Dopo la diffusione del video della decapitazione del giornalista americano James Foley, il governo statunitense ha ammesso di aver effettuato “durante l’estate” un’operazione in Siria per soccorrere ostaggi americani prigionieri dei djihadisti dello Stato islamico.

L’operazione era fallita, hanno annunciato mercoledì 20 agosto il Pentagono e la Casa Bianca, perchè gli ostaggi non erano nel luogo reperito dall’intelligence americana, ha spiegato il presidente Barack Obama in un comunicato.

Citando responsabili dell’amministrazione Obama, il quotidiano Washington Post precisa che l’operazione, durante la quale erano stati feriti dei soldati e uccisi cinque djihadisti, aveva avuto luogo dopo la testimonianza di sei ostaggi occidentali liberati dai guerriglieri islamici.

“Ritenevamo di avere elementi a sufficienza per agire – ha spiegato la presidenza americana – Il nostro esercito aveva reagito in maniera molto aggressiva e rapida per recuperare i nostri connazionali.”

Secondo il sito McClatchy.com, il raid – composto da decine di soldati – sarebbe avvenuto il 4 luglio nella provincia di Rakka, nel nord della Siria, feudo dello Stato islamico.

Nel suo comunicato, il ministero americano della Difesa non precisa l’identità e il numero degli ostaggi che queste forze avevano cercato di liberare. Il responsabile citato dal Washington Post afferma che il giornalista James Foley, decapitato dai guerriglieri islamici, figurava fra gli ostaggi.

James Foley nel settembre 2012 a Aleppo, Siria
James Foley nel settembre 2012 a Aleppo, Siria

E’ la prima volta che gli Stati Uniti rendono pubblica un’operazione di questo genere in Siria dall’inizio del conflitto, nel marzo 2011.
Caitlin Hayden, portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale, ha spiegato che il governo non aveva l’intenzione di rivelare l’operazione :

“Abbiamo deciso di renderla pubblica quest’oggi quando è chiaramente apparso che un certo numero di media si apprestavano a rivelare l’operazione. Non avremmo potuto far altro che ammettere la sua esistenza.”