Galeazzi zPossiamo raccontarla come vogliamo, ma i fatti di questi ultimi anni parlano chiaro. Nei grandi paesi del Continente, la maggior parte dei tentativi di incoraggiare l’integrazione tra culture, etnie e religioni differenti sono sull’orlo del fallimento. Non intendo fare di tutta l’erba un fascio, ma specie laddove negli ultimi 20 anni si sono fatte “politiche immigratorie all’acqua di rose”, oggi i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Basti pensare a quanto succede in Inghilterra con i giovani immigrati di seconda o terza generazione, per comprendere come il fenomeno dell’estremismo sia del tutto fuori controllo. Mi rivolgo soprattutto a coloro che per principi ideologici, partitici o religiosi hanno sempre sostenuto a gran voce che l’esperimento “multiculturalismo” sarebbe stata una risorsa indispensabile per la società moderna. Principi sulla carta nobili e incontestabili, sui quali si sono però infranti i sogni di molti Paesi, come quelli scandinavi, che hanno sempre optato per questo genere di “innesto” ma che oggi si confrontano con intolleranza e violenza. Non passa settimana in cui in Nordeuropa non scoppino disordini pubblici. Ovviamente non tutti vengono alla luce, il tutto giustificato da una scarsa integrazione sociale dei residenti stranieri, cui si contrappone un clima di crescente insofferenza e intolleranza tra i cittadini ospitanti.

In Inghilterra il problema è ancora peggiore, dove si annidano giovani e meno giovani che, dopo essere stati educati nelle scuole inglesi insieme a coetanei anglosassoni, in pochi mesi o settimane si trasformano in “soldati di Allah” e fuggono ai controlli dell’”intelligence interna britannica” (MI5) per partire verso zone di guerra mediorientali e caucasiche.

E in Svizzera?

Tempo fa ho già avuto modo di scrivere opinioni che toccavano temi simili, preoccupato dalle attività criminali e di spionaggio estero sul nostro territorio, con la presenza di spie internazionali e presumibilmente di estremisti islamici, che trovano terreno “molle” dal punto di vista legale-giudiziario. Una Svizzera troppo “allegra” che crede di vivere ancora “il paese di Alice”. Scarsi controlli e mani legate. Già  agli inizi degli anni ’90 l’allora Capo dei Servizi svizzeri, Divisionario Peter Regli, in una conferenza in Ticino disse: “Nei prossimi decenni (e ci siamo oggi), tra i problemi fondamentali vi saranno l’immigrazione di massa da terre povere e in guerra e gli estremismi, soprattutto religiosi (…)” Detto, fatto, non vi pare?

Già allora si sarebbero dovute assecondare e non sottovalutare le previsioni di intelligence, ma erano i tempi delle “schedature” e i loro strascichi, quando una certa corrente politica elvetica si sentiva offesa per le “annotazioni” fatte sui simpatizzati politici dell’ex Unione Sovietica e della Germania Est. Era il tempo della tensione tra Est e Ovest e all’intelligence svizzera fu messo il bavaglio, costringendola a divenire un Servizio informazioni da “Heidiland”.Oggi il mondo è in fiamme, con guerre e conflitti per nulla controllabili fin sulle porte di casa nostra (vedi Ucraina). Il concetto di “guerra moderna” si è spostato dalla linearità di schieramenti ben definiti verso l’asimmetria e l’imprevedibilità di un terrorismo attivo e dormiente, suddiviso in piccole cellule sparse in ogni dove intorno a noi e forse anche al nostro interno.

In Svizzera siamo rimasti apparentemente ancora agli anni ’90, per quanto riguarda lo sviluppo dei Servizi informativi: un’intelligence zoppa cui è nemmeno concesso di pedinare un sospettato o prendergli il numero di targa. Ha ragione il Ministro della difesa, Ueli Maurer: è tempo di riforme, e alla svelta.E’ giunta l’ora di fornire, con le dovute precauzioni dello stato democratico di diritto, le necessarie basi legali e operative affinché si possano prevenire e fermare sul nascere i malintenzionati, entrati con permessi di vario tipo o clandestinamente. Peggio ancora esaltati cresciuti tra noi e che risiedono nella porta accanto.

La politica federale dovrebbe dare la giusta priorità a questi problemi e rassicurare i cittadini sulla loro sicurezza, prima che ci “scappi il morto” anche alle nostre latitudini.

Il Divisionario a.r. Regli, poco tempo fa ha ben riassunto la situazione odierna: – il nostro mondo è una polveriera, la miccia è stata accesa -.

Le sfide per la sicurezza in Europa, oggi, sono anche le sfide della Svizzera. I nostri politici l’affrontino sul serio e si attivino a tutti i livelli istituzionali a prenderne rapidamente coscienza e ad agire in modo diretto e responsabile.

Tiziano Galeazzi, ufficiale svizzero di milizia