Lettera aperta al vento
La celebre cantante israeliana Noa ha pubblicato sul suo blog questa lunga lettera, diffusasi in brevissimo tempo in tutto il mondo. La proponiamo come documento ai nostri lettori, ben sapendo che qualcuno la troverà magnifica, qualcun altro la giudicherà un “tradimento”. È il destino di questi giorni funesti. Persino il nostro modesto portale ne porta le tracce e ne dà testimonianza.
Noa, nella sua accorata franchezza, nega l’assioma: “Gli israeliani sono i buoni che uccidono i cattivi“. Per molti suoi connazionali questa è la suprema eresia.
Saluti dal nostro angolo di Medio Oriente, dove di recente si è scatenato l’inferno.
Terrorizzata, angosciata, depressa, frustrata ed arrabbiata… Ogni ondata di emozioni compete con l’altra per il dominio dei mio cuore e della mia mente. Nessuna prevale ed io affondo in quell’oceano ribollente che è fatto da tutte loro combinate insieme. C’è un’allerta-missile ogni ora, da qualche parte vicino casa mia. A Tel Aviv è anche peggio.
Mio figlio ed io oggi abbiamo fermato l’auto in mezzo alla strada e siamo corsi verso un vicino corridoio, quando è partita la penetrante sirena. Qualche minuto dopo, abbiamo sentito tre boati assordanti che hanno fatto tremare i muri. Al Sud la situazione è intollerabile. La vita della gente laggiù si è fermata, la loro vitalità schiacciata. Trascorrono la maggior parte del tempo dentro i rifugi antimissile. Una buona parte dei razzi viene fermata dal nostro sistema difensivo, ma non tutti. Ogni civile è un bersaglio; i nostri bambini sono traumatizzati e le loro ferite emotive irreversibili.
E poi i tunnel scavati sottoterra, che arrivano sin davanti alle soglie delle case di alcuni abitanti dei kibbutz lungo il confine con Gaza…
Nelle buie segrete dei miei incubi, mi figuro a cosa servano: introdursi, rapire, torturare, assassinare…! I nostri soldati sono in prima linea. Sono i nostri figli, i figli dei nostri amici e vicini, giovani uomini e donne chiamati alle armi dal governo. E già vediamo bare avvolte nella bandiera, funerali pieni di lacrime, vite distrutte, Kadish (orazione funebre ebraica, ndt)… La ben nota, devastante routine.
E i gazani…! Oh Dio, i gazani… Cosa potrebbe mai essere più orribile e miserabile di ciò che questa gente deve passare? Il loro destino sarà sempre quello di soffrire per mano di crudeli tiranni? Le immagini di bambini coperti di sangue, il pianto delle madri in abiti intrisi di sangue, i calcinacci e la devastazione, il terrore nei loro occhi, cinque minuti al massimo per uscire dalle proprie case, correre via e salvarsi, perché le bombe stanno arrivando. E nessun rifugio antimissile.
Le tecniche talebane di Hamas da una parte e gli F16 dell’esercito Israeliano dall’altra, questa gente è nella morsa come le noci, schiacciata dalle ganasce di metallo spesso della cecità e della stupidità umane. La conta dei morti che aumenta di continuo… Per quanto ancora tutto questo dovrà continuare?
Gli uomini di Hamas sono estremisti, sono jihadisti, sono pericolosi e puntano ad uccidere qualunque Ebreo, anche me e mio figlio. Non riconoscono Israele, pianificano la trasformazione di tutti i gazani in shahid (martiri dell’Islam, ndt) utilizzandoli come scudi umani. Abbiamo sentito tutto. Abbiamo sentito di Hannia e dei suoi scagnozzi ed è probabilmente tutto vero, nella misura in cui la verità esiste. Ma si può incolpare ogni uomo, donna o bambino per l’amara, orribile follia di ambo le parti?
Ascolto Naftali Bennet (attuale Ministro dell’Economia, ritenuto un “falco” della politica israeliana, ndt) che parla alla CNN, spiegando freddamente che gli uomini di Hamas sono dei terroristi e che abbiamo il diritto di difenderci, il che è vero, è assodato. Aspetto con pazienza una sua dichiarazione di cordoglio ed il suo dispiacere per la perdita di vite innocenti… Ma non arriva nulla del genere. E mi domando: ma hai dimenticato che rappresenti un’intera nazione? Hai dimenticato gli insegnamenti di base della tua stessa fede? China la testa e vergognati! Perché tu hai portato alla morte di persone innocenti, uomini, donne e moltissimi bambini, anche se non ne avevi l’intenzione!
