soldatiLa clamorosa irruzione della polizia cantonale di Zurigo nello stellatissimo Baur au Lac per trarre in arresto, alle 5 di mattina, 7 alti funzionari della Fifa, ha dato luogo a sconcertanti sorprese. Sul luogo della scena erano già presenti, come per caso, due reporter nordamericani, Michael Schmid e Sam Borden, del “New York Times”, subito in grado, prima della fine dell’intervento, di comunicare alla loro redazione a New York, nomi e cognomi degli arrestati. Su ordine di chi sia intervenuta la polizia zurighese non lo so, e come facessero i due giornalisti americani ad essere presenti come per caso, già in conoscenza del nome degli arrestandi, neanche. Ma la “Weltwoche” ha rivolto una domanda intesa a far chiarezza al Procuratore generale della Confederazione, Michael Lauber, quello che si è stranamente separato in men che non si dica del suo collaboratore ticinese Pierluigi Pasi. In sua vece ha risposto il portavoce, André Marty (nomen est omen), spiegando che la Procura non intendeva aprire una procedura, tanto evidente era che ad informare i due giornalisti erano state le autorità giudiziarie statunitensi, responsabili della richiesta di intervento, autorità che non possono incorrere nel reato di lesione del segreto d’ufficio quando rendono pubblica l’apertura di una loro inchiesta penale. “Dobbiamo allora aspettarci che la Procura federale in occasione di prossime inchieste possa “favorire” questo o quel giornalista?”. No, ha assicurato Marty, la Procura generale della Confederazione ha discusso il problema con le autorità giudiziarie statunitensi e chiaramente manifestata la sua irritazione. L’impressione resta quella che è già da anni: gli USA possono permettersi quello che vogliono, e le autorità europee in genere e quelle svizzere in particolare, calano le brache. Le parole saranno volgari, ma la realtà è questa.

Come sia andata a finire la faccenda lo sanno tutti. Che la Fifa, in un mondo corrotto fin sopra i capelli, fosse corrotta, lo sapevano tutti, e che Blatter si sia tenuto a galla per 5 elezioni presidenziali grazie alla conoscenza di casi di corruzione è più che probabile, ma che siano proprio gli USA, padri e padroni di un finanzcapitalismo che è l’emblema della corruzione internazionale, a voler porre riparo è poco credibile. Più probabile è che per gli Usa non fosse più tollerabile che un semplice svizzerotto potesse continuare a presiedere un ente come la Fifa, che maneggia fior di miliardi e discute da pari a pari con governi e presidenti. Concedendo magari anche un Campionato del Mondo ad un paese, come quello di Putin, che gli USA sommergono di sanzioni dopo averlo aggredito, per interposta Nato, in Ucraina.

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Pasqua2 yzIl giorno di San Pietro e San Paolo è scomparso all’età di 88 anni Charles Pasqua, politico francese di origine corsa, preceduto nella tomba di soli 4 mesi dal figlio unico 67enne Pierre Philippe, coinvolto, quest’ultimo, in penose vicende finanziarie sfociate in tribunale e concluse con sentenze di condanna al carcere. Vicende che hanno costretto il padre, sicuramente non coinvolto nelle losche manovre dell’indegno erede, ad abbandonare in pratica e prematuramente il palcoscenico politico.

Charles Pasqua lo ricordo con grande simpatia, dopo averlo ammirato sin dagli anni 70-80. Grande oratore e dibattitore, era abituato a parlar chiaro, a differenza dei molti e troppi politici “mezze calzette” che ciarfugliano vanamente nel tentativo di piacere a tutti o aprono bocca solo per nascondere quel che credono di pensare. Ascoltarlo era per me un piacere, secondo quale oratore solo al grande, grandissimo Jean Louis Tixier-Vignancour, indimenticabile antagonista di Charles de Gaulles in una campagna elettorale per la Presidenza del 1965 e ancor più celebre difensore del generale ribelle in Algeria Raoul Salan, nel 1962, dopo la fine della tragica guerra di Algeria.

Il 4.9.1992 (Wikipedia, do per buona la data senza esserne sicuro) il popolo francese fu chiamato alle urne per decidere se la Francia dovesse o no accettare il trattato di Maastricht, in pratica restare o uscire dalla Comunità europea. 3 o 4 giorni prima ebbe luogo il dibattito decisivo alla televisione. Di fronte stavano da una parte François Mitterrand, presidente nazionale, in carica dal 1981, quando aveva scalzato dal seggio ministeriale un Valéry Giscard d’Estaing che ricordo come figura aristocratica nell’aspetto e nel comportamento, ma scialba e debole debole nell’azione politica, e dall’altra Philippe Séguin, presidente della coalizione partitica avversa a Maastricht. Mitterrand era, e tale rimane nella storia, un animale alpha, dibattitore pericolosissimo per l’antagonista, dotato di intelligenza superiore e di cinismo terrificante, finto socialista, con nei cromosomi i geni del tradimento, come la nostra Giuda in gonnella, tanto per farmi capire. Nei suoi dibattiti (ne ho visti e sentiti in quantità) infilzava l’avversario sullo spiedo e poi lo cucinava a fuoco lento. Philippe Séguin era un animale della seconda metà dell’alfabeto greco, non dirò un omega (la nostra “z”), ma un qualcosa tra lambda e sigma, come dire le nostre “l” e “s”. Timido, impacciato e malsicuro. Per settimane nella coalizione da lui capeggiata si era discusso se incaricare del dibattito Séguin o Pasqua. Alla fine, come spesso accade nelle decisioni politiche, noi svizzeri ne abbiamo un fulgido esempio con la cacciata di Blocher, a prevalere furono gli invidiosi che non volevano Pasqua, l’unico politico francese di quei tempi in grado di fronteggiare con un minimo di efficacia Mitterrand. Finì così che quest’ultimo ebbe il ruolo del gatto sornione ma fornito di unghie acuminate, Séguin quello del topolino o, a mio modesto parere, di un pulcino caduto in un torrente.
Con il 50,1% di sì la Francia aderì a Maastricht, con il 49,9% di no la Francia dovette democraticamente sorbirsi l’UE. Sono assolutamente certo che se a quel drammatico e decisivo dibattito al posto dell’infelice Séguin si fosse trovato Charles Pasqua l’UE non sarebbe diventata quel che è, purtroppo, diventata.

Questo mio modesto scritto vuol essere un omaggio ad un uomo che per essere stato di destra non ha ricevuto che una minima parte dei riconoscimenti che avrebbe ampiamente meritato. A riceverli, oltre che a meritarli, sono solo gli esponenti del sinistrismo illuminato e progressista, sempre politicamente corretto, e, se non si può farne a meno, le mezze calzette della destra. I risultati del loro operare li abbiamo sotto gli occhi, in Europa come nel mondo.

Gianfranco Soldati