Fare della retorica contro il calcio, non è affatto mia intenzione. Mi dissocio, anzi, da coloro che sbandierano lo slogan “odio il calcio” per fingersi al di sopra della moltitudine festante, quando poi magari hanno un i-Phone 6 e l’accesso a Facebook che supera le sei volte al giorno, giusto per essere contradittori, nell’anticonformismo. Credo invece che questi europei siano un opportuno diversivo in un periodo di crisi, di non proprio facile situazione economica sociale europea, per l’appunto. Vorrei piuttosto riflettere sul significato del retroscena degli UEFA euro 2016, sempre che il calcio un significato possa averlo, su quanta politica ci sia nascosta (che non sarà tuttavia mia intenzione cogliere né ricercare), e su quanta poca Europa ci sia, in essi.  Chantal 13

L’Inghilterra che gioca contro la Russia, per esempio. La prima, il 23 giugno andrà al voto in merito al Referendum sulla Brexit, se uscire dall’UE, come vorrebbe Farage, il quale ha indicato, ragionevolmente, nel fallimento della gestione immigrazione da parte dei paesi del Mediterraneo, il fallimento dell’Europa stessa, oppure restarvici, come spera invece Cameron, che col supporto di Obama, si appella al popolo britannico, in nome dell’unità. già, quella tanto discussa unità che due anni fa non donò la tanto auspicata libertà alla Scozia. farageTerra di referendum, la GB. Forse che questi referendum non siano l’emblema del disgregarsi dell’ormai superato stato nazionale, in favore di più minute e sentite territorialità?  La seconda, la Russia, che si vede sanzionata dall’Europa. Solo la Francia, ieri, ha votato per il ritiro delle sanzioni. Si può continuare a parlare di unità europea se non v’è, in primis, collaborazione? Due nazioni che stanno vivendo  un momento storico discusso, si affrontano, nell’apparente limpidezza di un gioco che piace tanto al popolo.

Lo sport unisce, lo sport divide. Amichevolmente. fratelliBella la prospettiva dell’affronto dei fratelli Xhaka, l’uno che gareggia per la patria d’origine, l’Albania, l’altro per la patria naturalizzata, la Svizzera. Lo sport divide, sì, ma unendo. Eppure è soltanto in esso che rinasce, quel nazionalismo da troppo tempo spento. Certo, parlare di nazionalismo, di questi tempi, è tabù. Ma perché? Ci hanno insegnato, o meglio imposto, che l’orgoglio per la propria patria natia, non va bene.

L’Austria contro l’Ungheria, infine. Chissà cosa direbbe l’imperatrice Elisabetta di Baviera, nel vedere questo match. La nazione da lei tanto amata, l’Ungheria, la cui discussa annessione all’Impero Austroungarico, nato nel 1867, era stata in qualche modo, diciamo, lenita, dalla dolce imperatrice, contro la nazione che l’aveva “soggiogata”.sissi2 Nel 1918 quell’unione di stati voluta dall’impero sarebbe crollata, a seguito della disastrosa allor chiamata “Guerra Europea”. A rimostranza di quanto l’eccessiva unità possa portare alla disgregazione. L’Europa vuole la pace, questo, almeno, il suo apparente proposito, ma troppo spesso vuole “ingigantirsi” facendo entrare (e finanziando lautamente) nazioni troppo differenti da essa, per cultura, per tradizione. La Turchia, ad esempio. Troppo spesso “gioca alla guerra” schierando carri armati al confine di una nazione che dovrebbe esserle amica, almeno sul piano dell’antiterrorismo, e che invece l’UE continua a sanzionare. la Russia, per esempio.  Finanzia chi è accusato di finanziare a sua volta il terrorismo, sanziona chi il terrorismo lo combatte. Non è una polemica, ma una sola riflessione personale.

Un’Europa che nega, talvolta, la stessa cultura europea. Poiché tende a togliere, dagli insegnamenti scolastici, le materie umanistiche considerate “superate” in nome di una più moderna e asettica visione. Senza radici. Si può forse pensare di superare ciò che ci ha fondato? Di pensare al futuro, senza passato?

Per conservare la pace è meglio un’unità forzata e indotta, o una collaborazione tra identità territoriali sorte naturalmente?

L’Eurovision 2016 ci ha fatto sognare, a patto che si tralasci il retroscena politico. L’UEFA 2016 farà altrettanto divertire ed entusiasmare il popolo. Quel popolo europeo, che si ricorda di essere tale solo nel divertimento. Poiché il divertimento placa la sua sete di, in una parola, cambiamento, rendendolo quieto. Panem et circenses.

Basta dunque così poco, per sentirsi europei?

Chantal Fantuzzi.