passa-la-cannaPubblico questo ulteriore articolo sulla Cannabis, soprattutto per un motivo: perché spero in un alto tasso di visualizzazione (sempre importante per un portale). Se io scrivo (ne sarei capace) un meraviglioso articolo sul XXXI canto della Divina Commedia (Inferno) posso sperare di ottenere, diciamo, 17 letture. Ma se scrivo che l’onorevole XY se la spassa a letto con la top model Z, arrivo facilmente a 17.000. Così va il mondo e indignarsi non serve.

Ora, la Cannabis “tira” alla grande. Io, da quel vecchio reazionario che sono, lascerei questi temi ALLA SINISTRA. Ma, anche qui, risulta evidente che io non sono al passo con i tempi, con i progressi della politica e della società.

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sinue-2SINUE BERNASCONI   Intervistato dal Quotidiano, il deputato PLR Giorgio Galusero, già Capo della sezione antidroga della polizia cantonale, ha affermato che, essendo vicini all’Italia, la regolamentazione del mercato della cannabis provocherebbe un’invasione del nostro Cantone dovuta al fenomeno del turismo della droga. Palese obiettivo della sua uscita? Riesumare lo spettro della caotica “stagione dei canapai”, in cui migliaia di persone, provenienti da ogni dove, si riversarono in Ticino alla caccia dell’oro verde. Galusero non avrebbe potuto dipingere uno scenario più fuorviante. Non è nei piani di chi s’impegno oggi per sviluppare un progetto di regolamentazione riportare il nostro Cantone alla babele che era tra il 1996 e il 2003, quando, a causa di una falla legislativa, il Ticino si guadagnò l’appellativo di “supermercato della cannabis”. Parimenti, non intendiamo liberalizzare il mercato (come fatto da alcuni Stati USA), bensì regolamentarlo rigidamente, in modo da migliorare la prevenzione e proteggere maggiormente i più giovani. Dalla “stagione dei canapai” (de facto una liberalizzazione del mercato), invece, non ci si potevano aspettare risultati positivi in termini di salute pubblica. In questo senso, l’operazione “Indoor”, coordinata dal ferreo Procurator Perugini, ha costituito un atto necessario per far chiarezza e uscire da quella zona grigia, fatta di permissivismo e intrallazzi, che stava trascinando il Ticino in una pericolosa spirale di normalizzazione del consumo di cannabis e d’insediamento di gruppi mafiosi.

Cosa prevede, quindi, questa regolamentazione, da molti squadrata con malcelata diffidenza o grossolanamente confusa, come nel caso di Galusero, con la liberalizzazione? Nulla di nuovo in realtà. Si opterebbe per una via di mezzo tra la proibizione vigente e la totale liberalizzazione. Come lascia intendere il termine stesso, la regolamentazione ha come obiettivo quello di fare chiarezza. Si definirebbe chi, in quali circostanze e in che misura, ha il diritto di coltivare, vendere e accedere alla cannabis. Insomma, si gestirebbe questa sostanza come già oggi si fa con alcool, tabacco e farmaci.

Galusero fa poi un altro scivolone. La regolamentazione, infatti, non genererebbe il fenomeno del turismo della cannabis (quantomeno non legale), perché per accedere alla sostanza bisognerebbe soddisfare due criteri: essere maggiorenni e residenti in Ticino. In mancanza di queste condizioni i punti vendita non sarebbero autorizzati a vendere nemmeno un grammo di sostanza. Non si tratterebbe quindi di un “Prima i nostri”, come canzonava Galusero, ma di un “Solo i nostri”. Anche l’ottenimento di una speciale licenza per coltivare e vendere sarebbe subordinato all’adempimento di precisi requisiti. In aggiunta, i luoghi di produzione e distribuzione sarebbero conosciuti dalle autorità e dalle istituzioni. I controlli – ad esempio da parte delle forze dell’ordine e del laboratorio cantonale – potrebbero essere effettuati senza preavviso per verificare che tutto sia inregola e che la canapa sia trattata e coltivata conformemente agli standard sanitari e fitochimici stabiliti.

