Ho evidenziato quella che a mio avviso è la frase centrale di questo ricco Zibaldone: “visto che il governo chiaramente non vuole rendere effettivo quanto deciso il 9 febbraio 2014”. Proprio così. Ma il PPC (acronimo per Potere Politicamente Corretto) sta pagando un prezzo molto alto per questo suo pervicace rifiuto. (fdm)

errorBodenmann il saccente  Peter Bodenmann, un intelligente, ma talora saccente detentore di una rubrica sulla “Weltwoche”, già CN e successore di Hubacher alla presidenza del PS svizzero, aveva predetto che i greci, troppo paurosi, avrebbero detto sì all’euro nel referendum promosso da Tsipras(sta per. E` accaduto l’esatto contrario: 60% dei greci hanno detto no. In una lettera al settimanale un lettore gli ha consigliato prudenza: “Anche gli albergatori vallesani (Bodenmann è albergatore a Briga) dovrebbero astenersi dal riferire fatti prima che gli stessi avvengano”.

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soldatiIl dilemma fondamentale, ora e sempre  Ancora e sempre, il dilemma fondamentale in cui si dibatte la Svizzera del dopo 9 febbraio 2014 è quello dei rapporti con l’UE. A dibattere sono gli imprenditori e le loro associazioni, con il sostegno della maggioranza dei politici e dei media, da una parte, e i cittadini comuni e più o meno umili, con i loro pochi sostenitori, dall’altra. La lotta si svolge in un clima, abilmente sfruttato dai primi, che più ipocrita non si può. Nessuno di loro, ma proprio nessuno dei loro esponenti difende propri interessi. Tutti difendono solo e unicamente gli interessi della”SVIZZERA”. Poveri noi, se non ci fossero loro a difendere gli interessi della Svizzera. I semplici e gli umili, tra i quali mi colloco senza riserve, sono almeno onesti: difendono, e lo dichiarano, i propri interessi, anche a costo di parzialmente sfavorire gli interessi degli imprenditori che danno loro il lavoro. E se accettano di “sfavorire” gli interessi che gli imprenditori pretendono essere quelli della Svizzera è perché sanno che questa è un’affermazione che contiene il 20% di verità e un buon 80% di falsità frammista ad ipocrisia. Gli imprenditori lottano per garantirsi guadagni dalle 6 cifre in su, i cittadini comuni per salvare il posto di lavoro e portare a casa quanto basta e necessita per mantenere la famiglia e i figli agli studi. Sono loro che devono subire il dumping salariale, vivere nell’ansia di un possibile licenziamento, pazientare in colonne interminabili per recarsi al lavoro e per rincasare, e, non da ultimo, vedere che le istituzioni sociali sono ben più generose con gli asilanti di quel che siano con i residenti, svizzeri o stranieri.

Adesso si profila una situazione in cui il popolo, visto che il governo chiaramente non vuole rendere effettivo quanto deciso il 9 febbraio 2014, sarà chiamato a rivotare. 110’000 firme sono state consegnate. Il battage “anti 9 febbraio” lo prevedo assordante come mai si è visto, e quindi, è quel che spero, controproducente (in questo senso Economiesuisse, con l’ineffabile presidente Heinz Karrer e la sua direttrice Monika Rüh, già collaboratrice di Joseph Deiss al Seco, farà certamente la sua parte), ma credo che non basterà a controbilanciare l’irritazione crescente nel popolo dei semplici e degli umili. Paolo-BernIntanto, come risorto dalle ceneri in cui pareva essersi disciolto da qualche tempo, si è subito fatto avanti, su Teleticino, il Pa(v)olino, piccolo grande pavone, a far la ruota non davanti alla femmina, ma allo specchio in cui si rispecchia ingigantito, assicurando che lui vuole generosamente e gratuitamente dar la possibilità al popolo bestia di correggere l’incommensurabile errore commesso il 9 febbraio 2014.

