MolenbNon mi piace fare il censore. Ma mi ero chiesto se valesse la pena di togliere “imprudenti e stupide”. Alla fine però mi son detto: ma no, lasciamolo. 

Il mio pensiero base su Anghela è il seguente: “Se il popolo tedesco e i suoi avversari politici le permettono di fare quello che sta facendo, vuol dire che il suo potere è molto grande”. (fdm)

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soldatiA maggio di questo anno, sempre che la memoria non m’inganni, avevo dedicato un mio scritto al problema dell’islamizzazione di interi quartieri (chiamati “comuni”, sono in tutto 18) di Bruxelles, capitale di un’UE che grazie alle imprudenti e stupide parole di Angela Merkel si appresta ad accogliere milioni di immigrati musulmani. Tutti esseri umani che non mancheranno di dare, se non il loro apporto socio-economico, almeno un sicuro contributo multiculturale. Ad esclusivo beneficio di quella che è oramai diventata una vera e propria mafia parassitaria di approfittatori della “buona accoglienza”.

Denunciavo il fatto che in uno dei 18 comuni di cui sopra, Molenbeek-Saint Jean, contiguo dei grandi palazzi del potere paneuropeo, gli abitanti “infedeli” fossero oramai ridotti a meno del 5% di una popolazione che originariamente era composta di cattolici, riformati e agnostici, tutti di derivazione cristiana. Un altro comune faceva già bella mostra di più del 90% di fedeli di Maometto, altri due avevano già superato la soglia del 50%, soglia che in democrazia equivale all’assunzione del potere.

Lodavo il senso di tolleranza degli amici musulmani moderati, che lasciando al loro comune l’aggiuntivo “Saint Jean”, invece di avanzare la logica pretesa a un “Molenbeek-Akbar Allah” avevano dato prova di vera superiorità etica nei confronti di noi ottusi e rinchiusi “ticinesotti” che ci eravamo limitati, su nobile iniziativa delle sinistre e del libero pensiero, bisogna pur riconoscerlo, a togliere i crocifissi dalle nostre aule scolastiche.

Il nome Molenbeek è ritornato in auge in questi giorni: da lì sono partiti i sanguinari, feroci e demenziali attacchi a Parigi del 13 novembre. Le inchieste e perquisizioni non hanno ancora permesso di stabilire se i covi e rifugi dei terroristi siano da attribuire o no alla minoranza del 5% di “infedeli” non musulmani che ancora appestano il democratico e tollerante comune di Molenbeek-Saint Jean.

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Il merito innegabile della progressiva e pacifica islamizzazione di interi comuni di Bruxelles va attribuito alla sinistra, detentrice monopolistica e autoproclamata del “progresso” in senso lato. Nel caso di Molenbeek l’”eroe” ha un nome: Philippe Moureaux, da più di 20 anni sindaco socialista, plebiscitato dalla maggioranza musulmana. Giorni fa ignoti ignobili hanno rovesciato davanti a casa sua tonnellate di letame. Ma il sindaco non se ne preoccupa, conscio del fatto che chi non sopporta l’ingratitudine non deve fare politica.

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Personalmente non ho conoscenza di una denuncia di una cellula di terroristi dell’IS su territorio europeo che sia partita dai milioni di musulmani che si proclamano, oltre che tolleranti e pacifici, ostili ad ogni forma di violenza. Suppongo che si tratti di una mia carenza di informazione.

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La via giusta per combattere il terrorismo islamico la stanno indicando varie personalità religiose del mondo occidentale. Trattandosi di questioni di fede gli argomenti razionali perdono significato e valore. Inutile quindi entrare in argomento.

Ma non sono mancati neanche i tentativi di concretizzare la lotta contro i terroristi che, oltre a decapitare ed assassinare brutalmente, non esitano a sacrificare migliaia di loro giovani facendosi (forse bisognerebbe dire “facendoli”) saltare in aria. Un accordo sembra essere possibile sulla partecipazione alle missioni belliche dei paesi occidentali. Accordi che di concreto non avranno altro risultato che quello di far felici gli industriali dell’armamento. Ad ulteriore, anche se superflua, dimostrazione del fatto che la guerra civile contro il dittatore siriano è stata scatenata e finora condotta dagli USA, il presidente Obama insiste nel richiedere la partenza (se per l’aldilà o solo per una strameritata quiescenza non viene precisato) del povero Bashar al-Assad, uno dei rarissimi capi di stato del fronte medio-orientale che ha dimostrato di avere la tempra morale e la spina dorsale necessarie per governare in quel coacervo inestricabile di interessi economici e di fedi religiose che è il Medio Oriente.

