Pamini zy

Troppo spesso, anzi sempre, ci sentiamo ripetere dai nostri politici la teoria dell’indotto. Quando lo Stato spende, sarebbe capace di innestare una catena di transazioni che generano benessere diffuso. Nulla di più errato.

La spiegazione più semplice ed illuminante la scrisse nel 1850 il geniale economista liberista francese Frédéric Bastiat in un piccolo libro intitolato Ce qu’on voit et ce qu’on ne voit pas, contenente ben dodici parabole dove solo in apparenza vi era un aumento di benessere. Il primo esempio, e più famoso, è la parabola de La vitre cassée.

Mentre gioca (magari a pallone sognandosi già ai mondiali brasiliani?), il figlioletto di Jacques Bonhomme rompe la finestra di casa. Bonhomme va su tutte le furie, perché dovrà spendere ben 1’000 fr per sostituirla. Tuttavia, il suo vicino di casa, un noto economista keynesiano, gli dice di vedere l’aspetto positivo della cosa: prima di tutto il vetraio benedirà il discolo che gli ha dato del nuovo lavoro, ma poi il vetraio spenderà a sua volta i 1’000 fr, per esempio comprandosi scarpe e vestiti nuovi, il calzolaio potrà così a sua volta spendere, per esempio comprando dei fiori per sua moglie, il fiorista poi comprerà una bistecca, il macellaio un libro, il libraio una birra, ecc. Nel complesso pertanto, spiega abilmente il vicino di Bonhomme, la disgrazia della vitre cassée mette in realtà in moto un circolo economico virtuoso, il cosiddetto indotto per l’appunto. Questo è quanto si vede.

Tuttavia, è pure vero che se il figlioletto non avesse rotto la finestra, Bonhomme avrebbe potuto spendere altrove i suoi 1’000 fr, per esempio comprando un mobile, parimenti innescando un indotto simile a quello precedente, semplicemente altrove. Anche qualora Bonhomme avesse risparmiato i suoi 1’000 fr, essi sarebbero stati prestati contro interesse a qualcuno che ne aveva bisogno per investimenti, pertanto pure innescando un indotto. Questo è quanto non si vede.

Va da sé che tra i due indotti, il secondo genera necessariamente più benessere, perché non comporta la spesa nei confronti del vetraio, una scelta che Bonhomme non avrebbe preso in assenza dell’incidente. Infatti, solo Bonhomme sa spendere i suoi sudati soldi nel modo che più lo gratifica. Inoltre, rispetto al primo caso, nel secondo abbiamo una finestra intatta e non ci siamo prodigati semplicemente per sostituirla. L’economia è realmente cresciuta nel secondo caso perché è probabile l’accumulo di capitale (alla finestra si aggiunge il mobile di Bonhomme).

Quando ci propongono l’idea che la spesa statale è positiva perché genera un indotto, o peggio ancora che lo sono pure una guerra o un cataclisma perché poi seguono i lavori di ricostruzione, rispondiamo subito “Non è vero! Questo è semplicemente quanto si vede.” Proprio come le guerre o i cataclismi, anche la tassazione distrugge un indotto che non si vede, ma che è necessariamente migliore perché su base volontaria. Perché allora ci si ostina ad aumentare spesa statale e prelievo fiscale, come con il moltiplicatore cantonale introdotto in maggio sotto il nome di freno ai disavanzi? Semplicemente perché il vetraio ed i suoi immediati clienti amano votare il politico che decide di tassare Bonhomme nel quadro di un programma pubblico di sostituzione delle finestre.

Paolo Pamini
economista, AreaLiberale e Istituto Liberale