L’arrivo al potere del miliardario americano Donald Trump è un salto nel vuoto per l’insieme della comunità internazionale. La sua politica potrebbe portare cambiamenti importanti nell’ordine internazionale e rimettere in questione le basi della leadership americana. Oppure no.
E’ soprattutto verso il Medio Oriente che si dirige l’attenzione generale, una regione destabilizzata da lunghe guerre causate dagli Stati Uniti e dai suoi alleati occidentali. Qui, ogni azione degli americani ha conseguenze pesanti e influisce sui rapporti di forza tra le due maggiori potenze rivali, l’Iran e l’Arabia Saudita.
Dopo che in passato ha sostenuto – anche se oggi lui dice che non è vero – gli interventi americani in Libia e in Irak, in campagna elettorale Donald Trump ha cambiato direzione e predica l’isolazionismo.
“Porterà ancora più lontano il disimpegno degli Stati Uniti in Medio Oriente – analizza Tarek Mitri, ex ministro e direttore dell’Istituto delle politiche pubbliche e degli affari internazionali dell’università americana di Beirut, in Libano – Trump si interessa di politica estera solo nella misura in cui questa ha impatti per la politica interna americana. Con il Medio Oriente questo non è il caso.”
Più o meno accolta con piacere dai dirigenti arabi (tra cui il presidente siriano Bachar al Assad, il presidente egiziano Abdelfattah Al-Sissi e il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahou) l’elezione di Trump fa nascere tante domande, perchè lascia aperto il campo a tutte le possibilità. Tra chi è contento, vi è ovviamente anche il presidente russo Vladimir Putin.
“Donald Trump ha detto che il presidente siriano è un male minore – ricorda Karim Émile Bitar, professore universitario a Beirut e specialista del Medio Oriente e degli Stati Uniti – e non ha alcuna intenzione di sostenere i ribelli siriani. Al contrario, considera interessante un’alleanza con la Russia, perchè insieme all’Iran e al presidente Bachar al Assad, i russi combattono lo Stato islamico. Nei confronti dello Stato islamico, Trump avrebbe pronta una strategia vincente, della quale non parla, per non rovinare l’effetto sorpresa.”
Più di ogni altra cosa, la politica di Trump in Medio Oriente dovrebbe essere determinata dalla sua futura relazione con Vladimir Putin. Se il loro rapporto sarà buono, è verosimile che Trump non interverrà contro il regime siriano e lascerà agire Putin come meglio crede.
Se si avvicina ai russi, di riflesso Trump si avvicina al presidente siriano. Invece ha criticato l’Iran, paese alleato del governo di Damasco e della Russia, promettendo che imporrà nuovi negoziati sul nucleare. Gli analisti si chiedono come farà il nuovo presidente americano a preservare un buon rapporto con i russi e i siriani, se maltratta il loro alleato iraniano ?
In Israele, il premier Benyamin Netanyahou si è detto contento della vittoria di Trump e lo ha definito “un amico”. In campagna, Trump aveva promesso che resterà neutrale nel conflitto israelo-palestinese, ma poi ha anche parlato di un chiaro sostegno a Israele, proponendo di portare a Gerusalemme la capitale dello Stato ebraico. Il ministro israeliano dell’educazione, Naftali Bennett, si è detto felice dell’elezione di Trump : “Per noi significa che non vi sarà nessun Stato palestinese.”
Tutto questo si basa sulle dichiarazioni di campagna elettorale di un candidato che ha detto tutto e il contrario di tutto. Niente garantisce che il presidente Trump sarà uguale al candidato Trump.
(Fonte : lorientlejour.com)