Il rimanere ancorati a una visione idealizzata di una società senza cannabis, coprendosi copiosamente gli occhi con le fette di salame, non risolve il problema. E se quasi il 60% dei giovani ticinesi (16-20 anni) dichiara di averne già fatto uso forse bisognerebbe fare qualcosa, dimostrando pragmatismo e senso di responsabilità. Non si tratta di banalizzare il consumo di cannabis, ma di trovare la miglior soluzione a un problema reale, rinunciando agli alibi dell’ideologia e della morale per giustificare l’immobilismo politico. Tanto più che la via della regolamentazione del mercato della cannabis è caldeggiata da anni da praticamente tutti gli “operatori di terreno” e dagli esperti, come lo testimoniano le prese di posizione e gli studi dell’Académie des dépendances, un panel composto da un centinaio di persone tra i massimi esperti di sostanze psicoattive a livello nazionale, e della Commissione federale per le questioni relative alla droga (CFQD). Anche da parte dell’apparato repressivo-giudiziario iniziano a levarsi delle voci, autorevoli e illuminate, a sostegno della “via di mezzo”. Olivier Guéniat, Capo della polizia giudiziaria del Canton Neuchâtel, qualche giorno or sono mi ha raccontato un curioso aneddoto. Nell’ambito di una formazione che conduce da venti anni per l’Istituto svizzero di polizia, destinata a poliziotti specializzati nella lotta al traffico di stupefacenti, ha sottoposto un breve sondaggio anonimo. Uno dei risultati che più colpisce è che l’83% dei poliziotti dell’antidroga dichiarava di essere a favore di una regolamentazione del mercato della cannabis! Anche negli USA non mancano esempi del genere. La LEAP (Law Enforcement Against Prohibition) è un’organizzazione senza scopo di lucro composta in buona parte da esponenti delle forze dell’ordine e dell’apparato giudiziario-penale. Fondata nel 2002 da cinque agenti di polizia, conta oggi oltre 150’000 membri, tra cui giudici, procuratori pubblici, guardie carcerarie, agenti dell’FBI e della DEA (Drug Enforcement Administration). Uno dei principali obiettivi della LEAP è di sensibilizzare la popolazione, i media e i politici riguardo al fallimento delle attuali politiche sulla droga… e identificare delle valide alternative.

Se anche in Ticino esponenti dell’apparato repressivo-giudiziario rinunciassero allo sterile approccio ideologico e moralista potremmo pure noi – accodandoci a Basilea, Ginevra, Berna, Losanna, Neuchâtel, Bienne, Winterthur e Lucerna – allestire un progetto pilota per contrastare i gravi problemi di salute pubblica legati alla cannabis contaminata, sintetica e con eccessivo tenore di THC. Parallelamente, si potrebbe studiare l’impatto della regolamentazione sul mercato nero ticinese, sulla sicurezza e sulla vivibilità dei quartieri sensibili nonché sul consumo nei luoghi pubblici. La valutazione scientifica che ne conseguirebbe fungerebbe poi, unita alle esperienze delle altre realtà cantonali e comunali, da solida base alle due Camere federali per varare una legge realistica, equilibrata e a beneficio di tutta la società. La recente interrogazione sottoscritta da ben 34 deputati, rappresentanti tutti i gruppi parlamentari, dovrebbe spingere il Consiglio di Stato a dar mandato al Gruppo esperti (GE) e al Delegato ai problemi delle tossicomanie (o a una Commissione ad hoc) di elaborare un progetto di regolamentazione del mercato della cannabis, sfruttando il margine di manovra concesso dalla LStup (i.e. ricerca scientifica e misure di lotta contro gli stupefacenti) e avvalendosi dei modelli elaborati dalle più insigni Commissioni elvetiche specializzate nella “questione cannabis”.

Sinue Bernasconi, membro GLRT e CIRCA