“La Svizzera è degenerata più lentamente (degli altri attorno a noi)”

Pamini zySi sviluppa il dibattito attorno alla lettera-manifesto che Tito Tettamanti ha indirizzato a Iso Camartin il 30 ottobre ultimo scorso. Oggi prende la parola Paolo Pamini, esponente di Area Liberale e candidato al Consiglio di Stato per l’alleanza “la Destra” (il nome sembra ormai essersi affermato). Ad altre personalità politiche – come ad esempio il presidente Rocco Cattaneo o il consigliere nazionale (e candidato al Consiglio di Stato) Fabio Regazzi – Ticinolive ha chiesto di intervenire nel dibattito. Se essi accoglieranno, con altri, il nostro invito, leggeremo con grande interesse le loro considerazioni.

 

L’Avvocato, a cui come autentico liberale sta molto a cuore il senso e la preservazione delle istituzioni svizzere, fa bene a promuovere il dibattito pubblico circa la natura dell’Unione Europa (UE) ed il rapporto che la Confederazione svizzera dovrebbe avere con lei. Lo fa con piena trasparenza dei valori nei quali molti di noi liberalconservatori (svizzeri e non) crediamo, scegliendo lo strumento della lettera pubblica destinata al Professore Iso Camartin. Spero di riuscire ad aggiungere alcuni modesti contributi alla citata riflessione.

L’essenza della Svizzera è fortunatamente pre-contemporanea
Innanzitutto, sono convinto che si possano comprendere (ed amare) le tante “anomalie” della Svizzera solo con la coscienza che quanto abbiamo ancora la fortuna di vivere è in gran parte un assetto pre-contemporaneo [l’età contemporanea inizia con la Rivoluzione francese, che conclude l’età moderna nda]. Infatti, le forti autonomie locali, i complessi sistemi di partecipazione politica e la frammentazione delle competenze, ma soprattutto la forte concorrenza istituzionale erano la regola nell’Europa precedente la Rivoluzione francese, e lo sono state ancora per qualche decennio dopo (soprattutto in Germania ed Italia). Questa tesi condivisa da molti esperti in materia è per esempio ben esposta nel libro di Jonathan Steinberg, “Why Switzerland”, che nella prefazione scrive: [Switzerland] has wider significance, in representing the “Europe that did not happen”, the Europe that escaped the centralisation of state and economy associated with the modern world.

La concorrenza istituzionale è l’unico credibile corsetto al Leviatano
Secondariamente, non va dimenticata la nuda e cruda realtà che lo Stato è per definizione un’agenzia che eroga i propri beni e servizi in modo non consensuale (bensì, quando va bene, tutt’al più democratico) finanziandoli attraverso la sottrazione di risorse ai suoi cittadini, un processo generalmente chiamato tassazione quando è la mano pubblica a commetterlo. Pertanto, poiché come chiunque anche la classe politica e i burocrati amano (in assoluta buona fede e senza qui pretendere alcuna loro malizia) aumentare potere e discrezionalità minimizzando gli sforzi, è normale che in assenza di meccanismi di controllo tendenzialmente la tassazione aumenti e la qualità dei servizi statali diventi sempre più scadente.

Il liberalismo classico (soprattutto da Locke via) è appunto un movimento filosofico reazionario che si sviluppa in particolare per frenare l’avanzata dello Stato moderno (Bodin, Machiavelli, Hobbes,…). Poiché sia le costituzioni (founding fathers americani) sia la divisione dei poteri (Montesquieu) hanno manifestamente fallito nel contenere l’esplosione della mano pubblica, noi liberali coerenti si è oggi propensi a dire che l’unica arma effettiva contro il sopravvento della politica sulla società è la concorrenza delle istituzioni.

Ecco pertanto la chiave di volta: La Svizzera è (di principio ancora abbastanza) bella perché, grazie alla forte concorrenza istituzionale al suo interno nonché al controllo democratico diretto e alla sussidiarietà dei suoi ordinamenti è degenerata più lentamente degli Stati attorno a noi verso il modello centralista e socialdemocratico. Detto brutalmente: siamo un’auto che circola in prima con il freno a mano tirato.
Seguono alcune brevissime riflessioni sui quattro punti della lettera dell’Avvocato.

1. La storia e la pace
L’analisi di Robert Cooper circa la natura dello Stato postmoderno, che predilige la tassazione predatoria della popolazione anziché sacrificio della vita di alcuni sudditi (soldati sotto obbligo di leva), è pienamente coerente con la natura dello Stato ed il comportamento razionale dei suoi organi menzionato sopra. Si noti infatti che il prelievo del 50% delle risorse generate da ogni cittadino nella sua vita lavorativa (diciamo 30 anni) è molto di più che la pretesa del sacrificio della vita di alcuni maschi ventenni.

