In Turchia, ogni giorno porta il suo carico di arresti degli oppositori al regime. Tra venerdì e sabato, 11 responsabili del Partito democratico dei popoli (HDP), il principale movimento procurdo della Turchia, sono stati imprigionati, sospettati di collaborazione con le fazioni armate dei ribelli curdi.

A fine ottobre, una decina di collaboratori del giornale dell’opposizione kemalista Cumhuriyet (La Repubblica) sono stati arrestati, anch’essi accusati di sostegno ai ribelli curdi o di appartenere alla rete del predicatore Fethullah Gülen, che il governo di Ankara considera essere l’istigatore del fallito colpo di Stato dello scorso 15 luglio.

“Mentre scrivo, i miei compatrioti non possono più usare i social network per protestare. Il funzionamento di Twitter è perturbato, Facebook è inaccessibile, Whatsapp è bloccato […] La storia della Turchia sta diventando la terribile saga di una democrazia musulmana che invece di andare verso il progresso, si accontenta di un modello famigliare despotico e soccombe a un culto retrogrado della personalità – scrive il giornalista turco Asli Aydintasbas, in un editoriale pubblicato il 4 novembre dal Washington Post.

Il governo di Ankara ha giudicato “offensive” le critiche dei vertici dell’Unione europea nei suoi confronti. Il ministro turco per gli Affari europei, Omer Celik, ha giudicato “razziste” alcune prese di posizione dell’UE, e ha aggiunto : “Abbiamo segnalato ai responsabili dell’Unione europea il nostro malessere per la loro presa di posizione. Il nostro paese sta attraversando una fase molto delicata e le relazioni tra Turchia e UE sono fragili. Continuare a opporsi al governo di Ankara non è, per gli europei, una buona politica.”