata in movimenti (alcuni anche poco presentabili) motivati da intenzioni, idee, sentimenti disparati. Hanno in comune l’atteggiamento critico verso Bruxelles.
Molto preoccupante è che in tre dei quattro maggiori Paesi (per forza economica e popolazione) dell’UE i partiti antieuropei siano la forza politica più importante (Francia e Inghilterra) o la seconda (Italia). Pro UE solo la Germania, accusata, a torto o ragione, di approfittare dell’euro e di essere il potere egemone europeo. Ulteriore motivo di spaccatura e risentimento.
La questione che molti si pongono è quale conseguenza avrà il risultato elettorale. Bruxelles prenderà atto del disagio, della evidente disaffezione, aprirà un colloquio, esaminerà seriamente alternative e modifiche all’attuale struttura che ovviamente non piace e non corrisponde ai sentimenti della maggioranza degli europei, specie se sommiamo ai votanti per i movimenti eurocritici gli astenuti?
Questo vorrà dire tener conto anche delle richieste di molti Paesi, Inghilterra per prima, che vogliono riappropriarsi di competenze a livello nazionale, limitare la burocrazia soffocante, applicare effettivamente la sussidiarietà. Dopo più di mezzo secolo, dopo un risultato elettorale che è una sconfessione, una classe politica responsabile dovrebbe rendersi conto che le strade del centralismo burocratico, delle regole europee asfissianti anche per argomenti locali, della tecnocrazia indifferente ai sentimenti dei cittadini e tesa solo all’attuazione dei propri piani volti a imporre gabbie uniformanti in un continente il cui pregio è nell’articolazione, nella diversità e ricchezza di culture, sono fallite. L’onestà intellettuale imporrebbe una totale revisione della costruzione considerata anche l’incapacità di uscire dalla crisi evidenziata tra l’altro da un tasso di disoccupazione dell’11%.
Oppure prevarrà l’alterigia e la cocciutaggine degli eurotecnocrati tesi a difendere il loro notevole potere e i loro interessi sostenuti da modeste e sfiatate dirigenze politiche nazionali. Si adotterà la tattica volta a considerare ogni contatto con un’opposizione sia pur ruspante e semplicista come degradante. Ghettizzare è un facile alibi per non dover rispondere alle critiche. Quale conseguenza avremo un Parlamento dominato dall’alleanza innaturale tra socialisti e Partito popolare europeo (democristiani) che confonde l’ostinatezza con la forza di carattere.
Se fossi obbligato a scommettere sull’alternativa vincente, punterei sull’ostinazione e sul pateracchio tra socialisti e Partito popolare, vale a dire per un’UE che non ha nessuna sensibilità né voglia di cambiare, che continuerà nel solco degli anni passati, cioè male. Temo che è con questa immutata, ostinata Unione europea che noi svizzeri dovremo continuare a batterci per difendere la nostra realtà.
Tito Tettamanti
Pubblicato nel Corriere del Ticino e riproposto con il consenso dell’Autore