Avevo conosciuto l’Autrice nella primavera del 2010. All’USI, collaboratrice di Marcello Foa all’Osservatorio europeo di giornalismo. L’ho ritrovata pochi giorni or sono alla presentazione dell’imminente PIAZZAPAROLA (inizio giovedì 4 settembre).

Natasha Fioretti intrattiene un suo blog letterario dal nome… molto impegnativo di “Not a Day without Culture”.

Dopo aver chiesto, doverosamente, il permesso, vi presento questo racconto, breve e intenso, estivo, anzi agostano. Natasha è da poco tornata dalla campagna e dal mare della Toscana, questo è evidente.

www.notadaywithoutculture.wordpress.com

mare a Talamone bSveglia alle sei. Doccia veloce, mi infilo al volo costume e vestito mentre metto su il caffè, bacio Silvestrino. Guardo l’orologio: le sei e un quarto e penso “se parto per le sette, prima delle otto sono al mare”. Sì, sicuramente centra il mio spirito tedesco che mi fa rispettare le tabelle di marcia che mi autoimpongo e, sì,  mi piace alzarmi presto la mattina, aprire la finestra sulla veranda e vedere i cerbiatti brucare tra le colline davanti a casa. Ma il vero motivo di questa levataccia è un altro: il “mio” adorato scoglio a Talamone. C’è uno scoglio piatto, comodossimo, a filo del mare, che se lo acchiappi, nulla può più andare storto. È l’unico così, da quel lato della scogliera. E, naturalmente, è il più ambito. Tutto quello che vedi, da lì,  è il mare e il massimo della conversazione che puoi fare è uno scambio di parole con i granchi. Quest’anno poi, non so perchè, forse i chili di troppo, mi hanno scambiata per una di loro: non faccio in tempo ad addormentarmi che me ne trovo uno sul braccio o addirittura sulla pancia. Poi quando li guardi, si rendono conto, e terrorizzati si rintanano tra gli scogli. Ma torniamo ai preparativi. Borsa pronta, Silvestrino fa colazione con le sue crocchette, sale il caffè, controllo la posta,  c’è ancora tempo. Come stabilito alle sette in punto sono al volante. 31 km mi separano da Talamone, tutte strade tra le colline e a percorrerle ci vogliono una quanrantina di minuti. Il bello è che non si incontra mai nessuno. Al massimo un trattore o qualche frustone, riccio o volpe che attraversa la strada. O qualche ciclista. Arrivo giù a Fonteblanda e inizio a preoccuparmi. Due ragazze in bicicletta con lo zaino da mare, uomini con il giornale sottobraccio, donne in giro per strada a chiacchierare. “Di solito a quest’ora non c’è tutta questa gente”, penso. E accelero un pochino, perchè alzarsi alle sei per poi trovare il mio scoglio occupato, “no eh!”.

Arrivo a Talamone e anche qui c’è un discreto, fastidioso movimento per essere così presto. In più, causa mercatino, la strada per il parcheggio gratuito e all’ombra è chiusa. Mi tocca parcheggiare nel posteggio a pagamento sul molo. In pieno sole. Vado a prendere i giornali. “Lo prendo, o non lo prendo, il cappuccino al bar?”. “E se poi nel tempo che mi fermo, qualcuno occupa lo scoglio?”. Niente cappuccino, mi dirigo verso il mare. E nel camminare, non so perchè, assomiglio più ad un caterpillar in azione piuttosto che ad una graziosa e rilassata turista che sta per godersi il sole e il mare. Arrivo in cima alla scogliera e prima di scendere le scale mi affaccio per vedere la situazione. “AHI! Proprio in fondo alla scala, dove iniziano gli scogli, c’è una signora, in piedi. Più avanti, sugli scogli, un tizio che pesca. Mi affretto a scendere.  Due scalini alla volta. È una questione di vita o di morte. Arrivo giù, già sudata e con il fiatone. Sempre colpa dei chili di troppo. La signora fortunamente non si muove e non fa il minimo cenno di voler andare sugli scogli. Bene. Abbozzo un leggero sorriso e già mi gusto il mio scoglio. Il pescatore va via, la signora lo segue. Arrivo a destinazione e il sorriso scompare. Una scatola di sigarette vuota, lasciata lì come se quello fosse il suo posto. E una miriade di vermiciattoli gialli, tutti morti, sparsi qua e là. “Uffi! Bel ricordo ha lasciato il pescatore”, sbuffo. “Ci vorrebbe un’onda che arriva e lava tutto”. Chiaramente le onde non arrivano su ordinazione, lo sanno anche i bambini. Pure nel caso di una questione serissima come questa. “Che fare? Stendo l’asciugamano sui vermi morti e faccio finta di niente?” solo l’idea mi fa vomitare. E di solito non sono una che si impressiona facilmente. Trovo un legnetto e un sasso e in qualche modo riesco a buttarli tutti in acqua. “Ah, che si deve fare per campà!”.

