(fdm) Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo articolo, lasciandone il giudizio al lettore, senza astenerci da un sobrio commento. Nonostante le dotte argomentazioni proposte, consideriamo la misura relativa al numero massimo di allievi per classe come essenzialmente occupazionale. “Vorrete ben ammettere che 22 è meglio di 25?”, incalza l’autore tentando di costringerci nell’angolo. A questo punto però… 20 non sarebbe ancora migliore? E che dire di 18? (Mi attengo a numeri pari). Forse 16 sarebbe l’ideale! Ricordo che a Lugano 1, una scuola con più di mille allievi, la media oscillava attorno a 19,9.

Aumenta la spesa, che importa? È giusto così. Il contribuente, senza fallo, pagherà. E poi, costa così poco! (Questa misura, da sola, non può portare al disastro i conti dello Stato ma, unita a molte altre provviste dello stesso effetto, genera un deficit di due-tre-quattrocento milioni***)

*** per i quali tutti – e molti ipocritamente – si stracciano le vesti


L’iniziativa popolare Aiutiamo le scuole comunali. Per il futuro dei nostri ragazzi, forte di 10’000 firme raccolte nel 2009 (!) sarà sottoposta a votazione popolare il 28 settembre 2014. Le argomentazioni dei parlamentari che l’hanno affossata sono francamente deboli. In effetti, implicitamente tutti loro ne riconoscono il grande valore contenutistico quando sottolineano il fatto che diversi dei correttivi che essa propone sono già stati fatti propri dal Parlamento, ad esempio le Direzioni generalizzate e l’aumento del sostegno.

Si fatica allora a capire come mai proprio sul tema cardine della diminuzione del numero massimo di allievi per classe, unito al potenziamento di mense e doposcuola, le stesse persone mettano in dubbio la competenza e la conoscenza degli iniziativisti che, lo ricordo, sono genitori, studenti e docenti, i quali per mesi hanno lavorato per mettere a punto il testo in questione coinvolgendo centinaia di persone.

Affermare che il numero di alunni sia ininfluente sulla qualità della formazione e trovare un paio di nomi noti che sostengano questa tesi, contraria al semplice buon senso e sostenuta da tutti gli studi scientifici seri, è come affermare che Darwin, morto ormai più di 130 anni addietro, si sbagliasse su tutta la linea perché a livello planetario si riesce a trovare un paio di creazionisti puri e duri.

Così, non avendo argomenti validi, si agita lo spauracchio del costo. Ora, è ovvio che migliorare le scuole dei nostri bambini adattandole alle esigenze della società contemporanea abbia un costo. Questo è stato stimato dal Governo a circa lo 0,1% delle spese correnti cantonali e a circa lo 0,2% di quelle comunali sull’arco di 5 anni. Poco? Sì, siamo il Ticino e non il Burundi, ma si tratta comunque di milioni ed anche per questo l’iniziativa prevede una transizione dolce e dilazionabile su più anni.

Mi si permetta una riflessione conclusiva. Perché mai bisogna dipingere come catastrofica una conseguenza dell’iniziativa, la probabile necessità di adeguare l’edilizia scolastica e assumere un certo numero di docenti, quando, se si trattasse di un imprenditore privato che creasse decine di nuovi impieghi qualificati per i nostri giovani formati e stimolasse le imprese edili ed artigiane locali, le stesse persone sarebbero d’accordo per aiutarla finanziariamente, riconoscendole il ruolo di stimolo economico? Non si tratta di un New Deal in salsa Merlot, ma riconosciamo il diritto allo Stato di dotarsi dei servizi e delle strutture necessari per soddisfare le reali necessità dei cittadini che li finanziano.

Adriano Merlini, docente