Oggi ricorre il 22 esimo anniversario dell’uccisione di Don Giuseppe Puglisi che è stato un sacerdote esemplare, dedito specialmente alla pastorale giovanile. Educando i ragazzi secondo il Vangelo vissuto li sottraeva alla malavita e così questa ha cercato di sconfiggerlo, uccidendolo. In realtà però è lui che ha vinto con Cristo. Il 25 maggio 2013 Padre Puglisi è stato beatificato a Palermo e oggi in suo onore trattiamo il delicato argomento del rapporto tra mafia, fede e coscienza e cercheremo di comprendere se il bene davvero può riuscire a vincere il male.
“La mafia non è solo un problema per la società civile, il mafioso è un uomo che vede nel Boss il vero Dio, la vera autorità suprema. Come fanno ad essere devoti a Dio e a compiere tali nefandezze?”.
Queste parole sono state pronunciate da un parroco di una diocesi siciliana ma non credo che ormai si possa far distinzione tra Nord e Sud, con la globalizzazione, non servono più le bussole per orientarsi attraverso punti cardinali. Dire che la mafia è soprattutto al sud mi sembra una considerazione obsoleta perché se parliamo di mafia, dobbiamo pensare che ci sono talmente tante mafie sparse nel globo, vere e proprie organizzazioni a scopo di lucro, persino su scala internazionale, che ormai “il Padrino” è un’icona storica da archivio.
Beppe Grillo a Palermo, meno di un anno fa, fece una considerazione veritiera, sebbene con toni azzardati, che esplica il cambiamento radicale della mafia di oggi e di come questa sia un’organizzazione che muta per stare al passo con i tempi: “La mafia è stata corrotta dalla finanza, prima aveva una sua condotta morale e non scioglieva i bambini nell’acido. Non c’è differenza tra un uomo d’affari e un mafioso, fanno entrambi affari: ma il mafioso si condanna e un uomo d’affari no”. Questa frase si può ricondurre a tanti eventi quotidiani dagli svariati titoli, il più chiacchierato dei quali riguarda gli scandali del Comune di Roma, “Mafia Capitale”.
La mafia è sicuramente un problema per tutti, sia per la società civile che per la Chiesa, e lo sarà sempre più in maniera dilagante poiché non esistono più situazioni controllate e governate da Boss ma oggi come oggi è il pensiero mafioso a dilagare come “modus operandi e modus vivendi”.
Si può condurre un’analisi storica, sociologica, antropologica sulla nascita della mafia in Sicilia, si possono trovare spiegazioni su come i boss erano devoti a Santi e a Maria ma ora come ora è più utile pensare al presente e puntare sul risveglio delle coscienze, sul far nascere la consapevolezza che in teoria ognuno di noi è portatore di un messaggio mafioso, di atti e azioni malvagie.
La mafia è un male e allora la prima a combatterla deve essere proprio la Chiesa che si prodiga da secoli per la salvezza delle anime e la redenzione a Dio, perché uno stato può essere anche corrotto, ma non c’è spazio per i corrotti nel Regno dei Cieli.
Don Ciotti, un altro parroco impegnato alla lotta contro la malavita, disse a Riina una frase destinata a restare impressa nella storia: “La lotta contro la mafia è fedeltà al Vangelo”.
Gianna Finardi