Riprendiamo dal GdP, con il consenso dell’Autore, questo articolo dedicato alla grandiosa opera, “Alla Ricerca del tempo perduto”, in dovuto omaggio a Marcel Proust, morto il 18 novembre del 1922.

biancospi«Riconobbi, dalle foglie staccate e brillanti che si spingevano sul limitare, un cespuglio di biancospini sfioriti…»

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La ”memoria involontaria”, mirabile intuizione che pervade tutta la Recherche assumendo valenza metodologica, viene rappresentata da Proust verso la fine del Tempo Ritrovato: «A queste risurrezioni che la mia memoria effettuava mentre riflettevo solo in biblioteca, poiché la memoria, introducendo il passato nel presente senza modificarlo, tal quale al momento in cui era il presente, sopprime precisamente questa grande dimensione del Tempo secondo la quale la vita si compie» [T.R.1031].

Affrancata dalla dimensione temporale, la memoria involontaria può esprimersi come forza creativa per consentire al narratore di rivivere situazioni di vita perdute e momenti di poesia venata di intensa melanconia. La memoria creativa inoltre induce il lettore ad interpretare la propria intima esistenza adottando lo spirito della Recherche, che consente di annullare il rigido determinismo imposto sia dal tempo cronologico sia dallo spazio convenzionale. Infatti: «Ogni lettore è, quando legge, il proprio lettore di se stesso. L’opera delle scrittore non è che uno strumento ottico che egli offre al lettore al fine di permettergli di discernere ciò che, senza quel libro, non avrebbe forse visto in se stesso » [T.R. Il ruolo del lettore nel valorizzare la portata creativa ed umana della Recherche è imprescindibile: « Poiché non sarebbero, secondo me, miei lettori, ma propri lettori di se stessi, il mio libro non essendo che una sorta di lenti di ingrandimento come quelle che l’ottico di Combray presentava ad un acquirente; il mio libro, grazie al quale fornirei loro il mezzo per leggere in se stessi» (T.R.1033).

Per contro, la memoria volontaria o cosciente, quella storica, legata al tempo fisico e condizionata dall’intelligenza non può che svolgere un ruolo riduttivo in quanto risulta avulsa dall’interiorità e perciò dalla vita, in breve è solo una memoria dello spettacolo: « Certamente, si può prolungare lo spettacolo della memoria volontaria la quale non impegna le nostre forze più dello sfogliare un libro di immagini » [T.R. 873].

La memoria involontaria interiore si attiva se sollecitata da eventi imprevisti, da contingenze ed episodi casuali, slegati, da frammenti di per sé stessi irrilevanti, da percezioni ed attimi che sottostanno alla natura dei sensi e dei sentimenti, ma consentono di vivificare le persone e di ricostruire la complessità di vite intere. E’ opportuno rilevare che nel primo ventennio del secolo scorso anche la scienza aveva chiarito come si possa risalire dal frammento all’insieme mediante processi iterativi pluridimensionali, di cui Proust ebbe conoscenza.

Gli errori dimenticati

La relazione poetica tra natura umile e vita interiore viene evocata e rivissuta mediante la memoria involontaria: « Ad un tratto nel piccolo sentiero incassato, mi fermai colpito al cuore da un dolce ricordo di infanzia: riconobbi, dalle foglie staccate e brillanti che si spingevano sul limitare, un cespuglio di biancospini sfioriti, purtroppo, sul finire della primavera. Attorno a me aleggiava un’atmosfera di antichi mesi di Maria, di pomeriggi domenicali, di credenze, di errori dimenticati » Avrei dovuto afferrarla. Mi fermai un istante e Andrée, grazie a una divinazione seducente, mi fece parlare brevemente con le foglie dell’arbusto. Domandavo loro notizie dei fiori, i fiori del biancospino simili a gaie fanciulle sbadate, vezzose e pie. Le signorine sono partite già da lungo tempo rispondevano le foglie [ALJFF 922].

Ricordi d’amore

«Ora i ricordi d’amore non fanno eccezione alle leggi generali della memoria, le stesse regolate dalle leggi più generali dell’abitudine. Siccome essa indebolisce tutto, ciò che meglio ci rammenta un essere, è proprio ciò che abbiamo dimenticato (poiché ritenuto insignificante gli abbiamo così lasciato tutta la sua forza). Pertanto la parte migliore della nostra memoria è all’infuori di noi, in un soffio piovoso , nell’odore di rinchiuso di una camera o nell’odore di una prima fiammata, ovunque ritroviamo di noi stessi ciò che la nostra intelligenza, non avendone un uso, aveva disdegnato, l’ultima riserva del passato, la migliore, quella che, allorquando tutte le nostre lacrime sembrano prosciugate, sa farci ancora piangere» [AJFF 643].

Ne consegue che «La letteratura che si accontenta di descrivere le cose, di fornire unicamente un miserabile rilevamento di linee e di superfici, è quella che, pur definendosi realista, risulta essere la più lontana dalla realtà, quella che ci impoverisce e ci rattrista maggiormente, poiché taglia bruscamente ogni comunicazione del nostro io con il passato, di cui le cose serbavano l’essenza, e il divenire, ove ci incitano a gioirne di nuovo » [T.R. 885]. Proust ritiene che lo scrittore che scrive opere intellettuali commette un’enorme indelicatezza, poiché «Un’opera ove vi sono teorie è come un oggetto sul quale si lascia la marca del prezzo » [T.R.882].

Esempio di visione poetica intimistica, vicina a quella “proustiana”,si ritrova nel quasi coevo Giovanni Pascoli, in particolare in una terzina de L’Aquilone [Primi Poemetti] : « Un’aria d’altro luogo e d’altro mese – e d’altra vita: un’aria celestina- che regga molte bianche ali sospese».

Lo spazio-tempo del vissuto

«Perlomeno, se mi fosse concessa [vita] abbastanza a lungo per completare la mia opera, non mancherei in primo luogo di descrivervi gli uomini (dovesse questo farli assomigliare ad esseri mostruosi) come occupanti un posto così considerevole, accanto a quello tanto ridotto che viene loro riservato nello spazio, un posto al contrario prolungato senza misura – poiché toccano simultaneamente, quali giganti immersi negli anni, in epoche tanto distanti, entro le quali tanti giorni sono venuti a sistemarsi – nel Tempo» [T.R. 1048].

Gabriele A. Losa

Marcel Proust: À la Recherche du Temps Perdu. Ed. NRF Gallimard, Bibliothèque de la Pléiade, Paris 1964. T.R.; Le temps retrouvé. ALJFF: À l’ombre des jeunes filles en fleur.