Morisoli 1Il tanto atteso pacchetto di 180 milioni di correzione finanziaria del governo, ha deluso. Non poteva essere diversamente, e pretendere qualcosa di meglio era irrealista. Cerco di riassumere alcune ragioni perché non poteva che essere così. Prima di correggere i numeri occorre correggere l’approccio. Chi ha prodotto il pacchetto pensa contabilmente e non sistemicamente, ha un’ideologia contabile e non si confronta con la realtà. Significa che ragionando entro le mura di Palazzo una spesa vale l’altra e una tassa vale l’altra: occorre un tot volume sulla spesa e un tot volume sulle entrate. I Dipartimenti non sono le braccia che eseguono le Leggi ma dei forzieri a cui togliere o aggiungere un po’ di soldi. Sembra che le Leggi che generano compiti, uffici, procedure e personale addetto siano uguali, non c’è differenza tra quelle obsolete e quelle urgenti e necessarie, il loro motivo e la loro ragion d’essere cadono nell’indifferenza; il senso e il loro scopo nemmeno sfiorato. Si è tutti uguali davanti alle Leggi, ma le Leggi, per importanza, non sono uguali tra loro. La gerarchia delle Leggi muta nel tempo ed è imposta dalle circostanze, cioè dalla realtà. I mezzi da decidere e da destinare per l’esecuzione dei contenuti delle Leggi si chiama spesa pubblica, il finanziamento dei compiti contenuti nelle Leggi si chiama imposte e tasse. E’ banale, ma non è più scontato che tutti se lo ricordino. Il Governo si è messo alla caccia di soldi (180 milioni) non alla caccia di norme inutili, obsolete, dannose, ridondanti, inefficaci e inefficienti. Ha ritenuto che le oltre 900 basi legali ticinesi (Leggi, Decreti e Regolamenti) che reggono il rapporto tra cittadino e stato, che sono poi quelle che legittimano i costi e necessitano la creazione di uffici, l’assunzione di personale, la determinazione di procedure amministrative e di controllo sono tutte indispensabili, irrinunciabili, non sostituibili e ugualmente performanti; cioè raggiungono tutte lo scopo per cui sono state votate. Quindi, per banalizzare un po’, non sono stati messi in discussione il modello di veicolo, il percorso scelto, il tempo impiegato, il modo di guidarlo, ma semplicemente se aggiungere o togliere un po’ di benzina affinché tutto proceda come finora. E’ la realtà che sfreccia dai finestrini di questo veicolo che deve adattarsi e cambiare per lasciarlo continuare a macinare chilometri, non il contrario; da decenni ha ormai innestato il pilota automatico. La destinazione non è mai messa in discussione, i cambiamenti di percorso impossibili, il fermarsi per ragionare sulla rotta osteggiati. Eppure questo bus che continua da decenni a scendere e a salire da All’Acqua a Pedrinate, fermandosi ogni tanto a qualche stazione elettorale obbligatoria ne avrebbe bisogno di modernizzazione. Chi guida il bus ha ritenuto che la ricetta migliore in questo momento fosse togliere qualche sedile per alleggerirlo facendo stare in piedi donne, vecchi e bisognosi; attento poi a riempire qualche tanica di benzina in più facendole pagare al ceto medio, ai piccoli proprietari e agli artigiani perché consuma e inquina ancora come i bus degli ex paesi dell’est. A cosa serve percorrere chilometri e chilometri se si è smarrita la ragione per la quale si è partiti e la meta? Dai finestrini sfreccia un paesaggio nuovo. Le famiglie penalizzate, le aziende serie demonizzate, i contribuenti strizzati, i lavoratori e il ceto medio dimenticati, la proprietà privata punita, i bilaterali subiti e lo stato costoso e deficitario. Fanno segno di fermarsi, ma chi guida tira dritto fino alla prossima fermata elettorale sperando in un aleatorio utile di + 3 milioni su 3’837 milioni di spesa nel 2019, senza dirci che la spesa rispetto allo scorso quadriennio aumenta di 463 milioni e le tasse di 165 milioni! Avanti, ohne alt bis Arth Goldau.

Sergio Morisoli

(pubblicato nel GdP e riproposto con il consenso dell’Autore)