(ma è un artificio retorico, in realtà BLOCHER scrive a Barroso)

SoldatiL’avvocato e notaio Karl Vogler, nato nel 1956, padre di 4 figli, è un lic. jur. e uomo politico obwaldese cristiano-sociale di belle e grandi speranze. Consigliere nazionale eletto nell’ottobre e entrato in carica il 5 dicembre 2011, ha già inoltrato 32 atti parlamentari. Uno di questi gli ha procurato una notorietà nazionale: è il postulato con cui ha chiesto al CF di elaborare proposte per limitare la possibilità di inoltrare iniziative “senza ostacolare la democrazia diretta”; propositi quindi chiaramente inconciliabili. Confirmatari del geniale postulato sono stati 40 suoi colleghi, di cui 20 PPD, 8 BDP (il partito dell’altrettanto geniale EWS, detta Giuda in gonnella) e 7 verdi liberali, non ho cercato oltre per la paura di trovare nell’elenco dei firmatari qualche sciagurato del mio partito, l’UDC.

Un quinto della Camera bassa ne ha quindi abbastanza del fatto che il popolo, che stando alla Costituzione è il depositario del potere sovrano, sempre più, ad opera di questa o di quella sua componente, venga chiamato alle urne per la decisione definitiva. Eppure il diritto di iniziativa (100’000 firme in 18 mesi) costituisce in pratica il motore della democrazia diretta. E quando più di 100’000 cittadini chiedono che a decidere sia il popolo, vuol dire che il problema trattato ai loro occhi non può essere lasciato alla decisione dell’esecutivo prima e del legislativo poi.

A spiegare la forte crescita delle iniziative stanno d’altra parte problemi inerenti ai nostri rapporti con l’UE, rapporti che CF e in parte anche le Camere hanno sempre voluto porre sulla strada che porta a Bruxelles, nonostante il fatto che dal 6 dicembre 1992 in poi il popolo abbia chiarissimamente espresso opinione e volontà contrarie, infliggendo a Governo, Parlamento, partiti (UDC esclusa) e tutto l’annesso tam-tam propagandistico brucianti delusioni.

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Nel gennaio scorso (2014) Christoph Blocher ha pubblicato una lettera immaginaria scritta da Didier Burkhalter a Juan Manuel Barroso, adesso sostituito da Jean Claude Juncker alla presidenza della Commissione europea. La traduco e trascrivo da “Schweizerzeit” a scopo di informazione.

BarrosoEgregio Signor Barroso,

con riferimento alle lettere scambiate negli ultimi tre anni tra Lei e il Presidente della Confederazione in carica in merito alle proposte da Lei formulate sulle richieste istituzionali, ho l’onore di trasmetterLe il punto di vista del Consiglio federale svizzero. Mi permetta dapprima di renderLa attenta a norme speciali della Costituzione federale.

La nostra Costituzione, che si basa su esperienze e storia plurisecolari e che ha garantito alla Svizzera per 200 anni pace, democrazia e libertà, prevede come suo elemento portante il mantenimento dell’indipendenza e la protezione della libertà e dei diritti del popolo.

Il Consiglio federale è obbligato, nella ricerca delle decisioni da prendere a proposito di questioni istituzionali con l’UE, ad attenersi a questo disposto costituzionale: e questo si impone anche per il dato di fatto che il sovrano – in Svizzera sono gli e le aventi diritto di voto – non è disposto a rinunciare alla sua indipendenza, libertà e democrazia diretta. Il Consiglio federale, nella sua qualità di governo sottoposto al sovrano, deve attenersi a questa volontà anche quando potrebbe nutrire una data simpatia per i vostri interessi.

Lei capirà perciò, stimatissimo Signor Presidente, che la Svizzera, nella sua qualità di Stato indipendente, che in nessun modo è membro dell’UE e neppure vuole, direttamente o indirettamente, aderire all’UE, non possa aderire alle Sue richieste di “allacciamento istituzionale”, sia per quel che riguarda la legislazione che la giurisdizione.

Il Consiglio federale ha preso nota del fatto che l’UE in futuro non vorrà concludere trattati bilaterali in assenza di questi “allacciamenti istituzionali”. Il governo elvetico ne prende conoscenza con rincrescimento. Ciò significherebbe nominalmente che le trattative bilaterali in corso dovrebbero essere interrotte. Si tratterebbe in particolare dell’auspicato accordo fiscale che impegnerebbe la Svizzera a modificare le proprie norme riguardanti il diritto fiscale per le aziende, delle nuove trattative per l’imposizione fiscale degli interessi, della nuova regolamentazione dello scambio automatico di informazioni, degli accordi concernenti l’energia, il settore agricolo, la libera concorrenza e altro ancora.

Al contrario la Svizzera si dichiara pronta a prendersi ulteriormente a carico rapporti di buona vicinanza sul piano contrattuale, in special modo per facilitare la reciproca adesione al libero mercato, fermo restando che la Svizzera non è membro del mercato interno europeo e neppure ha l’intenzione di diventarlo.

Questo punto di vista potrà parzialmente sembraLe un regresso per rapporto al comportamento finora tenuto dal governo nei confronti della politica europea. Un punto di vista che sarebbe in aperto contrasto con la richiesta del 1992, finora mai ritirata, di adesione all’UE. Questa richiesta era stata inoltrata ancora prima della decisione del popolo confederale riguardante l’entrata nello Spazio Economico Europeo. Il popolo e i cantoni svizzeri, contrariamente alle sollecitazioni del governo e del parlamento, decisero il 6 dicembre 1992 di non aderire allo SEE, rifiutando con ciò anche l’adesione in un secondo tempo all’UE.

Il Consiglio federale avrebbe la volontà di ritirare questa domanda di adesione, ma ricerche a Bruxelles hanno evidenziato che quella lettera a Bruxelles è introvabile. Il CF svizzero si vede perciò nell’obbligo di dichiarare scaduta quella richiesta. La preghiamo di prenderne conoscenza.

Anche la soluzione propugnata da incaricati subalterni dell’UE e della Svizzera di mettere la Svizzera di fronte alla scelta di accettare l’assunzione automatica del diritto europeo o quella di dover convivere con sanzioni, che adesso vengono chiamate “misure di compensazione”, non viene vista dal Consiglio federale come soluzione. Sarebbe solo un simulacro di “conservazione della sovranità”. Anche questo è inaccettabile per il nostro paese.

La Svizzera è però sempre disponibile per contatti alla pari – tra la Confederazione svizzera da una parte e l’UE dall’altra – , tra Confederazione e Unione reciprocamente indipendenti e a cercare soluzioni nel consenso, con la salvaguardia della sovranità dell’UE come di quella della Svizzera.

Nello spirito di un partenariato aperto e costruttivo mi rallegro, egregio Signor Presidente, di poter discutere con Lei possibili soluzioni nel quadro dell’accompagnamento politico di un procedimento che ha fatto le sue prove, e questo malgrado le storiche differenze e la diversa configurazione statale.

Nel frattempo Le assicuro, egregio Signor Presidente, i sensi della mia alta stima.

Il Presidente della Confederazione Svizzera, Didier Burkhalter


Una lettera che centinaia di migliaia di cittadini svizzeri vorrebbero che fosse stata veramente scritta.

Gianfranco Soldati