Pubblicato nel Corriere del Ticino e riproposto con il consenso dell’Autore

 

TT usi smSentendo parlare di autogol da commentatori svizzero tedeschi (ma peggio ancora nostrani) a proposito del rifiuto ticinese dell’imposta per la televisione, mi pongo il problema della natura dei 200 milioni che la SRG/SSR riversa a Comano e che il nostro voto avrebbe messo in pericolo. Se si tratta di un convinto e giustificato gesto di equilibrio confederale nei confronti di una minoranza e di una delle tre lingue ufficiali ne prendo atto con piacere. Ma allora non vorrei vedermelo rinfacciato ad ogni piè sospinto. È un atto politico non un’opera di carità che anche in quest’ultimo caso sarebbe fuori posto far pesare. Se, per contro, è un’importante mancia per comprarci, per permettere a chi dà i soldi di dirci come dobbiamo comportarci e addirittura votare, allora parliamo pure apertamente di colonizzazione e di arma di ricatto.

I ticinesi, nonostante le raccomandazioni di voto di tutta l’ufficialità cantonale, comprensibili da Comano, meno giustificabili da Melide, con l’ancor meno giustificabile fragoroso silenzio dei giornali (ad eccezione del Mattino della Domenica), come pure la piuttosto bizzarra entrata in campo di un Consiglio di Stato che ha ben altre gatte da pelare, hanno dimostrato di non lasciarsi comprare per 200 milioni annuali di danari.

Purtroppo la dirigenza della Radiotelevisione nel nostro cantone non ha capito che l’importante somma destinataci va annualmente riconquistata, ma non arruffianandosi con Berna, bensì dimostrando l’oculata gestione della somma, con creatività, con i risultati di un utilizzo proficuo per il cantone, la sua cultura, la sua economia. Tema da me già affrontato con una lunga lettera del 22 settembre 2008 indirizzata agli allora presidente della CORSI e direttore della Radiotelevisione e nel successivo pubblico dibattito. Intervento che non ha avuto alcun successo. È inutile che i dirigenti di Berna e Comano abbiano l’aria seccata di chi si sente incompreso dopo tutto quello che fa. I ticinesi non ce l’hanno con la radio e la televisione. Quello che ha portato al voto negativo è, tra l’altro, la non trasparenza di come sono gestiti i 200 milioni, il fatto che non capiamo come siano utilizzati al meglio per il cantone e non solo per un organico considerato bulimico, con rimunerazioni che sono del 30% superiori a quelle dei giornalisti che lavorano nel privato, per il continuo conclamare una neutralità umanamente impossibile per persone pensanti ma di facciata e che come applicata e dichiarata sa molto di ipocrisia e di presa in giro.

La nomina dell’attuale direttore, prima volutamente escluso per ragioni di età, poi non essendo riusciti a nominare la candidata del cuore ripescato con un nuovo concorso previo innalzamento del limite d’età stesso, dà un quadro preoccupante di come le nomine di una simile importante istituzione avvengano. Pare vi fosse in lizza anche un ambasciatore, si dice eliminato da un’indiscrezione dei media. Non era per una carica di importanza non inferiore a quella di un consigliere di Stato il momento di fare un salto di qualità rinunciando a poco edificanti giochi di potere?
Può darsi che questi e altri sentimenti siano influenzati da prevenzioni e pregiudizi, ma non è con la non trasparenza, la difesa corporativa, l’atteggiamento di sufficienza nei confronti dei critici che per principio non sanno come stanno le cose che si ricompattano i cocci. Sì, perché la SRG che si vanta della sua insostituibile funzione di coesione tra le regioni del Paese, con l’ausilio della signora Leuthard è riuscita con una sola votazione a spaccarlo in due.

L’intelligenza della consigliera federale Leuthard, donna di potere ma dotata di fiuto politico, le dovrebbe permettere di non ripetere gli errori di questa campagna. L’aver voluto far credere che un’imposta non era tale per evitare scogli costituzionali, che la riduzione di 60 franchi (meno degli 80 euro di Renzi) era un grande gesto, negando che l’aggravio per le persone giuridiche superasse i 39.000 franchi (la cooperativa Fenaco-Landi nei cui consigli siedono due consiglieri nazionali – uno favorevole alla legge – ha calcolato che l’imposta televisiva che dovrà pagare ammonterà a 1 milione di franchi), l’aver accettato la tracotanza dell’SRG che si è opposta che si discutessero dapprima funzioni, compiti, contenuti con l’atteggiamento «prima mi dai i soldi, poi ne parliamo», l’aver affermato (ma dopo il voto) che poteva assicurare solo sino al 2020 che le imposte per l’SRG non sarebbero aumentate (facendoci capire cosa succederà dopo) ha portato all’avvilente risultato.

Le qualità di un politico si apprezzano in questi frangenti. Il Paese le sarà debitore se lei saprà staccarsi dalla funzione di rappresentante e sodale della SRG per assumere quella di garante dell’azione necessaria per ricompattare i cocci, rimediare alla grave profonda spaccatura, sconfiggere gli interessi corporativi per contribuire a configurare una SRG adeguata alle esigenze attuali e future della Svizzera.

Tito Tettamanti