Presentiamo qui l’interessante lettura che il deputato comunista Massimiliano Ay fa dei recenti e sanguinosi fatti di Turchia. Un’intervista di Costanza Naguib.

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Costanza 2Costanza Naguib  Cos’è successo in Turchia? Si tratta di un «complotto» degli Stati Uniti, oppure di un movimento autonomo nato all’interno dell’esercito?

Ay 400 (2)Massimiliano Ay  Nella misura in cui questa insurrezione non ha visto fra i protagonisti le massime cariche militari che sono anzi state sequestrate proprio dai golpisti, appare chiaro che il colpo di stato militare è stato promosso da una fazione interna sia alle forze armate sia ad altri settori della società che hanno però ricevuto almeno inizialmente un nulla osta esterno. Non condivido insomma la tesi complottista secondo cui sia stato Erdogan stesso a inventarsi il golpe: benché l’organizzazione dello stesso possa sembrare maldestra, le analisi bisogna farle basandosi sui dati materiali. E i fatti testardi della recente vita politica turca sono chiari: Erdogan aveva iniziato una svolta soprattutto sul piano geopolitico, che cozzava contro (o perlomeno infastidiva) gli interessi degli Stati Uniti, dell’Unione Europea e della NATO nella regione. Già in febbraio, il quotidiano dell’opposizione laica Aydinlik, avvertiva del rischio di un putsch da parte delle correnti più filo-atlantiche dell’esercito, e ancora due settimane prima dell’effettivo tentato golpe lo stesso giornale aveva previsto che entro settembre Erdogan sarebbe stato sostituito alla guida del Paese visto la sempre maggiore insofferenza nei suoi confronti da parte di settori delle cancellerie occidentali e del mondo finanziario. Perché Erdogan ha fatto arrabbiare l’Occidente? Tutti parlano solo delle scuse a Putin per l’aereo abbattuto. E’ un fatto assolutamente importante, ma in realtà c’è molto di più. Ad esempio l’epurazione del premier Davutoglu, seguace della setta di Fetullah Gülen e notoriamente vicino agli USA. Da tempo, poi, ex-ministri, generali in ritiro e dirigenti politici vengono ricevuti dal presidente siriano Assad per discutere sulle modalità di normalizzazione delle relazioni fra i due paesi senza che Erdogan reagisca, ad esempio reprimendo queste mosse. Inoltre esponenti di spicco dello stesso partito governativo AKP, come il sindaco di Ankara, si stanno aprendo al discorso a favore dell’Eurasia, il che significa stravolgere i piani geopolitici previsti da Washigton. E non da ultimo citerei il processo-farsa “Ergenekon”: fra il 2006 e il 2014 erano stati arrestati centinaia di ufficiali laici dell’esercito e politici di tendenza kemalista e comunista. Tranne il mio Partito, nessuno si indignò per loro: né l’UE, né gli USA, né Amnesty International, né il Partito Socialista Svizzero, ecc. E questo perché indebolire la corrente laica e patriottica dell’esercito e della società era fondamentale per rendere la Turchia sempre più subalterna all’Occidente e alla stessa UE. Oggi questo gioco s’è inceppato: queste persone sono state liberate edtutti i giudici legati alla setta eversiva che le aveva condannate ingiustamente sono state sospesi in questi giorni. Erdogan è migliorato? No, resta sempre la persona ambigua e reazionaria che era in passato, ma oggi i media lo demonizzano come non mai solamente perché ha epurato dall’amministrazione turca quegli ufficiali, quei giudici e quei burocrati legati all’atlantismo.

Che cosa succederà adesso? Gli arresti e le sospensioni andranno avanti a oltranza? Cosa ci si può aspettare da Erdogan?

MA  La repressione dello “stato profondo” gülenista molto probabilmente continuerà. Basti pensare che già 16 anni fa il quotidiano Aydinlik – citando fonti della sicurezza nazionale turca – denunciava come vi fossero solo nell’amministrazione statale 200mila infiltrati della setta islamista di Fetullah Gülen. Verosimilmente quella cifra si è moltiplicata in questi ultimi anni. E teniamo presente che in Turchia ci sono meno di 2 milioni di funzionari in senso stretto. Una frazione enorme quindi dello Stato era di fatto controllata dagli Stati Uniti! Erdogan ha deciso di reagire principalmente contro di loro. Il rischio è che Erdogan per accentrare ulteriormente il suo potere possa estendere la repressione contro settori dissidenti ma che nulla c’entrano con il gülenismo e con il golpe, ma di questa possibile involuzione per ora non abbiamo informazioni.

Ora che la Turchia ha praticamente sospeso i diritti umani, le relazioni Svizzera-Turchia cambieranno? In che misura?

