Del Don y150 suicidi l’anno tra i disoccupati
Uno studio pubblicato dall’Università di Zurigo, condotto tra il 2000 ed il 2011 e che considera i dati di 63 diverse nazioni, indica che in Svizzera 150 persone si tolgono la vita ogni anno a causa della disoccupazione.

Il freddo campo della statistica confina le quantità, ossia 150, a puri numeri. Invece sono persone. E queste persone, queste vite interrotte, rappresentano la sconfitta di due società: quella imprenditoriale e quella politica.

Queste 150 persone gridano che Stato e privati devono trovare soluzioni per rilanciare il lavoro, queste 150 persone gridano che i contributi all’impiego sono stati usati male. Quando il dibattito parlamentare tende a fare scivolare un’iniziativa sull’asse che unisce cosa pubblica e cosa privata, allora queste 150 persone sono morte invano, davanti all’immobilismo delle autorità e dell’economia.

Ancora una volta abbiamo dimostrato di non sapere creare ambienti di dialogo costruttivi che permettano alle parole di diventare fatti. Ancora una volta, nonostante i proclami pre-elettorali, siamo distanti dall’avere un’atmosfera che induca alla collaborazione fattiva e proattiva. Ancora una volta, un’ennesima volta, restiamo con le mani in mano, ad aspettare i prossimi 150 suicidi.

E’ necessario trovare soluzioni, da ricercare in tre direzioni: la prima è quella del mondo del lavoro, con una legge che conceda aiuti pubblici alle aziende veramente meritevoli, secondo principi ben chiari che riguardino lo sfruttamento del territorio, la nocività della produzione, salari competitivi, accesso al bacino di senza lavoro e un tetto minimo (pari almeno all’80%) di lavoratori residenti. E’ possibile farlo con le aziende a cui un ventennio di liberalismo ha praticamente dato carta bianca riconoscendo, tra l’altro, enormi vantaggi fiscali? Sicuramente sì, ma in modo graduale. Ciò che invece si può fare da subito è dare vita ad una nuova imprenditoria, più cosciente e moralmente responsabile.

La seconda direzione è un supporto psicologico e psichiatrico ai disoccupati, uno spazio in cui possano essere supportati e aiutati, non solo o necessariamente nei momenti di particolare sconforto.

La terza direzione, pure necessaria, è quella dell’aggiornamento professionale e della riqualificazione, che assumono importanza vitale soprattutto quando a pagare la congiuntura sfavorevole sono i lavoratori.

Quanti altri morti ci vorranno prima che qualcuno prenda coscienza della situazione?

Orlando Del Don, medico psichiatra, granconsigliere UDC, candidato al Consiglio di Stato e al Parlamento