Finalmente stendo l’asciugamano e mi tolgo il vestito. L’acqua è splendida, come sempre. Mi tuffo e faccio una lunga, lunghissima nuotata. Non so quanto tempo sono stata là fuori, probabilmente più di mezz’ora. Quando riemergo constato con orrore che, nel lembo di spiaggia strettissimo vicino agli scogli, si è piazzata una allegra famigliola. Anzi, dal numero di persone e dal rumore che fanno, devono essere due, famigliole.  “Beh insomma, non è che posso sempre lamentarmi” mi dico. E in pace mi stendo sull’asciugamano e mi do alla lettura dei quotidiani. La pace dura poco. Il tempo di arrivare alla pagina degli esteri…Le allegre famigliole si avventurano nell’acqua tra grida, schiamazzi, spruzzi d’acqua. Una delle ragazzine, più o meno sui 12 anni, esce dall’acqua salendo sul mio scoglio (come se fosse l’unico…). Mette i piedi sul mio asciugamano (magari la poverina è in buona feda e non si è nemmeno accorta) e si strizza i capelli bagnati. Sempre sul mio asciugamano. Si gira, si tuffa a bomba e un’onda d’urto arriva sui miei giornali. Si possono ancora leggere, per carità, ma la pressione ( e la mia solitamente è molto, molto bassa) inizia a salire… Decido di scappare e di farmi un’altra nuotata. Quando torno la ragazzina si è impossessata del mio scoglio dal quale ormai si tuffa a ripetizione. Esco dall’acqua con il mio solito fare da caterpillar, piuttosto che da sirenetta della Walt Disney. E la mamma, che forse, vagamente, ha percepito qualcosa, grida alla figlia “adesso basta, lascia in pace la signora”. La ragazza sembra non capire ma ubbidisce. Per fortuna. Intanto l’altra bimba più piccola, piange e grida a fasi alterne, ma non riesce a stare zitta nemmeno per un secondo. Mentre la tribù di famigliari che la circonda fa dei grandi teoremi sui braccioli, sono troppo stretti o troppo larghi, la misura del costume, i capelli bagnati, che cosa cucinare per pranzo….Intanto un granchio bello corposo mi guarda ben piazzato sulla mia pancia. Anche lui deve essere frastornato da quelle apparizioni caciaresche. E un marangone esce dall’acqua e va a posarsi su uno degli scogli di fronte, subito ai piedi dell’altra scala. Mentre si asciuga e si liscia le piume guarda i diversi bagnanti che scendono al mare con materassini rosa, secchielli gialli, radio accese…E li guarda con molta calma, per nulla impaurito, come se li vedesse tutti i giorni e fosse abituato. “Sicuramente più di me!” penso. E infatti getto la spugna. Non sono neanche le undici e decido di rivestirmi. Anche l’acqua non è più così pulita. Il mare si è riempito di barche e, non all’orizzonte, ma lì subito dopo le boe. Il rumore dei motori si aggiunge a quello delle due allegre famigliole. “Meglio andare al bar e bersi un caffè”. Mentre salgo le scale incontro una signora. Deve essere la signorina Rottermeier di Talamone. “Buongiorno” le dico. Lei mi guarda e parte in quarta “È già sporco il mare stamani, ha visto? Per forza con tutte quelle barche. Per non parlare degli scogli, la gente ci lascia di tutto. Una volta non avevamo tutti la cultura, la possibilità di studiare ma c’era l’educazione, il rispetto per l’altro. Oggi la parola cultura è sulla bocca di tutti, ma l’educazione non si sa più dove sta di casa”. Non che abbia tutti i torti però temo che a darle corda potrei passare lì ancora parecchio tempo… Le auguro una buona domenica e mi avvio al bar. Nel frattempo trovo anche un cestino per buttare il pacchetto di sigarette  raccolto sugli scogli. Faccio in tempo ad entrare al bar per ordinare un caffè e sento dire “Eh sì, finalmente il paese si è riempito. La prima settimana di agosto succede sempre così”.

E allora, bevuto il caffè, me ne sono tornata al silenzio delle mie verdi colline, felice di avere salutato il mare al mattino presto e di essermelo potuto godere almeno un pochino, prima delle invasioni barbariche…perchè il mare è sempre il mare.

Natasha Fioretti