Paolo Pamini (un giovane già ben conosciuto che si appresta a svolgere un ruolo di primo piano nella campagna elettorale di AL, accanto al presidente Morisoli) celebra a suo modo, argutamente… i 40 anni della Scuola Media (proprio oggi cade il “grande” anniversario!)

Pubblicato dal CdT e riproposto con il consenso dell’Autore.

 

La scuola ticinese va così così, sembrano indicare gli ultimi risultati di Pisa 2012. Perché mai? Se è vero che spesso cerchiamo il dettaglio senza vedere l’elefante nella stanza, forse può aiutarci un esperimento mentale: cosa succederebbe alla ristorazione se fosse organizzata proprio come la scuola media?

Ammettiamo che una nuova e ipotetica Legge sul ristorante cantonale preveda che tutti i cittadini abbiano diritto a pari opportunità nel pranzare in modo inclusivo, senza discriminazioni. Politicamente ci si è infatti accorti di un grave problema: i ristoranti si distinguono marcatamente uno dall’altro. Per esempio, ci sono i fast food, i ristoranti asiatici, gli steak house, i ristoranti vegetariani, quelli stellati con chef eccezionali, le birrerie e quelli analcolici, ristoranti di pesce e pizzerie. La ristorazione di oggi, prima della nuova Legge sul ristorante cantonale, fomenta la segregazione e differenti modi di concepire l’alimentazione tra le varie fasce della popolazione.

Pertanto, coerentemente con la volontà del Legislatore, i funzionari bellinzonesi della neocostituita Divisione del ristorante pianificano a tavolino il ristorante cantonale obbligatorio, un’istituzione pensata per fornire alla cittadinanza una ristorazione nel nome delle pari opportunità, dell’inclusione sociale, e della lotta agli estremismi alimentari. Prima di tutto, pranzare al ristorante di Stato diventa obbligatorio (c’è chi cerca di chiamarlo ristorante pubblico per sottolineare che è davvero accessibile a tutti, benché anche i precedenti ristoranti lo fossero sempre stati), e sono fatti salvi i pochi ristoranti privati che accettano di adottare gran parte del menu cantonale. Pizzerie, birrerie, steak house, ristoranti vegetariani o analcolici sono tutti banditi per il rischio di indottrinamento culinario della popolazione. Il Cantone pignora i beni dei ristoratori e nelle loro strutture apre sedi locali del ristorante cantonale. Secondariamente, per garantire pari opportunità, pranzare al ristorante di Stato è gratuito. O meglio: il servizio è pagato da tutti i contribuenti. Naturalmente, non in ugual misura, perché la retorica politica vuole che soprattutto i ricchi finanzino questa nuova istituzione tesa ad educare la cittadinanza alla giusta alimentazione. In terzo luogo, ogni quartiere ha il suo ristorante di Stato al quale i cittadini della zona sono assegnati ed è categoricamente proibito pranzare altrove (un capriccio di pochi, non gestibile nelle strutture, e nemico dell’integrazione affermano i funzionari).

pasta scottaCerchiamo ora di immaginare la qualità del cibo nel ristorante cantonale e le dinamiche che si creano. Il menu e il modo di cucinarlo sono diretti abilmente dal nuovo divisionario e dal suo staff, persone specializzatesi nello studio delle tecniche culinarie. Tuttavia, quasi nessuno di loro ha mai realmente praticato come cuoco, benché ora con riforme su riforme dettino legge su come si debba cucinare e cosa i cittadini debbano mangiare.

Il direttore di ogni ristorante di quartiere, pure un dipendente statale, ha solo funzioni amministrative senza possibilità di selezionare il suo team di cuochi e camerieri, scelti invece via concorso dai funzionari di Bellinzona. Vero è che, come un tempo, i migliori cuochi e camerieri sono quelli con la motivazione intrinseca di chi ha la passione nel sangue, ma averli nel proprio ristorante è ora un colpo di fortuna e soprattutto non c’è più modo di liberarsi degli altri, di fatto illicenziabili. Per non parlare della lottizzazione politica di cuochi e camerieri, ora che sono impiegati statali.

Una volta, se le cose non andavano, il cliente cambiava ristorante, che falliva se non rimediava alla svelta. Tutto fioriva in base al passaparola e alla buona qualità. Ora invece regna il monopolio territoriale. Inoltre, una volta il ristoratore investiva nella struttura con mezzi propri e in base ai ricavi ottenuti dai clienti per il servizio reso, anche se si trattava solo di un modesto kebabbaro. Ora invece, il Gran Consiglio continua a litigare su come trovare più finanziamenti per i necessari investimenti nel ristorante cantonale, ossia più imposte. Poiché tutti mangiano uguale, non c’è più modo di giudicare la qualità del ristorante cantonale.

Fortunatamente, lo studio internazionale Lucca confronta ogni tre anni su scala europea alcuni piatti di base che siano paragonabili a prescindere dalle particolarità nazionali e locali, come la cottura di un piatto di pasta o la preparazione di uno sminuzzato. È notizia di queste settimane che i funzionari del Dipartimento del ristorante stanno spiegando alla cittadinanza perché in Ticino la pasta è risultata un po’ scotta e cosa intenderanno fare. La mente di ognuno corre al continuo paragone cui erano sottoposti i ristoratori nella gastronomia di libero mercato.

PaoloPamini.ch, AreaLiberale e Liberales Institut