Da un intuitivo articolo della nostra collaboratrice Gianna Finardi pubblicato il 31 gennaio u.s. si evinceva che la primavera del 2015 sarebbe stata un nuovo focolaio della questione ucraina.
Oggi Finardi ritorna sul blog per farci il punto della situazione sulla politica mondiale “a tutto gas”, lei che da mesi con passione si adopera all’interpretazione di fatti di cronaca giornaliera da cui ricava conclusioni interessanti.
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Secondo me questo conflitto nelle regioni filorusse, che ha come effetto tangibile un massacro di migliaia di vite in tutte le legioni coinvolte, non ha solo una matrice di appartenenza e rivendicazione territorial: c’è l’intreccio legato al gas e al petrolio confermato anche dal fatto che attualmente le zone dove avvengono gli scontri piu’ sanguinosi corrispondono ad aree di interesse minerario-energetico in Ucraina. E’ quindi basilare comprendere il fatto che un conflitto di questo genere ha un retroscena di tipo economico, politico, commerciale e militare, senza contare poi la tattica applicata dagli USA, che preferiscono uno scontro “indiretto” con la Russia mediato dall’Europa.
L’America ha voluto le sanzioni Infatti l’idea di applicare le sanzioni alla Russia era stata in origine americana ma è stata poi sposata con ossequiosità e reverenza dall’Europa la quale ha fortissimi rapporti economici con tutto l’Est di Putin, sia per esportazioni di varia natura sia per l’acquisizione di materie prime energetiche come il gas. È chiaro che ci sono nazioni più o meno colpite dalla scelta di sanzionare la Russia ma bisogna tener a mente che il 53% del gas Russo in Europa passa attraverso l’Ucraina e che paesi come l’Italia sono totalmente dipendenti da tale tipo di acquisizione energetica.
Renzi va a Mosca Questo motivo è da considerarsi fondamentale e rivelatore circa il comportamento del premier Renzi, che oggi era al cospetto di Poroshenko, mentre domani si recherà al Cremlino, pronto a definirsi, ai microfoni di tutto il mondo, particolarmente interessato a ristabilire la pace nel Dombass. Tuttavia, seguendo un filo logico, questo è solo un atto dovuto del Premier dal momento che l’Italia è fortemente dipendente dal gas russo. Sicuramente nei prossimi mesi l’Europa potrebbe assumere una linea di condotta diversa da quella dettata dagli USA, poiché le perdite economiche dell’Europa risultano troppo alte se si ostina a seguire questa rotta.
Il Gas by USA Gli USA non sono del tutto autonomi riguardo al petrolio ma importano oggi un numero esiguo di barili rispetto a 10 anni fa perché, dopo numerosi tentativi di messa a punto dei protocolli estrattivi basati sul fracking, la tecnica produttiva di ultima generazione, hanno conseguito un incremento delle estrazioni tale da limitare l’importazione di greggio al 5% del fabbisogno totale.
La tecnica del fracking si fonda sullo sfruttamento della pressione di un fluido, in genere acqua, per creare e poi propagare una frattura in uno strato roccioso nel sottosuolo. La fratturazione viene eseguita dopo una trivellazione entro una formazione di roccia contenente idrocarburi, per aumentarne la permeabilità al fine di migliorare la produzione del petrolio o del gas da argille contenuti nel giacimento e incrementarne il tasso di recupero. Tuttavia, oltre ad essere una tecnica invasiva per la salute della terra tanto che secondo alcune fonti sarebbe causa persino di terremoti ed opinabile per la salute umana a causa dei prodotti chimici usati nel sottosuolo, resta indubbiamente complessa, onerosa e applicabile solo nel breve termine, perché nel giro di un anno dal momento della perforazione si esauriscono dal 50 all’ 80 % le erogazioni di materie energetiche.