E poi sì, Hamas continua con la sua orrenda retorica intrisa di sangue di persone innocenti! Non c’è dubbio che c’è un posto speciale all’inferno per gente del genere, e la storia è piena di esempi simili. Ma questo non ci solleva dall’obbligo di comportarci come esseri umani, a meno che il nostro scopo non sia trasformarci nella terrificante, vomitevole immagine dei nostri peggiori nemici.
Noi, tanto Palestinesi quanto Israeliani, “non abbiamo mai perso l’occasione di perdere un’occasione per costruire la pace”. Abbiamo creato questo disastro con le nostre stesse mani, e stiamo pagando un prezzo orribile per la nostra arroganza e follia cieca.
E’ facile puntare il dito contro gli altri e chiudersi in un atteggiamento di estrema auto-difesa, quando cadono le bombe. Ogni parte si raccoglie nel proprio angolo, restando vicina ai propri simili, incolpando gli altri.
Il mio cuore è con le famiglie delle vittime, ovunque esse siano. Sono contenta di avere un potente esercito israeliano che mi difenda da quelli che dichiarano apertamente di voler tagliare la gola ai miei figli, ma non voglio utilizzare il mio dispiacere e la mia paura come uno schermo che mi separi dall’empatia umana e dal pensare lucidamente. Piuttosto, vorrei fare l’esatto opposto.
Voglio stare nel mezzo dell’arena e pronunciare la mia verità.
Ci sono soltanto due parti in questo conflitto, ma non sono Israeliani e Palestinesi, Ebrei ed Arabi.
Sono i moderati e gli estremisti. Io appartengo ai moderati, ovunque essi siano. Loro sono la mia fazione. E questa fazione ha bisogno di unirsi!
Io non ho nulla a che spartire con gli estremisti Ebrei che bruciano vivi i bambini, avvelenano i pozzi e sradicano alberi, che tirano sassi agli scolari e che sono motivati da un odio frutto di lavaggio del cervello e forte presunzione di possedere la verità.
Io ho voglia prendermi la testa tra le mani e scomparire — sulla Luna, se possibile — quando leggo i sermoni dei rabbini Ginsburg e Lior, che parlano della morte romantica e dell’omicidio nel nome di Dio, come quello commesso da Baruch Goldstein, loro sacro martire, che ha assassinato 29 Arabi a sangue freddo mentre pregavano! O quando leggo le incredibili parole di razzismo scritte da alcuni miei connazionali, le urla di gioia quando i bambini palestinesi vengono uccisi, lo sprezzo per la vita umana!
Il fatto che abbiamo la stessa fede religiosa e lo stesso passaporto per me non vuol dire nulla. Io non ho niente a che fare con certa gente.
Allo stesso modo, anche gli estremisti dell’altra parte sono miei acerrimi nemici. Ma la loro ira non è soltanto diretta verso di me, ma anche verso i moderati della loro stessa società; il che fa di noi fratelli in armi!
Proprio come esorto gli Arabi moderati, ovunque essi siano, a fare tutto ciò che è in loro potere per respingere l’estremismo, non ho alcuna intenzione di chiudere gli occhi dinanzi alle responsabilità che devono essere assunte dalla mia parte per il fiasco in atto. L’Islam radicale è un fenomeno pericoloso che dev’essere affrontato non soltanto da Israele, ma dal mondo intero. Ma ci sono nel mondo islamico più voci liberali, ci sono partner per il dialogo! Abbiamo davvero fatto tutto quello che potevamo per raggiungerle? La risposta è no; abbiamo fatto l’opposto.
L’attuale governo guidato da Netanyahu ha fatto ogni cosa in suo potere per reprimere ogni intervento di riconciliazione.
Ha indebolito ed insultato Abu Mazen, leader della più moderata OLP, che ha più volte ribadito di essere interessato alla pace.
Quando Abu Mazen ha fatto quelle dichiarazioni sull’olocausto, chiamandolo la più immane tragedia nella storia umana, lo hanno deriso e liquidato senza dargli peso.
Non hanno rispettato gli accordi che essi stessi hanno firmato, rifiutandosi di rilasciare prigionieri che avevano già acconsentito di rilasciare, preferendo continuare con la costruzione di insediamenti, come se non ci fosse alcun negoziato in corso.
E’ come schiaffeggiare qualcuno in faccia ripetutamente, mentre gli si dice allo stesso tempo “Facciamo la pace! Non vedi quanto io voglia la pace? Perché non collabori?” E’ detestabile.
