PopoloIl 16 dicembre lo scrittore Gabriele Alberto Quadri ha presentato a un folto pubblico il suo romanzo “Un amore bislacco”.  Nel sito “A briglie sciolte” si legge:

Lo scrittore ticinese Gabriele Alberto Quadri casualmente ha trovato nella villa  di Cecco Degli Agnolotti  [1876 – 1953], scrittore italiano « dedicatosi con piglio garibaldino alla poesia vernacolare», il manoscritto delle cronache di una sua probabile avventura. Ne ha curato la trascrizione in un linguaggio meno datato  «con   qualche — scrive – raro spunto di originalità», modificando il titolo iniziale, «Emmanuela, Arcangelo e la Virtù» in «Un amore bislacco».  (…) I protagonisti, costretti  come cavedanacci  e ammagliati dall’Eros, prigionieri della libido e della passione amorosa dentro le maglie di una rete di concordanze fra il serio e il faceto.

Gabriele AQ 2Pubblichiamo la presentazione che l’Autore stesso fa della sua opera, alcune fotografie che noi stessi abbiamo scattato e una vecchia intervista di Ticinolive, tuttora godibile.

BREVE DISCORSO SUL METODO E SULL’IDEOLOGIA CHE HANNO INFORMATO LA STESURA E LA STRUTTURAZIONE DEL ROMANZO

Gentili signore, cortesi signori,

È con piacere che tento di rispondere ai dubbi che potrebbero sorgere a riguardo del mio romanzetto d’esordio “Un amore bislacco”. Evidentemente le critiche mosse a certi contenuti piuttosto ambigui e in modo particolare alla quasi totale assenza di un tempo o di uno svolgimento nel tempo della già fragile trama, non mi hanno mai lasciato indifferente. Forse, per meglio spiegarmi, senza fare appello alla quantistica o alle strutture naturali dei frattali, condivido il pensiero filosofico per cui l’amore e la relazione amorosa non sono altro che un tentativo umano, anzi spesso umanissimo, di sfidare la stessa Eternità.

Ecco, dunque, le ragioni dell’assenza o meglio della relatività e del parziale annullamento di certi criteri temporali richiesti dalla stesura d’un romanzo “tradizionale”. In altri termini, sono convinto di non aver dovuto far ricorso agli schematismi euclidei o meglio retorici delle unità aristoteliche e della “struttura chiusa” per meglio aprirmi a un impegno di “opera aperta”. La vita, nelle sue manifestazioni personali e private, spero concorderete con me, non ha quasi mai tempi lineari e circoscritti a una semplice logica consequenziale. Di conseguenza, a me sembra, che con il mio “amore bislacco” non abbia fatto altro che descrivere i meccanismi della stessa vita, nella sua evoluzione quotidiana, nelle sue contraddizioni e anche nelle sue provocazioni. Nella sua “compresenza” affettiva di elementi spesso contraddittori ma complementari e vitali. Se vogliamo meglio, si tratta di un mosaico le cui tessere possono anche godere di una loro parziale autonomia, quasi fossero “tranches de vie” o testimonianze in diretta di un avvenimento interiore.

Dalmazio + FarahIn una prospettiva filologica, il romanzetto in questione era nato quasi come un “diario” di belle pagine, e soltanto la sensibilità e l’intuizione di una carissima amica ha voluto che ne costruissi un romanzo. In secondo luogo, gli scartafacci dell’avvocato Agnolotti si presentavano sconnessi e probabilmente desiderosi di una stesura meno frammentata, non so! Forse l’autore pensava ad una sua pubblicazione a puntate come in un romanzo d’appendice.

Non bisogna, inoltre, trascurare il fatto che in quell’epoca si viveva ancora la frammentazione costruttiva del Divisionismo, così come il nostro Futurismo sperimentava ben altre forme artistiche. Insomma, a me sembra di aver rispettato l’epoca del nostro scrittore non professionista nato in riva al Mediterraneo. Pensate! il suo modo di concepire l’arte e d’indagare criticamente i fenomeni dell’esistenza mi hanno condizionato a tal punto che mi sono messo alla stesura di un secondo romanzo, sicuramente meno barbaro e grezzo nei componenti, ma altrettanto “diviso” o se volete “alienato”. Forse che l’attualità della storia ci si presenta con una logica chiara e unidimensionale? Osate ancora credere che una mente umana possa comprendere la complessità della cosiddetta “Realtà”?

Dalmazio ASenza dubbio, per questo mio “aborto letterario” ho trascurato assai il pur affascinante pensiero “radicale”, ma ritengo che l’espressione dell’arte non può che raramente tracciare linee nette e confini fra il bene e il male, fra la donna e la prostituta, fra l’angelo e il povero diavolo. In confidenza vi dirò anche che la triste per non dire tragica condizione del vedovo mi ha fatto amare Cecco come un amico di lunga data, uno Scapigliato al di fuori delle scuole e del manzonismo degli stenterelli!

In ultima analisi, si tratta di un romanzetto destinato a una stretta cerchia di Lettori di nicchia: non chiedo di più! Scrivendolo, mi sono divertito come un matto, e rileggendolo mi scappa ancora da ridere: che cosa volete di più?

Gabriele Alberto Quadri