È necessario in pratica trivellare in continuazione, ciò che risulta assai costoso e praticabile solo se si dispone di finanziamenti a basso tasso d’interesse. La diminuzione del denaro “libero” e l’abbassamento del prezzo del petrolio hanno dato i primi segnali negativi così che alla fine del 2014 le trivellazioni hanno incominciato a diminuire. Il 2015 potrebbe essere l’anno del declino o, al contrario, della ripresa di una produzione da record di 9.2 milioni di barili di petrolio al giorno.
Quanto al gas, gli USA hanno una sovrapproduzione e potrebbero smerciarlo in Europa ma resta per loro piu’ interessante la vendita sui mercati asiatici; senza contare che il trasporto del gas dagli USA all’Europa occidentale o al resto dell’Europa è improponibile oggi come oggi per la mancanza di infrastrutture.
La Grecia ha un debito con la Troika; l’Ucraina ha un debito con la Russia e Putin vuole i soldi che gli spettano. Dal 2006 ad oggi tra gas rubato, gas non pagato e penali mai estinte la Russia ha perso una cifra intorno ai 35 miliardi di dollari.
Bancarotta a Kiev L’unica certezza, che purtroppo sfugge ai nostri governatori e a una certa parte dell’opinione pubblica europea, è che l’Ucraina è un paese in bancarotta e l’Europa, sostenendo questa nazione – posizione suggellata dagli USA – ha innescato un confronto che è sfociato in uno scontro militare. Le conseguenze della bancarotta le pagherà l’Europa. Una cosa è certa: i russi non hanno piu’ intenzione di perdere soldi, tanto che la loro nuova strategia verte, dopo la costruzione del nuovo gasdotto South Stream, sul bypassare l’Ucraina grazie alla costruzione di una nuova innervatura di gasdotti in zona greco-turca. Putin ha capito a chi allacciare i suoi cordoni del gas al fine di dar respiro a nuove alleanze e far soffiare venti tempestosi, i cui effetti potrebbero essere devastanti come il Cavallo di Troia.
Le sorti energetiche europee non sono quindi indipendenti dall’erogazione del gas russo. Il nuovo gasdotto porterà a una nuova alleanza da parte della Grecia nei confronti di Russia e Turchia; quest’ultima a sua volta ha rapporti opinabili con la Siria ed è sospettata di collaborazione con l’ISIS. Grecia e Turchia hanno individuato la presenza di gas nel sottosuolo dei mari che bagnano l’isola di Cipro e questo potrebbe essere un elemento di ulteriore avvicinamento tra Grecia e Turchia. La prima potrebbe essere tentata di vendicarsi per l’ “ingiusto” trattamento fattole subire dell’Unione europea, mentre la vendetta turca verrebbe dal fatto di non essere mai stata accettata dall’UE.
L’uomo del Cremlino Putin resta per la Grecia un partner scomodo perché sta vivendo un momento finanziario difficile a causa del crollo del prezzo del petrolio imbastito dagli americani, che a sua volta ha determinato il crollo del rublo russo. Nonostante ciò le prospettive sul versante russo restano sempre vincenti. Putin appare come un uomo dal pugno di ferro in guanto di velluto, capace di far arretrare l’occidente, Obama compreso. Un vero stratega dotato di abilità da KGB sotto tutti i punti di vista: dalle sue doti di commerciante di gas alle capacità investigative, militari e politiche. Con fermezza, egli rimarrà ligio alle sue posizioni fino in fondo.
La forza di Putin, indubbiamente temuta, è confermata anche dai continui attacchi alla sua immagine. In questi giorni il capo del Cremlino è finito sotto la luce dei riflettori a causa del brutale omicidio di Nemtsov, un suo ben noto avversario politico. Putin non ha esitato a parlare di “provocazione” anche se molti commentatori sono ugualmente inclini a sospettarlo.
La guerra dei nervi continua. E la guerra vera e propria continua anch’essa, sui campi insanguinati dell’Ucraina.
Gianna Finardi