NOTA. Il titolo originale (e poi anche il testo) contiene una parola – “fascismo” – che ha un significato ristretto e un significato lato, e della quale troppo facilmente si abusa. Fascista era Mussolini, ma anche (per dilatazione) la Democrazia Cristiana, l’UDC svizzera e ticinese, un ufficiale dell’esercito, il poliziotto che mi dà la multa, il professore che mi boccia, i “picchiatori web” socialisti che definiscono una bella ragazza: “gnocca”. È veramente troppo e in questo modo la fatale parola rischia… di non significare più niente.
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Alla luce dei fatti di Parigi svolti nei giorni scorsi, in cui abbiamo assistito al degenerare dei rapporti tra occidente e oriente in un tracollo di vite e di sangue, e in una follia collettiva che ha messo uomini contro uomini, questo articolo vuole fare il punto della situazione. Lo schema più semplice (ma non l’unico!) per interpretare i fatti è il seguente: le vignette anti-islamiche di Charlie Hebdo hanno innescato la miccia, e si è così attivata la catena del terrorismo islamico chiamato a fare atroce vendetta per atti giudicati blasfemi.
Tantissimi giornalisti e personaggi di fama internazionale hanno espresso considerazioni sull’accaduto. Ho voluto riportarne alcune, interessanti, che possono fungere da spunto per un approfondimento personale.
All’indomani della strage di Parigi, “Piotr” scrive: «I potenti, sghignazzando o piangendo lacrime di coccodrillo, si muovono sempre sopra le vittime innocenti, perché le vittime innocenti sono il complemento alla loro potenza. Hanno creato un mondo dove un giornale satirico è un bersaglio migliore di un “vulture fund”. E non per sbaglio».
Aldo Giannuli, docente di Scienze Politiche alla Statale di Milano, competente sulla strategia della tensione che utilizza il terrorismo come manovalanza, si domanda se non vi sia «qualche manina non islamica dietro gli attentatori». Secondo Giannuli è necessario valutare tutte le piste. «A trarre giovamento da questa strage saranno in diversi: ad esempio il Front National, che si appresta a fare vendemmia di voti, e di conseguenza anche Putin, che proprio sul Fn sta puntando per condizionare l’Europa sulla questione delle sanzioni». Inoltre secondo Giannuli lo scopo è destabilizzare Francia ed Europa mentre Israele «rinsalda i vincoli con l’Europa ogni volta che c’è un episodio di questo genere».
Giulietto Chiesa. La strage «è l’ultimo anello di una catena insanguinata che accompagna da dieci anni una storia di vignette anti-islamiche». Chi alimentava lo “scontro di civiltà” ogni volta poteva gioire: «Aumentavano le divisioni, si rompeva ogni equilibrio delicato e provvisorio fra libertà di espressione e sentimenti religiosi. Aumentava l’odio, cioè la benzina della guerra». Attenzione: «Sopra questo panorama livido, c’è il futuro della Francia e dell’Europa: Parigi, Berlino e Bruxelles sono alla vigilia di scelte che possono cambiare il destino del continente».
Il presidente Hollande, ricorda Chiesa, in questi giorni aveva persino ipotizzato la revoca delle sanzioni alla Russia. «Ovunque si discute di un cambiamento della disciplina monetaria e finanziaria dell’Europa, per prevenire la bomba greca. I nervi sono tesi, perché siamo in cima a uno spartiacque della storia europea e mondiale e le decisioni politiche contano davvero. Se i politici sono ricattabili, tutto può essere visto come un ricatto. Figuriamoci le stragi».
Il politologo Russo inoltre fa un collegamento sulla logica dell’attentato e sulla gestione della sicurezza: “La preparazione non è stata fatta da queste persone, che sono soltanto gli esecutori… La prima conclusione cui si arriva è che la Francia si è rivelata essere assolutamente non pronta a un simile attacco terroristico, che i suoi servizi segreti non sono stati in grado di prevenire.
