Per buona parte, i media americani non hanno preso sul serio l’ondata di collera tra la popolazione, che ha portato Donald Trump alla presidenza.

Cosa non abbiamo saputo vedere ? E’ mezzanotte quando alla CNN, il presentatore Anderson Cooper lancia la domanda fatidica : man mano che la vittoria di Donald Trump si fa evidente, lo sconcerto tra gli esperti dei sondaggi e i commentatori politici è grande. Un contrasto notevole con l’inizio della serata, quando tutti erano arrivati in televisione rilassati e sorridenti, sicuri del successo di Hillary Clinton.

Certamente, gli ultimi sondaggi della lunga campagna mostravano una ripresa netta di Trump, soprattutto dopo la riapertura, da parte del FBI, del caso delle email di Hillary Clinton. Ma comunque pochi davano Trump vincitore. Il miliardario sbruffone sarebbe stato sconfitto e sarebbe tornato a casa con la coda tra le gambe.

Molti, moltissimi elettori americani volevano un cambiamento e lo dicevano a gran voce, ma la maggior parte dei giornalisti non ha ascoltato. Invece di fare un’attenta analisi, i media hanno proiettato sull’opinione pubblica il loro disgusto per il candidato repubblicano. Non hanno mai preso sul serio chi si diceva a favore di Trump, credendo che mai e poi mai un personaggio tanto volgare sarebbe entrato alla Casa Bianca.

Paul Krugman, premio Nobel per l’economia nel 2008 e editorialista del New York Times, vede in questo grossolano errore da parte dei media il segno di un paese più che mai diviso e dove i media stanno tutti da una sola parte :

“Le persone come me, e senza dubbio la maggior parte dei lettori del New York Times, non hanno capito il paese in cui viviamo. Pensiamo che una larga maggioranza di americani rimanga attaccata alle norme democratiche e allo Stato di diritto. (…) Ma è chiaro che un gran numero di persone – soprattutto bianchi che vivono nelle zone rurali – non condividono la nostra visione dell’America.”

Diversi studi hanno dimostrato come i sondaggi delle più potenti istituzioni mediatiche tocchino solo una piccola parte della popolazione.
La maggior parte degli elettori si esprimono sui social network ed è a quelli che bisognava prestare maggiore attenzione. Donald Trump è stato il candidato perfetto per questa era tecnologica, dove l’informazione continua di Facebook & Co. valorizza meccanicamente i valori radicali e le polemiche, senza per forza penalizzare le menzogne e le esagerazioni. Un’era della “post-verità” come aveva scritto la direttrice del quotidiano britannico The Guardian, all’indomani del voto nel Regno Unito a favore del Brexit.

Negli Stati Uniti, almeno 200 giornali erano a favore di Hillary Clinton, mentre solo 6, tutti giornali regionali, sostenevano Donald Trump, secondo un’indagine del sito Politico.
Questo livello di impegno della stampa non ha comunque avuto nessun effetto sulla votazione. Di che rafforzare le dichiarazioni di Trump, quando aveva accusato i media di essere “corrotti e di parte”.