Ricevo e pubblico questo interessante articolo, classico nelle sue argomentazioni “verdi” e “anticapitaliste”. Il mondo, raccontato così, sembra davvero diverso!

Ma un’affermazione (almeno una) non la lascio passare, e precisamente questa: “I politici europei non vogliono accoglierli [i migranti]”. Sabrina, è vero l’esatto contrario. Apri gli occhi!

chakori ySecondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati da gennaio più di 100 000 migranti sono giunti sulle coste europee (UN News, 10 June 2015, United Nations High Commissioner for Refugees)

Queste persone sono vittime di criminali di alto livello, di dittatori, spesso sostenuti direttamente o indirettamente dai nostri paesi. Sono vittime delle armi, che ancora una volta, molto spesso provengono dai nostri paesi.

“Nel 2014 le imprese svizzere hanno esportato materiale bellico in 72 Paesi con l’autorizzazione della SECO per un totale di 563,5 milioni di franchi (2013: 461,3 mio.), che corrisponde a una quota dello 0,26 per cento (2013: 0,22 %) delle esportazioni complessive di merci dell’economia svizzera” (Berna, 26.02.2015, Segreteria di Stato dell’economia SECO, Confederazione Svizzera).

Queste persone sono vittime anche e soprattutto della nostra economia, del nostro mercato liberale che li schiavizza nei loro paesi per poterci permettere l’acquisto di magliette a 9.90 Fr.- I telegiornali ci mostrano il problema tutti i giorni, ma ciò che nessuno ci dirà nei media è che è anche colpa nostra e colpa del nostro sistema politico-economico se queste persone arrivano. La globalizzazione accoglie prodotti da tutto il mondo, per poi respingere, lasciandoli alle frontiere, i lavoratori-schiavi, che li hanno fabbricati. Noi siamo la globalizzazione. Ogni volta che acquistiamo dei prodotti senza nessuna garanzia di protezione dei lavoratori o dell’ambiente, stiamo invitando queste persone a scappare, e dunque a venire.

Nel 2012 «Diritto senza frontiere», un’alleanza di più di 50 organizzazioni chiedeva in una petizione al Consiglio federale e al Parlamento di stabilire regole vincolanti affinché le imprese che hanno la loro sede in Svizzera rispettino i diritti umani e le norme ambientali dappertutto nel mondo, proponendo che le vittime potessero sporgere reclami in Svizzera contro le case madri responsabili. Inoltre le linee guida del Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU stabiliscono che non solo gli Stati devono rispettare i diritti umani economici, sociali e culturali, ma che anche le imprese hanno questo obbligo. Tutti i governi, in particolare quelli dei Paesi industrializzati, devono ora adottare delle misure per la loro applicazione. Nonostante i buoni propositi però, sotto la pressione delle lobby economiche, la politica tarda a concretizzare regole di questo tipo.

Queste persone non migrano perché sono uccelli. Queste persone migrano per ritrovare una dignità, ma a causa della guerra, della nostra economia (che comprende direttamente anche noi), e dei nostri leader svizzeri e europei, la loro dignità, e anche la nostra, si ritrovano in caduta libera… I politici europei non vogliono né accoglierli, né gestire razionalmente la migrazione, né cambiare il sistema economico, dunque indignatevi per questa situazione, ma indirizzatevi alle persone giuste, non alle vittime. Mi rivolgo a te che leggi questo testo, ma anche a tutti i politici responsabili.

I politici del Vecchio Continente nell’interesse del mercato liberale, e dunque del profitto illimitato, stanno rovinando la qualità di vita non solo ai migranti, ma anche alla popolazione europea. I salari continuano scendere, il costo della vita inversamente aumenta e così anche la disuguaglianza salariale. La speculazione immobiliare obbliga la gente locale a trasferirsi in periferia delle grandi città (ad es. a Londra, ma anche a Ginevra) e sempre questa classe politica che sostiene quest’economia, ha portato alla crescita anche i “working poor”, già perché in Europa si può avere anche più di un lavoro e non riuscire ad arrivare a fine mese.

“Lavorare riduce il rischio di povertà. Nell’Unione Europea l’8% della popolazione che lavora è considerata “working poor” (dato del 2007), poiché sebbene abbiano un salario restano al disotto del 60% della media salariale nazionale” (European Foundation for the Improvement of Living and Working Conditions, 2010).

Insomma il problema non comincia né finisce nel Mediterraneo. Il problema comincia nei nostri grandi magazzini e non finirà finché i nostri politici (o direttamente noi) cambieranno questo sistema economico.

Il ministro degli affari esteri ungherese ha dichiarato il 17 giugno che l’Ungheria costruirà un muro di 175 Km (Le Monde, Giugno 2015). In aggiunta il nostro consigliere di Stato Gobbi afferma che chiudere temporaneamente le frontiere «È il solo modo di esercitare pressione sui paesi che non rispettano i loro obblighi» (22 giugno, swissinfo.ch).

Nasconderci dietro alle nostre bandiere non risolverà nulla (soprattutto se sono made in Bangladesh) se manteniamo questo sistema economico che lascia libertà assoluta alle nostre imprese di sfruttare queste popolazioni e ai nostri governi di sostenere queste guerre. Quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito. Guardiamo dunque nella giusta direzione e alla radice del problema.

Di destra o sinistra che tu sia, su un punto siamo d’accordo: non vogliamo queste persone nelle nostre strade e nemmeno loro ci vogliono restare, e soprattutto non lo meritano. Dobbiamo diventare la soluzione al problema, dei consumatori responsabili e cittadini attivi.

Sabrina Chakori, ex coordinatrice dei Giovani Verdi