Un commentatore ha sottolineato come solo due giorni prima della strage in Francia, Hollande abbia sostenuto l’irrazionalità del prosieguo della pressione sanzionatoria sulla Russia. Gli eventi possono essere collegati: “Per gli USA è vantaggioso seminare il caos in Europa, per tappare la bocca alla voce del buon senso, la quale invita al recupero della cooperazione con la Russia”.
Toby Barber in un editoriale online scrive sul Financial Times: “Anche se Charlie Hebdo si ferma abitualmente poco prima degli insulti veri e propri, non è comunque il più convincente campione della libertà di espressione“, “Con questo non si vogliono minimamente giustificare gli assassini, che devono essere catturati e giudicati. È solo per dire che sarebbe utile un po’ di buon senso negli autori delle pubblicazioni che pretendono di sostenere la libertà quando invece – provocando i musulmani – si mostrano soltanto stupidi”.
Barber definisce “l’atrocità a Charlie Hebdo” “spregevole e indifendibile” ma allo stesso tempo ricorda che la rivista “è un bastione della tradizione francese. Ha una lunga storia di irrisione e pungolo” nei confronti dei musulmani. In poco più di due anni la rivista ha pubblicato ben 65 pagine di vignette su Maometto.
Sebbene la versione online abbia subito una modifica, la versione cartacea nelle edicole resta invece quella originaria, che riporta una contestata frase di Barber: “Troppo spesso la stupidità editoriale ha prevalso a Charlie Hebdo”.
Lucia Annunziata giornalista italiana. “Papa Bergoglio anche su questo tema sembra aver anticipato tutte le élite intellettuali evocando un paio di mesi fa “una terza guerra mondiale che si svolge in capitoli”. Non è un nuovo 11 settembre 2001, quello fu la dichiarazione di guerra. A Parigi assistiamo invece a un capitolo avanzato del conflitto iniziato allora. Una guerra è un atto politico; dirci che la guerra ci ha raggiunti, di nuovo, dopo settanta anni, non è per nulla semplice. La storia del continente europeo è tale che oggi la opinione pubblica rifugge da ogni discorso di tensione. Spesso la semplice apertura di una discussione sul che fare ti fa apparire come un guerrafondaio. Eppure, negare di essere parte di un conflitto è una ipocrisia bella e buona: dal 2001 siamo in guerra permanente. Abbiamo, come Europa, combattuto in Afganistan, in Iraq, in Siria, in Libano e in Africa. In questo momento l’Italia porta sulle spalle l’intervento in Libia e quello in Siria. Gli attacchi di Parigi hanno chiuso un’epoca per l’Europa, quella della politica degli struzzi, come dimostra la manifestazione di Parigi di domenica. Non si tornerà indietro”.
Il giornalista italiano Paolo Barnard: «Mi rifiuto di piangere la morte dei satiristi francesi finché la stessa condanna internazionale, le stesse facce dei potenti e le stesse “belle anime” che marciano oggi con candele accese, non compiranno gli stessi atti, verseranno le stesse lacrime e grideranno ugualmente per le migliaia di bambini palestinesi torturati o bruciati vivi dal fosforo del Terrorista America e di Israele, per gli adolescenti afghani rapiti dagli Usa, per gli innocenti torturati per 8 anni a Guantanamo, e per i milioni di morti africani uccisi con le armi che noi occidentali gli vendiamo».
Stefano Feltri del Fatto Quotidiano scrive in un suo articolo: “Se Charlie Hebdo non avesse mai pubblicato una sola vignetta su Maometto, l’Isis sarebbe esistito lo stesso e comunque avrebbe trovato un nemico occidentale cui opporsi. Le mille cause dei problemi del mondo arabo – molte delle quali hanno in effetti un legame con decisioni occidentali – non possono in alcun modo essere scaricate sulle 12 vittime di Parigi. Loro, sicuramente, non ne hanno alcuna responsabilità diretta”.
