L’autore di questo articolo, già apparso sul CdT, è un giovane politico che si sta mettendo rapidamente in luce: Piero Marchesi, sindaco di Monteggio e vice presidente dell’UDC Ticino. Sarà certamente candidato al Gran Consiglio sulla lista unica UDC-Area Liberale-UDF, con una chance reale di elezione.

Che cosa ci dice Piero Marchesi in questo articolo? In sostanza: che il Consiglio federale non vuole applicare quanto è stato deciso dal popolo. Semplice e disarmante. Ovviamente non osa dire: “non voglio”, dice invece “non posso”.

Bravo Piero. Anch’io la penso come te. [fdm]

PS. Di notevole interesse l’intervista da lui concessa a Ticinolive, che vi invitiamo a leggere o a ri-leggere.

 

Ve lo ricordate? Rivolti agli svizzeri, il giorno dopo il 9 febbraio (forse già la sera stessa), i vertici dell’Unione europea avevano barrito all’unisono – chi in punta di piedi, come Catherine Ashton, chi urlando come una lavandaia, come il comunista (ufficialmente socialdemocratico) Martin Schulz – un concetto tanto semplice quanto chiaro: non accetteremo mai e poi mai i contingenti previsti dalla vostra iniziativa contro l’immigrazione di massa.

Non era difficile da capire allora e non è difficile da capire oggi. Eppure, qualcuno si è ostinato a non comprendere, facendoci perdere mesi preziosi. Il Consiglio federale, dopo la bellezza di nove mesi di dinieghi, minacce, sberle e sberloni, gentilmente offerti da chi stenta a capire cosa sia la democrazia diretta (ovvero la massima espressione della democrazia) ora sembra essersi destato, dopo essere andato avanti imperterrito, fingendo che gli europoidi potessero accettare qualcosa di diverso dalla resa incondizionata da parte elvetica. Dunque, il Governo svizzero sta finalmente elaborando una proposta per l’applicazione della votazione, basando però il tutto su un principio cardine. Procedere con calma, molta calma e gesso.

L’osservanza fanatica di uno dei pochi dogmi accettati e rispettati nel mondo occidentale, ovvero sia quello dell’immigrazione illimitata, impedisce però di far sentire la nostra voce a chi è sordo da entrambe le orecchie, pur sentendoci benissimo. E questo solleva tutta una serie di problemi, non tanto legati all’osservanza di un’iniziativa votata dal popolo, quanto alla volontà, capacità e determinazione nella difesa degli interessi nazionali. La coerenza non è purtroppo una virtù dei principali paesi europei, che applicano contingenti e misure di riduzione dell’immigrazione, in quanto lamentano un’eccessiva presenza di stranieri, per poi criticare in modo assolutista il nostro paese, che ricordo non essere nemmeno membro UE.

In questo psicodramma (come spesso avviene quando ci si trova di fronte agli psicodrammi), c’è però un lato comico. Ed è rappresentato dai rimproveri piccati e stizziti che provengono da chi accusa l’UDC di non essere propositiva, e di non ricercare soluzioni per l’applicazione di quanto deciso dalla maggioranza dei cittadini svizzeri.

A parte il fatto che le proposte ci sono state eccome – basta andarsi a leggere le interviste a Blocher e colleghi pubblicate sui domenicali svizzero tedeschi – qualcuno finge di dimenticare che l’UDC è stata esclusa dal gruppo di lavoro creato per l’applicazione dell’iniziativa.

Non contenti di aver lasciato il padrone di casa fuori dalla porta, coloro che rispettano i risultati delle urne, solo quando combaciano con i propri desideri e speranze, stanno facendo di tutto per affossare l’applicazione di qualsiasi contingente. Un giorno sono i socialisti, il giorno dopo gli esponenti dell’economia, peraltro da sempre a braccetto e in perfetta sintonia di visioni, intenti e richieste quando si tratta di immigrazione (e sarebbe anche ora che qualcuno si facesse qualche domanda su una simile convergenza), gli euroturbo stanno facendo a gara nella creazione di gruppi “spontanei” che giocano a demolire la legittimità del voto del 9 febbraio.

L’ultimo gremio (che vanta ahimé anche alcuni ticinesi al suo interno) ha proposto perfino, e senza arrossire, di non ritirare la domanda di adesione all’Unione europea. La qual cosa, se da una parte è legittima, dall’altra dovrebbe preoccupare gli spin doctor degli amanti dell’Ue. Perché qualcuno non si è accorto che più di un Paese che dell’Unione fa parte da tempo, dall’Unione non vede l’ora di uscire. O abbiamo perso qualche puntata?

Se poi andiamo a vederci i risultati di tutte le votazioni che hanno avuto a che fare col matrimonio con Bruxelles, chi ha qualche dubbio dovrebbe aver capito che la Svizzera non vuole aderire manco morta all’Ue, e ritiene che l’unico modo per essere ancora uno Stato indipendente e sovrano sia rimaner fuori da carrozzoni innaturali.

Che gli euroinnamorati non lo capiscano è un problema loro. Non nostro.

Piero Marchesi