(fdm) Secondo me questa è la tipica situazione in cui vincerà il “voto di tendenza”. Tale fenomeno si produce quando il cittadino si irrita contro chi dottamente gli spiega che “il margine di manovra è nullo” eccetera eccetera eccetera. Ci sono precedenti illustri al riguardo.

Il cittadino allora sceglie il “voto di tendenza” perché si convince che coloro i quali proclamano “non si può far nulla!” in realtà non vogliano fare nulla.

Sospettano a torto? Può darsi, ma non ne sarei così sicuro.

 * * *

PaganiSul principio a base di questa iniziativa, ovvero l’agevolazione dell’inserimento dei ticinesi nel mercato del lavoro locale, sono tutti d’accordo. Credo sia giusto affermare che il cittadino di una nazione abbia più diritto di trovare lavoro nella stessa rispetto ad un frontaliere. Come far sì però che ciò avvenga? Il prossimo 25 settembre ci verranno date due soluzioni, tra cui noi come popolo dovremo scegliere la “migliore”.  Ognuno ha la propria opinione, che cerca di far valere sulle altre, attraverso quell’arte che un tempo chiamavano oratoria. Oltre alle parole esistono però i fatti. L’oratoria è un’arte che si basa sulle capacità dell’oratore più che sulla forza delle sue argomentazioni. I fatti invece – come si dice – “parlano chiaro”.

            Esempio lampante ne è questa iniziativa. Sia controprogetto che iniziativa declamano la propria soluzione come la migliore, l’unica che davvero cambierà le cose; mentre la controparte viene descritta come illusoria, inutile e poco concreta. Dando uno sguardo ai fatti, è però l’iniziativa che propone alla Costituzione ticinese modifiche inattuabili in una realtà nazionale. Mi riferisco al primo articolo, secondo cui al Cantone viene data la responsabilità di «vigilare» sui «trattati internazionali conclusi dalla Confederazione e le leggi straniere da questi eventualmente richiamate»; illudendo così i ticinesi di un potere che, nella realtà svizzera, non appartiene al Cantone.

            È sempre l’iniziativa che intende inserire nella Costituzione di uno Stato moderno del ventunesimo secolo il principio dello “standard minima”, che altro non è se non la legge del taglione usata oltre tremila anni or sono.

            E sempre l’iniziativa è quella che dopo essere stata ritenuta irricevibile, è passata in votazione popolare solo grazie al principio “in dubio pro populo”. Lo stesso professor Giovanni Biaggini – esperto di diritto pubblico all’università di Zurigo e incaricato dell’analisi de “Prima i nostri” – ha invitato alla prudenza riguardo all’iniziativa esprimendo «seri dubbi sulla possibilità di concretizzare e attuare gli obiettivi».

            Per tutto ciò che ho scritto dico dunque sì ai fatti – e al controprogetto – e NO all’iniziativa “Prima i nostri”.

Michele Pagani, membro Giovani Liberali Radicali Ticinesi