Per quanto concerne la questione libertà di espressione riporto e condivido queste parole sempre di Stefano Feltri: ”Per essere del tutto onesti bisogna riconoscere che anche nelle nostre società occidentali ci sono limiti alla libertà di espressione. In Francia sono osteggiate le manifestazioni pubbliche di fede religiosa nel tentativo di preservare l’ideale di laicità della République; in mezza Europa si persegue un reato di opinione come quello del negazionismo della Shoah; in Italia non si può invocare la rinascita del partito fascista, e anche l’accusa di omofobia riguarda la sfera delle opinioni”. Molti si domandano: ”Giungerà una condanna dal mondo islamico moderato?”
Stefano Feltri s’interroga: “Ma perché è invidiato l’Occidente e perché viene colpito dagli attentatori? La risposta la si trova nelle parole del saggio scrittore Hitches, che a proposito degli attentatori delle Torri Gemelle, il 20 settembre 2001 su The Nation, scrisse: “Quello che detestano dell’Occidente, per dirlo con una frase, non è ciò che i liberal occidentali non amano e non possono difendere del loro sistema, ma invece proprio ciò che loro amano di più e che devono difendere: le sue donne emancipate, la sua ricerca scientifica, la sua separazione della chiesa dallo Stato”.
Il mio pensiero personale sulla tragedia di Parigi.
Non si ammazza per una vignetta o per l’eventuale potere di offesa che riveste la libertà d’espressione. C’è ben altro che dovremo scoprire. Coloro che hanno sparato erano persone già condannate dalla giustizia; avevano condotte di vita particolari e retroscena affettivi difficoltosi che li hanno spinti alla disperazione e li hanno indotti a chiudere la loro esistenza compiendo un gesto sanguinoso e truce.
Trovo che ci sia una differenza sostanziale tra questo attentato e quello delle torri gemelle. L’attentato Charlie Hebdo è meno organizzato nei dettagli e ha causato meno vittime ma ha interessato una vasta area di una città intera. Gli episodi di sangue si sono susseguiti per due giorni dopo il primo attacco. In risposta vi sono stati contrattacchi da parte di occidentali alle moschee.
Questa tattica diretta fa pensare a una sorta di avvertimento dato al mondo europeo e potrebbe avere lo scopo di destabilizzare ancor più l’Europa. È lecito paragonare questo attacco agli attacchi terroristici della destra italiana registrati nella storia italiana della seconda metà del secolo scorso. Stefano Feltri cita il tanto amato e defunto Christopher Hitchens, il quale usava l’espressione “fascismo dal volto islamico”, e scrive: “Gli islamisti che hanno colpito Charlie Hebdo sono prima di tutto fascisti, che odiano nell’Occidente le stesse libertà che i regimi totalitari del Novecento hanno soppresso. Quello dell’Islam è soltanto un codice, un linguaggio, i morti di Parigi non sono in alcun moto imputabili a Maometto così come non si possono attribuire quelli delle Crociate agli evangelisti. Si tratta di politica, non di religione”. E ancora: “I nostri valori migliori, quelli che rendono l’Occidente giustamente orgoglioso delle proprie conquiste culturali, sono più forti di un colpo di kalashnikov”.
Per concludere, sono domandata che cosa può portare dei giovani di trent’anni a uccidere e farsi uccidere in nome di Allah (o di qualcuno che li abbia assoldati). Un minimo di riflessione basta a convincerci che siamo sempre più davanti alla follia di un mondo che non ha regole oppure che si dà la regola di sfidare la decenza, la dignità e la vita.
Cristiani e musulmani hanno pregato insieme per farsi forza reciprocamente ed è stato un gran momento e un grande gesto, col prevalere della coscienza dei popoli su una follia omicida innescata da pericolosi sistemi e da deliranti ideologie.
Gianna Finardi