“Ma Dar Behesht” (Paradise) di Sina Ateaian Dena – Iran/Germania 2015 / concorso internazionale

IranAbbastanza folta la sala dei giornalisti oggi, un film promettente?

Una storia piacevole, sopratutto per l’ambientazione “esotica”, l’oriente, l’Iran. Cosi’ simile a noi per la modernità di strade, costruzioni, parchi, servizi pubblici ecc. Ma ecco le diverse abitudini che stuzzicano la voglia di curiosare un’altra cultura: la depilazione femminile con un filo a forma di 8 abilmente appoggiato e tirato sopra le labbra, l’immancabile tè alla menta, lo sgozzamento della pecora, i veli islamici bianchi svolazzanti sul collo delle bambine a scuola e neri sulla testa delle donne ….

Desio-RRegista sensibile che racconta l’universo femminile con attenzione e rispetto, che fa trasparire critiche su governo e Islam, che sottolinea come li’ si mostra bene cosa amare e cosa odiare (la bandiera americana tempestata di bombe sparse sulle strisce rosse – facciata di un grattacielo – e quella israeliana volutamente disegnata sul marciapiede per essere calpestata …).

Insomma un film che si lascia guardare, suono e immagine molto curate. Storia di una scuola, una maestra, una direttrice, le allieve. Due bambine sono sparite, c’è un sospetto di pedofilia ma rimane irrisolto.

Adolescenti con voglia di truccarsi, represse dalla direttrice sulla base di una morale che la nuovissima generazione non accetta. Le adolescenti ascoltano e ballano tecno americano. La maestra considera il fidanzato come la soluzione di ripiego per sentirsi integrata dalla famiglia tradizionale. Lo tratta con sufficienza: è un mezzo, non un fine.

Emblematica la scena del vecchio iraniano che si lamenta dei genitori: la ragazza della quale si innamorò perdutamente non andava bene al papà. Così fu obbligato a sposarne una scelta da lui. E si vedeva solo un occhio, sotto una nera pelandrana che la ricopriva interamente… Non l’ha mai perdonato al padre.

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“The waiting room” di Igor Drijaca – Canada 2015 cineasti del presente

Waiting roomInizia e continua per circa metà film abbastanza bene. Poi il regista si perde in lunghe sequenze che dovrebbero dare significato alla nostalgia di casa del protagonista (lontano da Sarajevo, ora vive a Toronto) ma che risultano lunghe e basta.

Il protagonista recita un uomo di spettacolo di scarso o niente successo: lui, orso panciuto che recita a teatro nella parte di una donna: Mima, rossetto e barba di 3 giorni … un problema ormonale, afferma nel dialogo. Potrebbe anche essere divertente se non fosse che anche qui la sequenza è lunga. Dopo la prima battuta, stufa. Una chicca: le prove per innovare la pièce teatrale con un tocco di erotismo: vestitissimi, lui e l’altro attore mimano un rapporto anale: seri e professionali per amore dello spettacolo. Da vedere per “l’impegno esemplare” nei movimenti ancheggianti di quello che fa il maschio e che dovrebbe essere il coito…. Ma decidono, e mi sembra giustissimo, di non innovare la pièce.

Nel mezzo la “storia” di una famiglia allargata, una moglie diventata sterile dopo un aborto da adolescente. Un’altra compagna, una figlia sui sedici anni che, naturalmente, è l’età, fa un po’ l’introversa, un figlio tredicenne coccolato e sveglio. E c’è anche l’amante, perversa quel tanto che basta. Questo papà che fa il suo di papà e mamma (i nonni) in Serbia felici: telefonate Skype a schermo intero con accanto il figlio-nipotino. E la famiglia, annessi e connessi, è tutta qua. E, mi sembra, pure la storia.

Poi il regista si perde nel finale con una facile soluzione: il primo piano del figlio del protagonista che, inseguendo le orme del padre-attore, fa un provino per una stupida pubblicità. E buonanotte.

Desio Rivera