Riceviamo e volentieri pubblichiamo, non senza osservare che questo batti e ribatti assomiglia sempre più a un dialogo tra sordi.

Il Maggi-pensiero (sul quale non ci esprimiamo) è evidente. La situazione del lavoro nel Ticino è normale ma ci sono delle forze politiche che, per fini elettorali, inducono e aizzano i cittadini a credere l’esatto contrario.

Gli UDC, notevolmente incavolati, contrattaccano: “Chi sono i tuoi collaboratori? Guardati attorno!” Noi non sappiamo e, per prudenza, ci asteniamo.

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MaggiUn bel tacer non fu mai scritto, e anche questa volta Rico Maggi (direttore dell’IRE) proprio non ce l’ha fatta a non proferir parole che sanno di fumo negli occhi. Il buon Maggi ha infatti dichiarato per mezzo stampa che “in Ticino si accentuano i dati occupazionali per fini politici (…) Il Ticino trae vantaggi dalla vicinanza della cultura imprenditoriale italiana, più abituata a gestire momenti difficili, che nel resto della Svizzera dove ci sono atteggiamenti più standardizzati. In Ticino ci si butta, si affrontano le crisi con maggior determinazione, all’italiana”.

È bene ricordare che per fare una valutazione realistica ed esatta, si devono analizzare tutti i dati, cosa che l’accademico forse non ha fatto. Come Vitta e Regazzi, pure Maggi non si basa sui dati ILO ma solo su quelli esposti dalla Seco. Ancora una volta si tenta di rendere il pantano del lavoro ticinese limpido come un ruscello di montagna ma così non è. La situazione lavorativa del nostro cantone è piuttosto grave, la sicurezza di avere un lavoro per un ticinese non è più garantita. Per questo motivo abbiamo proposto l’iniziativa “Prima i nostri” ben consci che non si potrà debellare del tutto la piaga dei lavoratori frontalieri, ma almeno di arginarla. Come? Con la preferenza indigena ed evitando il dumping salariale. Argomenti che nemmeno il controprogetto riesce a proporre in modo efficace. Per questo motivo evitate di credere alle solite sirene ammaliatrici ma votate sì a Prima i Nostri.

Le dichiarazioni di Maggi appaiono però giustificate andando ad analizzare la composizione del suo staff che occupa, in grandissima parte, collaboratori stranieri e frontalieri. Lui critica la politica che accentua i dati occupazionali per fini politici, noi gli consigliamo di guardare a casa propria e di chiedersi se la critica non debba essere rivolta in prima battuta a lui. Ricordiamo infatti che l’IRE beneficia di importanti risorse pubbliche e che non è particolarmente attenta alle esigenze occupazionali del Ticino.

UDC Ticino