Fare oggi la guerra nei Paesi sviluppati è semplicemente contro l’interesse della finanza pubblica. Ciò naturalmente è un bene per chi crede nella pace, ma parimenti un incentivo a creare cartelli fiscali contro la “concorrenza fiscale sleale” come fa l’OCSE e, appunto, l’UE.

2. I valori: lo Stato democratico
La democrazia semidiretta svizzera è certamente un ottimo strumento di controllo del Leviatano e della fantasia dei nostri politici, ma ancor più lo è a mio avviso la concorrenza istituzionale orizzontale tra comuni o tra cantoni e verticale tra comuni-cantoni-Confederazione (sussidiarietà). Quanto più bassa è la competenza politica, tanto maggiore la trasparenza, il controllo ed il coinvolgimento dei diretti interessati.

3. L’interdipendenza e il grande mercato continentale: Euro e AELS
Ci sarebbe molto da dire circa gli squilibri interni all’Euro. Gli interessati possono approfondire la conoscenza della teoria delle aree valutarie ottimali oppure leggere il bel libro “La tragedia dell’Euro” di Philipp Bagus (scaricabile gratis in inglese da http://mises.org/document/6045/The-Tragedy-of-the-Euro o acquistabile in traduzione italiana). In francese, si rimanda per esempio al seguente link che menziona le interessanti analisi di Pascal Salin.

In poche parole, sono convinto che spariti i cambi flessibili tra le valute nazionali europee, gli squilibri di produttività tra le regioni europee si manifestino con pressioni migratorie (dato che i prezzi e salari sono oggi ingabbiati dalla regolamentazione e non è possibile una ancor maggiore deflazione nel Sud Europa per renderla nuovamente concorrenziale). Per evitare scompensi migratori, nasce pertanto l’occasione di lanciare la megamacchina redistributiva (welfare state) su scala continentale, una manna discrezionale e clientelare per i politici europei.

Va notato che l’UE (o meglio lo SEE) ha sempre giocato a Dr. Jeckyll e Mr. Hyde, da una parte promuovendo la benefica integrazione economica continentale (una delle massime garanzie contro una terza guerra europea, e di fatto il vero grande beneficio della costruzione europea), dall’altra cadendo nella tentazione di muoversi verso un nuovo Stato continentale (un’analisi interessante in tal senso la si trova proprio nel primo capitolo del libro di Bagus citato sopra). Forse potrebbe essere giunta l’ora di rilanciare l’Associazione Europea di Libero Scambio.

Gli interessati possono leggere (in inglese) il saggio vincitore dell’IEA Brexit Prize, intitolato A Blueprint for Britain – Openness not Isolation e scritto da Iain Mansfield, direttore per il commercio e gli investimenti all’ambasciata britannica delle Filippine. Il saggio contiene una miriade di proposte alternative o complementari all’UE (tra le quali la rinuncia alla libera circolazione delle persone oppure il rilancio dell’AELS) nel quadro di un’uscita del Regno Unito dall’UE. Per piena trasparenza: l’IEA (Institute of Economic Affairs) è il maggiore think tank liberale britannico che negli anni ’70 ha avuto il pregio di preparare la strada all’ascesa di Margareth Thatcher.

4. L’Europa nel mondo
Qui c’è poco da aggiungere a quanto già menzionato dall’Avvocato. Una delle maggiori fortune svizzere è proprio la mancata pretesa a voler essere uno di quelli che si siedono al tavolo delle trattative dei “big” (negli ultimi decenni qualche cedimento purtroppo c’è stato anche su questo fronte, si pensi all’entrata nell’ONU che ci fa contare oggi meno di prima). Realismo sulle nostre dimensioni e molta modestia nei rapporti internazionali sono per noi svizzeri la maggior garanzia di non immischiarci in nulla più grande di noi, ed eventualmente offrire la nostra indipendenza e servizi diplomatici a chi ne desidera far uso .

In conclusione, per un liberale classico che crede, come chi scrive, nell’importanza imprescindibile della concorrenza dei sistemi per tenere a controllo la bulimia finanziaria e regolatoria dello Stato (l’essenza della modernità, e parimenti del liberalismo come movimento reazionario), l’entrata della Svizzera nell’UE non entra per principio in considerazione, mentre lo sono la maggior parte delle proposte di apertura e scambio, per esempio rilanciando l’AELS o riducendo (pia illusione in realtà) l’UE ad una sorta di unione doganale.

Paolo Pamini   www.paolopamini.ch
Liberales Institut Zurigo, candidato in Consiglio di Stato per AreaLiberale-LA DESTRA