Minotti… arriva sempre all’ultimissimo minuto (sulla Brexit si vota domani) – e probabilmente lo fa apposta – ma il suo ponderoso articolo (Minotti non è mai breve) agisce su di noi come una boccata d’aria fresca. La propaganda prezzolata filo-UE ci incretinisce? Ebbene, Minotti ci aiuta a recuperare i sensi.
Paolo Camillo è anche audace e non esita – citando l’atroce omicidio di Jo Cox – a evocare il “Cui prodest?” È un discorso delicato, poiché mancano le prove. Quel che è certo è che il gesto del “folle invasato eruttante anatemi anti-UE” non potrà che giovare alla vacillante causa del “Remain”. Marcello Foa ha addirittura scritto, con sfavillante provocazione: “Ora è inutile votare”.
Domani, giornata di passione.
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Finalmente domani i cittadini del Regno Unito andranno a votare per decidere se uscire o no dall’UE. Non se poteva più, infatti, di sentire proferire pronostici funesti e profezie di sventura per la Gran Bretagna nel caso optasse per il Brexit. Parecchi politici e giornalisti, sia inglesi sia soprattutto stranieri – con in prima fila i dirigenti UE – sono andati sopra le righe (se vogliamo esprimerci eufemisticamente) o hanno esternato scempiaggini (se vogliamo parlar chiaro). A cominciare dal premier David Cameron, che é andato giù pesante evocando in caso di uscita dall’UE i più cupi scenari (esasperazioni nazionalistiche e la guerra in Europa). Cameron si è dimenticato di aggiungere che l’esasperazione in Europa la stanno fabbricando giorno per giorno i dirigenti europei stessi, con le loro politiche assurde e campate in aria e con le loro decisioni verticistiche e calate dall’alto – senza curarsi del volere dei cittadini – che stanno facendo inferocire quest’ultimi. Basterebbe accennare a come è stata gestita la crisi Euro/Grecia e dintorni, dove per non far uscire la Grecia si sono destabilizzati i mercati monetari internazionali e si è messa in sofferenza tutta l’Eurozona; oppure basterebbe accennare al modo irresponsabile e criminale con cui si è affrontato la «crisi dei migranti», prendendo per cretini i cittadini e facendo loro credere che i problemi del Medio Oriente e dell’Africa si possano risolvere lasciandoci invadere da milioni di persone in cerca di fortuna…
Vi è poi stato l’intervento dell’«anatra zoppa» di Washington, al secolo Barack Obama, che non ha combinato nulla di concreto nemmeno nei precedenti 7 anni ma che nell’ultimo anno di presidenza è notoriamente impotente e può giusto dedicarsi ad attività non impegnative in attesa che il suo contratto di locazione nella Casa Bianca scada nel gennaio 2017; violando la più elementare regola di non-ingerenza negli affari interni di un Paese amico e alleato, egli ha voluto mettere in guardia i cittadini britannici da rischi e pericoli di una eventuale uscita del Regno Unito dall’UE; non sappiamo quanti cittadini avrà convinto a votare No a Brexit, ma la nostra speranza è che egli sia stato addirittura controproducente, se ci basiamo sul coro di critiche alla sua ingerenza che egli ha suscitato nell’opinione pubblica inglese (senza distinzioni fra fautori e avversari di Brexit). Ancora più provocatorie – anche se per certi versi scontate – sono state le esternazioni di alcuni leader dell’UE. Limitiamoci a citarne due: il ministro delle finanze tedesco Schäuble ha dichiarato che alla Gran Bretagna in caso di uscita dall’UE non verrà concesso nessun altro accordo privilegiato con la stessa Unione; sulla stessa lunghezza d’onda il presidente della Commissione europea, il lussemburghese Jean-Claude Juncker, che ha avuto il toupet di affermare che «i disertori non verranno accolti a braccia aperte» (N.B.: i disertori sarebbero naturalmente i cittadini britannici che dovessero decidere di uscire dalla bolgia dell’UE. Per chi non fosse cognito di affari militari va ricordato che i disertori, in tempo di guerra, correvano il rischio – se ripescati e portati a giudizio – della condanna a morte per fucilazione. Domanda a Jean-Claude Juncker: quale pena meriterebbero invece gli ubriaconi come lui che «la fanno fuori dal vaso»? A parte ogni altra considerazione, è singolare che il presidente della Commissione Europea nonché ex premier dello Stato fantasma del Lussenburgo, utilizzi un tale linguaggio da Corte marziale, degno – che so io – del generale Foch o del generale Cadorna, che comandarono le truppe francesi rispettivamente italiane in quel macello che fu la prima Guerra mondiale! Si sintonizzi meglio con la Merkel e con Hollande, che più o meno negli stessi giorni – commemorando il centesimo anniversario della battaglia di Verdun – hanno invece esternato un elogio della pace e della collaborazione continentale, secondo loro resa possibile dall’Unione Europea, dicendo peste e corna degli Stati nazionali e del loro nazionalismo che non portò altro che guerre e sciagure. Anche Merkel e Hollande sono andati secondo me un po’ sopra le righe, perché gli Stati nazionali non hanno rappresentato solo guerre e tragedie, anche se è vero che nel 1914 una classe politica non all’altezza della situazione si lasciò intrappolare dalla retorica nazionalista e non seppe evitare una guerra che avrebbe potuto essere evitata. E che fu l’inizio di tutte le sciagure del secolo appena trascorso.)