E che dire dell’iniziativa della Lega Araba? Perché è stata sempre, costantemente ignorata dal governo di Israele? Solo di recente, in un atto di buona fede senza precedenti, una figura di primissimo piano dell’Arabia Saudita ha scritto un articolo in un quotidiano israeliano, esprimendo il proprio auspicio per la pace! E’ passato inosservato! Un tale comportamento può solo essere definito come estremamente spiacevole ed arrogante.
Quali folli forze messianiche accecano gli occhi di questi politici e dei loro elettori? Quale biblica sindrome di Giosuè? Cosa pensano tra sé e sé, che lentamente ma inesorabilmente domineranno i territori occupati sino a quando non esisterà alcun modo per creare uno Stato di Palestina? E che dire di tutti i Palestinesi che vivono là, delle loro aspirazioni, della loro storia? Del loro benessere, dei loro sogni, delle loro speranze future? Vivranno semplicemente felici come cittadini di serie B, o forse si convertiranno in massa all’Ebraismo? Qual è il piano? Non c’è alcun piano, non c’è una visione moralmente compatibile con i valori universali, un desiderio di creare una coesistenza; o quantomeno niente del genere è stato presentato in modo articolato alla nostra gente.
Al suo posto, ci viene somministrata continuamente paura e paranoia, soffiando sul fuoco del nazionalismo, coltivando la xenofobia ed il razzismo. Nei fatti, questa politica sta deteriorando Israele a un punto ideologico e strategico di non ritorno.
Solo il dialogo da una posizione di rispetto e di empatia può salvarci. Solo uno sforzo concertato di rafforzare i moderati e, di conseguenza, marginalizzare quanto più è possibile gli estremisti può procurarci un po’ di speranza.
Per quanto Israele disprezzi giustamente Hamas, non sembra che si vada da nessuna parte. Abbiamo seriamente preso in considerazione le loro condizioni per un cessate il fuoco? Molte di esse hanno un senso! Perché non cercare di alleviare le sofferenze dei gazani, consentire loro di svilupparsi economicamente, restituire dignità alle loro vite ed ottenere un cessate il fuoco di dieci anni? Dieci anni è un sacco di tempo!
Le menti giovani possono aprirsi.
Persino una modesta prosperità economica può fare da catalizzatore per il cambiamento! Perché diamo per scontato che questi anni verranno usati solo per rafforzare il potere militare di Hamas? Le condizioni includono una supervisione internazionale. Forse in quegli anni si creerà una situazione in cui Hamas, con una generazione di leader più giovani che vedono un orizzonte diverso, verrà trascinata all’interno del territorio della politica in un modo che consenta, finalmente, di aprire un dialogo?
Io chiedo a me stessa ed a Netanyahu: perché non sorprendere noi stessi?! Netanyahu, si dice che tu sia un uomo intelligente: perché non fare un’inversione a 180 gradi, cambiare le regole del gioco, pensare fuori dagli schemi? Dà il benvenuto ad Abu Mazen, smetti di costruire gli insediamenti, sostieni il governo di unità apri Gaza e consenti il commercio con la supervisione internazionale. Abbraccia le aspirazioni palestinesi unitamente alle nostre, accogli l’intervento internazionale e guadagna un vero alleato contro l’estremismo? Scacco matto!
Abbiamo davvero compiuto tutti questi sforzi, prima di mandare a morire i nostri soldati? E’ triste, ma la risposta è no.
Nessuno sta smantellando l’esercito israeliano, che resterà forte. Ma allora perché ci rifiutiamo testardamente di correre questo rischio calcolato, preferendo piuttosto il sacrificio dei nostri figli? E’ una cosa oltre ogni mia comprensione. Ad Akedat Yitzchak, Dio è intervenuto salvando il bambino. Dov’è Dio, adesso? E’ forse divenuto indifferente a causa dell’abominio che è stato fatto dei suoi sacri insegnamenti dagli estremisti di ambo le parti?
Se ci rifiutiamo di riconoscere i diritti di entrambe le parti e di farci carico dei nostri obblighi, se ciascuno di noi rimane aggrappato alla propria versione, con disprezzo e sprezzo di quella dell’altro, se continuiamo a preferire le spade alle parole, se santifichiamo la terra e non le vite dei nostri figli, saremo presto tutti costretti a cercare una colonia sulla Luna, perché la nostra terra sarà così zuppa di sangue e così intasata di lapidi che non vi resterà più niente per vivere.
Io ho scritto le parole che seguono e le ho cantate insieme alla mia amica Mira Awad. Oggi sono più vere che mai:
“Quando piango, piango per tutti e due
Il mio dolore non ha nome
Quando piango, piango rivolta al cielo spietato e dico:
Dev’esserci un’altra via.”