Il “pensiero del giorno” è affidato oggi alla penna del professor Franco Cavallero.
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Intendiamoci dapprima sul termine “condizionamento”. Condizionare qualcuno, secondo il Devoto-Oli, significa “metterlo nella condizione di agire in una determinata maniera”. Fin dalla nascita di ciascuno di noi, i nostri genitori l’hanno fatto. “Obbedisci!”. “Fai il bravo!”. “Non devi toccare perché è pericoloso”, ecc. ecc. Poi ovviamente con la crescita le abitudini inculcate vengono sottoposte come è giusto a un esame personale. Vi sono però certi stimoli e certi insegnamenti, espliciti e impliciti, che rimangono incollati di più. E così avviene che si diventi, per le proprietà fondamentali che formano il carattere* e influiscono sulla personalità e sulle scelte, nervosi, o sentimentali, oppure collerici, passionali, sanguigni, flemmatici, amorfi, apatici. E questa caratterizzazione variegata si vede a scuola, magari poco all’inizio perché si teme il docente e ci si uniforma. Ma la finzione non dura a lungo, e pian piano si manifestano i remissivi, i prepotenti, gli entusiasti e tutto l’ampio ventaglio dei comportamenti. L’adattamento della società a queste situazioni individuali è sempre avvenuto, nel bene e nel male, a condizione di beneficiare nel mondo educativo di guide sagge e comprensive.
I condizionamenti attuali tuttavia (a scuola “in primis” ma più tardi nel mondo del lavoro e nell’intera società), appaiono diversi, comunque in via di appesantimento. I curricoli scolastici vengono uniformati e trionfano sempre più linee generali che tengono poco conto di doti non codificate e di individualità. Faccio un esempio: nella scuola del passato, già a livello elementare, era facile che un allievo decidesse per conto suo di fare una ricerca, magari sui funghi, scoprendo il nome latino “Cantharellus cibarius” detto comunemente gallinaccio. Oppure una sui Perissodattili, semplicemente perché avendo letto questo nome sui libri di casa, aveva voluto proporre l’argomento. O ancora una ricerca sui Lingoni (“Lingones”) una popolazione della Gallia Celtica, che fu sottomessa da Giulio Cesare.
Sbaglierò, ma queste cose (e ovviamente altre consimili) saranno difficili nella “Scuola che verrà”. Innanzitutto perché il programma sarà formale e scientificamente corretto, molto rigido e definito, il più possibile con parole astruse e naturalmente con tutti i possibili, nuovi e immaginabili sussidi informatici. Poi per la prevedibile fatica dei docenti, che non sono genietti ma persone del tutto normali. E ancor più per l’assuefarsi degli allievi a una mentalità che come una grigia cappa di piombo planerà su tutto l’insieme.
Alla fine, magari, vi saranno molti promossi e pochi bocciati. Ognuno col suo bravo pezzo di carta che parlerà di competenze. Poi tutti in cerca di prospettive, tutti in fila da disciplinati soldatini davanti a uno sportello. Questo in fondo lo ha voluto lo Stato, anche se non l’ha mai detto. Lasciate delle pietre rotolare (“Rolling Stones”) e un bel giorno vedrete dove vanno a finire.
Franco Cavallero
*) René Le Senne, filosofo e psicologo francese (1882-1954), nel suo “Traité de caractérologie” (pubblicato nel 1945) teorizzò una suddivisione in 8 caratteri base, che sono appunto quelli indicati sopra.