MA  Prima di tutto chiariamo quando accaduto. In Turchia non c’è stato un “semplice” attentato terroristico, bensì una moltitudine di attentati che potevano portare il paese direttamente al caos! Hanno tentato di assassinare il presidente della Repubblica con l’ammutinamento di una parte delle forze armate, hanno sparato sulla folla di civili, hanno bombardato il parlamento, e per rifornire gli aerei militari golpisti è stata usata un base militare NATO, addirittura avevano allestito una lista di centinaia di persone da giustiziare qualora il golpe avesse avuto successo. Vorrei che si capisse che non era una bagattella qualunque: era un colpo di stato, cioè una situazione che poteva degenerare facilmente persino in una una guerra civile! Se succedesse una cosa simile da noi, nell’Europa dei diritti umani, probabilmente ci verrebbe imposto non lo stato di emergenza, ma direttamente lo stato di assedio e non si parlerebbe neanche di deroga sulla convenzione dei diritti umani!

Ma anche qui, sui diritti umani, lasciatemi dire che finora – e lo ripeto: finora! – la reazione di Erdogan non ha colpito le organizzazioni estranee alla strategia della tensione: i movimenti comunisti – di solito i primi a finire massacrati come abbiamo visto nel recente golpe in Ucraina – non sono stati toccati; i partiti di opposizione non sono stati toccati, anzi vi è stata una manifestazione dei socialdemocratici del CHP a cui Erdogan ha inviato una delegazione del suo partito; i sindacati di sinistra non sono stati chiusi; i giornali laici non sono stati censurati; ecc. La repressione sta riguardando almeno per ora unicamente quelle strutture legate alla setta di Fetullah Gülen, che proprio “pacifista” ha dimostrato di non essere. Io non so se Erdogan in seguito deciderà di reprimere tutti indiscriminatamente, certo il rischio esiste conoscendo il personaggio molto ambiguo, tuttavia a onor del vero finora questo non è successo.

In altre fase storiche sarei stato io il primo a chiedere che la Svizzera potesse arrivare a richiamare l’ambasciatore e a interrompere le relazioni diplomatiche con Ankara, ad esempio quando vi fu la terribile repressione di Gezi Park nel 2013. La Turchia però oggi sta facendo tre cose fondamentali per chi, come me, utilizza il marxismo come metodo di analisi: 1) la Turchia sta lottando contro una setta eversiva molto potente della galassia del fondamentalismo islamico presente in tanti paesi; 2) la Turchia sta riguadagnando la sua sovranità nazionale rispetto ai diktat dell’UE, della NATO e quindi degli USA; 3) la Turchia si sta aprendo all’area euro-asiatica (Russia in primis), il che potrebbe aiutare il processo di pace in Siria ed indebolire la presenza imperialista nella zona. Insomma oggi ci sono molte contraddizioni nella società turca e queste forniscono delle chance per un mutamento degli equilibri geopolitici finora sotto controllo americano: non sono naturalmente delle sicurezze e quindi non bisogna illudersi, ma nemmeno escluderle a priori!

Rompere le relazioni diplomatiche con la Turchia in questo preciso momento, come alcune forze politiche di destra ma anche di sinistra, stanno chiedendo al Consiglio Federale, significherebbe di fatto sostenere la legittimità delle forze golpiste, dando al nostro Paese un’immagine di subalternità agli Stati Uniti e alla NATO. La Svizzera ha invece ora più che mai interesse a mantenere fede alla sua neutralità e alla sua indipendenza, guardando a sua volta a forme di cooperazione verso l’area euro-asiatica e i paesi BRICS, come forse – speriamo – farà la Turchia.

Sembra che i cittadini turchi residenti in Svizzera siano stati “minacciati” di ritorsioni se sosterranno Gülan. Si tratta di una minaccia vuota o effettiva?

MA  Chi non ha relazioni con la setta gülenista non credo si senta coinvolto: io stesso, che sono un oppositore di Erdogan e ho manifestato in varie occasioni contro di lui proprio in Turchia, non ho particolari timori e sto programmando una mia visita nel paese per il mese prossimo. Se Ankara ha dei sospetti su cittadini turchi residenti in Svizzera direttamente o indirettamente coinvolti con il colpo di stato o con altre attività eversive deve presentare i dossier per le rogatorie a Berna: altre misure unilaterali sarebbero illegali.

Il fallito colpo di stato e la conseguente repressione come modificano le relazioni della Turchia con i paesi dell’Unione Europea? E con la Svizzera?

MA  Sulle relazioni con il nostro Paese mi sono già espresso. Sulle relazioni con l’UE mi limito a dire quello che affermo per la Svizzera: la Turchia è una repubblica sovrana e non deve ricevere diktat da Bruxelles o da altri centri di potere imperalista. Se l’UE desidera rompere le relazioni economiche e politiche con Ankara faccia pure, farà un ulteriore autogol (e dopo il Brexit non è consigliabile): l’UE pensa di essere il centro dell’universo, invece è un mondo in declino. Si badi bene che già oggi i principali partner commerciali della Turchia – esclusa la Germania – non stanno in Occidente: sono Russia e Cina, con altri paesi dell’Eurasia. La Turchia economicamente sta a est, ma politicamente sta ancora a ovest. Questa contraddizione deve terminare e il ruolo dei nostri compagni in Turchia è insistere affinché la società turca si incammini su questa via.

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