Mi permetto di avere dei dubbi su quanto affermato da Schäuble: non credo che, nel caso prevalesse il Sì all’uscita dall’UE, quest’ultima potrebbe permettersi di chiudere la porta in faccia alla Gran Bretagna negandole addirittura quanto finora concesso alla piccola Svizzera! Figuriamoci: l’UE forse andrebbe come un mendicante a Londra pregando quest’ultima di degnarsi di mantenere alcuni accordi economici con l’Unione, perché la rottura degli stessi nuocerebbe di più alla rimanente UE (e soprattutto a Eurolandia) che non all’uscente Regno Unito! Anzi l’UE rischierebbe di disintegrarsi, perché la decisione di Londra potrebbe essere imitata da altri Paesi; per evitare tale rischio, i dirigenti dell’UE dovrebbero diventare un po’ più pragmatici e orientarsi nella direzione di un ripensamento di alcune scelte politiche stupidamente centralistiche sostenute finora. Ma questo non sarebbe una catastrofe – come i massmedia leccapiedi, pure da noi, paventano – ma anzi sarebbe un’occasione per reimpostare l’UE su basi un po’ più democratiche e con maggior rispetto dei cittadini e dei vari Paesi che la compongono.
Purtroppo, stando a quanto dicono i pronostici, probabilmente il Brexit non passerà: l’elettorato britannico forse non è così smaliziato come noi svizzeri (perché è meno abituato a campagne referendarie) e ha un fondo di fiducia nell’autorità che gli impedisce (o impedisce a una frazione decisiva di esso) di revocare in dubbio quanto affermano in coro Governo, partiti, associazioni economiche, chiese (sì, ci si sono messe anche le chiese)! Beninteso, se vincesse il Brexit sarebbe una lieta sorpresa, che deporrebbe a favore dell’autonomia di giudizio dei cittadini britannici, che non si sarebbero lasciati impaurire dai predicatori di sventure.