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In Ticino ha destato meraviglia e anche invidia la capacità del partito socialista di Lugano di assumere un ruolo da protagonista nell’arduo compito di dare concretezza alla concordia, alla tolleranza e alla pacifica convivenza che regolano teoricamente i rapporti tra i comuni cittadini e la (troppo) folta schiera di immigrati islamici.

Memorabili da questo punto di vista, le due visite (Viganello e Breganzona), casualmente pre-elettorali (elezioni cantonali di aprile) di una delegazione del partito ai rappresentanti della Comunità islamica del Canton Ticino (CIT). Un evento di portata storica (degno di cerimonie celebrative almeno decennali sul ritrovo montecenerino), con tanto di comunicato ai media firmato dal già presidente Saverio Lurati, che non appare però sulla foto ufficiale dell’incontro (presenti invece Raoul Ghisletta, Martino Rossi e Sergej Roic, autoproclamato scrittore di vasta fama). Giorgio Ghiringhelli commentò quelle visite come manifestazioni di utili omissis  (“Mattino della Domenica” del 19 luglio 2015 e sito del Guastafeste). Gli rispose da par suo lo scrittore Roic, imperterrito difensore di cause perse, dal CdT del 21 luglio: “la geniale tesi di Ghiringhelli di equiparare i Fratelli mussulmani (n.d.a.: messi fuorilegge persino in paesi musulmani come l’Egitto) con la Comunità islamica ticinese è qualcosa di più di un’estrapolazione tendenziosa, è semplicemente errata (nel caso, confidiamo che la Comunità islamica ticinese possa chiarire facilmente l’evidente differenza)”.

Ghiringhelli, con il suo lungo testo “La Comunità islamica ticinese cavallo di Troia dei Fratelli musulmani”, pubblicato sul sito www.ilguastafeste.ch, ha irrefutabilmente dimostrato la fondatezza della qualifica di utili omissis appioppata ai visitatori ticinesi di comunità musulmane. La CIT si è guardata bene dal “chiarire l’evidente differenza”, lo scrittore Roic, autoproclamatosi tale, si è rintanato nel silenzio sdegnato della vittima di un’oltraggiosa incomprensione.

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Le moschee, come istituzioni religiose non hanno diritto a pubblici contributi. Adesso hanno cambiato nome, diventando centri culturali. Conoscendo come conosciamo la bramosìa di pubbliche sovvenzioni del mondo culturale, c’è di che essere in apprensione. Stai a vedere che saremo presto chiamati, in nome del sostegno alla cultura, a finanziare anche le moschee.

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Sulla foto ufficiale degli incontri tra la delegazione PS e la CIT, apparsa il 6 febbraio 2015 su parte della stampa ticinese, appare (secondo da destra) il presidente dal 2004 della CIT, Ghaleb Himmat. Uno stranissimo personaggio, questo. Di lui non si riescono a reperire altre foto, si sa solo che era già molto attivo 40 anni fa in Germania, dove presiedette dal 1973 al 2002 la Comunità islamica tedesca. Negli anni ’60-’70 fu tra i promotori e fondatori della moschea di Monaco di Baviera, la prima dell’era moderna su suolo europeo, poi rivelatasi de facto come ambasciata in Europa dei Fratelli musulmani. Ghaleb Himmat è stato definito come una delle più importanti personalità operanti in Europa nella seconda metà del secolo scorso della “confraternita” oggetto di questo scritto. Dopo gli attentati alle Torri gemelle è stato inserito per parecchi anni, su indicazioni della CIA, in una lista nera dell’ONU di sospetti finanziatori del terrorismo islamico.

Suscita quindi ancor maggiore ammirazione e rispetto la capacità di umili e tutto sommato insignificanti dirigenti socialisti luganesi di elevarsi al rango di comprimari con un personaggio del calibro internazionale di Ghaleb Himmat nell’arduo compito di proclamare e rendere credibile l’inizio dell’era della fratellanza cristiano-giudeo-musulmana.

Gianfranco Soldati