Ai tempi in cui l’onestà intellettuale e l’etica avevavo ancora diritto di dimora negli alti consessi, i ministri sconfessati dal popolo alle urne dimissionavano. Adesso non più, siedono su scranni muniti di cinture di sicurezza del tipo di quelle dei piloti di formula 1, che li tengono indissolubilmente avvinghiati al seggio, aspirazione, frutto del lavoro e paracadute di tutta una vita. E per dimostrare che ad essere dalla parte della ragione sono loro, raddoppiano gli sforzi nella direzione invisa al popolo. “Gumè tirà un gatt a cü indré”, dicevano i nostri nonni. Didier Burkhalter è un tipico esemplare di questa nuova razza di politici.

Tra i sostenitori più accaniti degli “interessi della Svizzera” che sono in realtà solo interessi di una ristretta cerchia non posso mancare di ricitare in prima linea Heinz Karrer di “Economiesuisse”, e poi Valentin Vogt dell’”Associazione svizzera dei datori di lavoro” e Hans Hess di “Swissmem” associazione delle industrie delle macchine, del metallo e dell’elettricità. Se riuscissero a capire che converrebbe loro moderare i toni e tenere almeno in minimo conto anche le esigenze del popolo minuto (“pueblo menudo”, dicono gli spagnoli) che siamo noi, potrebbero anche diventare efficaci. Invece, con le loro campagne troppo aggressive, hanno a più riprese buttato alle ortiche decine di milioni di franchi.

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I “piccoli cristiani” e il carcere d’oro  Si voleva costruire un carcere da 142 milioni di franchi, adesso ne bastano 35. Ma chi erano, non dico i bambela, ma i cretini (nel senso etimologico del termine, piccoli cristiani) che avevano preventivato e fatto progettare? Quel che si spende per i detenuti dal mio punto di vista è uno scandalo. Beccaria aveva ragione a voler risocializzare i delinquenti del suo tempo, adesso basterebbe punirli. Chi vuol vivere del suo onesto lavoro oggi può farlo quando vuole. Se sceglie un’altra strada deve assumersi le sue reponsabilità e punizioni. Punizioni punitive, non quattro aliquote giornaliere da 4 soldi con la condizionale per due ore.

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Quegli storici faziosi che distorcono la storia  Jakob Tanner è un tedesco, professore universitario di storia. Ha studiato a Zurigo, dove adesso insegna. E`stato l’eminenza grigia e l’anima dannata della commissione Bergier, con il suo accolito Georg Kreis, sempiterno presidente della provvidenziale commissione contro il razzismo, adesso finalmente in meritatissima quiescenza. Di fresca edizione un suo volume, “Geschichte der Schweiz im 20. Jahrhundert”, Storia della Svizzera nel 20esimo secolo. La faziosità e l’astio con cui interpreta la nostra storia lo rendono un personaggio scostante. Markus Schär, sulla “Weltwoche” del 1.10.2015 ne ha dettagliatamente confutato le tesi. Tanner, della razza degli acrimoniosi atrabiliari, scrive la storia della Svizzera facendola a pezzi, voltandola e rivoltandola per metterla in sintonia con le sue teorie ideologiche. Winston Churchill aveva detto che i Balcani hanno gravissimi problemi perché producono più storia di quella che possono elaborare. La Svizzera, invece, sempre secondo Tanner, non sa produrre storia e si contenta di consolidarsi nello squallore confortevole di quel che ha saputo raggiungere. Si tratta, dice lo storico straniero, di capire come questo staterello che tanti problemi ha causato ai suoi vicini, con i quali ha dovuto confrontarsi più volte, sia riuscito a interporre una barriera di miti, che adesso Tanner vorrebbe travolgere con i suoi lavori. Prima di tutto il mito di uno Stato sovrano e neutrale che riesce a trarsi d’impiccio nel caos del mondo e poi quello di un popolo libero e ugualitario che determina i propri destini grazie alla democrazia diretta. Nella voluminosa bibliografia del suo libro Georg Kreis, suo corifeo ai tempi della commissione Bergier, non viene neppur citato. Stesso destino per parecchi colleghi autori di storie della Svizzera del 20esimo secolo. L’affabilità non è una virtù svizzera, e ancora meno teutonica. Markus Schär riporta poi una serie di inesattezze e distorsioni che non sto a citare. Abbastanza per indurmi a non comperare il libro del nostro professore di storia moderna a Zurigo.

Gianfranco Soldati