A ben guardare, le possibilità della Svizzera di resistere a lungo andare alle pressioni concentriche dell’UE e dei «servitori nostrani» della stessa, dipendono però (in una certa misura) dal voto di domani in Gran Bretagna. L’uscita della Gran Bretagna dall’UE sarebbe una potente sponda per il nostro Paese, perché spazzerebbe via tutta la retorica dei profeti di sciagure e faciliterebbe la nostra via indipendente. E naturalmente i fatti dimostrerebbero poi, sull’arco di qualche anno, quanto già dimostrarono per la Svizzera dopo il No allo Spazio Economico Europeo nel 1992: cioè che l’economia britannica non sprofonderebbe e che a medio termine avrebbe buone chances di cavarsela meglio dell’Eurozona; vi potrebbero essere delle perturbazioni monetarie e un po’ di incertezza economica sul breve termine, ma a medio termine – come diceva l’economista Kurt Schiltknecht recentemente sulla «Weltwoche» – i valori su cui si basa tradizionalmente la Gran Bretagna dalla Thatcher in poi dovrebbero essere premianti rispetto allo scenario della permanenza nel carrozzone europeo. Per quanto riguarda la Svizzera, d’altra parte, il Brexit sarebbe una benvenuta e potente cura ricostituente psicologica. Anche a noi (anzi: soprattutto a noi) sul breve termine un Sì al Brexit potrebbe causare qualche perturbazione: rialzo del corso del franco in primis. Ma a medio e lungo termine ci darebbe maggior fiducia e maggior spazio di manovra. Che persino la ex ministra degli Esteri Micheline Calmy-Rey lo abbia capito, depone prima di tutto a favore della sua intelligenza (e contro quella del suo successore alla testa del DFAE), ma dimostra anche che trattasi di un’evidenza che qualsiasi persona non prevenuta e non succubizzata dalla paura delle pressioni europee ha ormai capito. Solo certi consiglieri federali – che si rivelano essere vieppiù una selezione in negativo della media dei cittadini svizzeri – e certi ambasciatori e giornalisti non l’hanno ancora capito.
Questa verità resterà valida, sia ben chiaro, anche se il Regno Unito dovesse decidere di restare nell’UE. Se vi resterà, significherà unicamente che i cittadini britannici si saranno lasciati condizionare dalle pressioni mediatiche e dalla codardia di un certo establishment economico, che teme svantaggi a breve termine per il proprio borsello. Nondimeno, per timore di perdere la battaglia, i pro-UE sono probabilmente ricorsi a una canagliata, riconoscibile come tale a prima vista: alludiamo all’omicidio della parlamentare laburista per mano di uno squilibrato con idee (così si è scritto) di estrema destra e anti-immigrati, che secondo i sondaggi avrebbe riportato in vantaggio i fautori della permanenza nell’UE. Diciamo probabilmente, perché ovviamente un semplice cittadino come me non è in condizione di ricercare e portare le prove dei propri sospetti. E tuttavia questo omicidio ha tutte le apparenze delle saloperies che portano la firma dei servizi segreti o di polizia deviati, in quanto avviene stranamente al «momento giusto»; e soprattutto, ovviamente, poteva tornare utile solo a chi si oppone al Brexit. Già gli Antichi si chiedevano di fronte a certi avvenimenti, delitti, ecc. : «Cui prodest? » (A chi gioverà?). È una domanda che dopo più di due millenni non ha ancora perso di attualità…..
Una vittoria del No a Brexit significherà anche che la Gran Bretagna non ha più quella fiducia in sé stessa che la fece grande per secoli, ma che uscì intaccata nei fatti dalla distruttiva vittoria nella Prima e poi ancor di più nella Seconda guerra mondiale, per poi ricomparire parzialmente a partire dal 1980 con la Thatcher e i suoi successori. (In effetti, la vittoria del 1945 fu per certi aspetti per la Gran Bretagna una «vittoria di Pirro» – dal nome del re dell’Antichità che vinse qualche battaglia contro i Romani ma alla fine fu sconfitto -, cioè una vittoria apparente. La II guerra mondiale in effetti fu vinta dagli Stati Uniti e dall’Unione Sovietica, che difatti imposero presto i loro desiderata, a cominciare dalla decolonizzazione. E dopo qualche anno il Regno Unito dovette abbandonare il suo glorioso Impero. Fu una grande sciagura e lo vediamo bene oggi, quando l’incapacità dei Paesi africani e anche di altri Continenti a gestirsi in modo decente, provoca esodi epocali verso l’Europa… Naturalmente USA e URSS non imposero la decolonizzazione per idealismo e altruismo, ma perché intendevano sostituirsi ai Francesi e agli Inglesi nello sfruttamento economico di tali Paesi. Ma a differenza di Inglesi Francesi e anche Italiani*, americani e sovietici non portarono nessun apporto civilizzatore, ma misero in mano il potere a cricche di fantocci corrotti – alla merce’ di interessi stranieri e con il conto in banche europee – dei quali tutti hanno potuto vedere l’operato.)
*Se c’è per esempio in Eritrea qualcosa di solido e in ordine è ancora quanto è stato lasciato in eredità dalla colonizzazione italiana.
Paolo Camillo Minotti