È questione di coraggio e di lungimiranza 

AmandaPer diversi anni il sistema fiscale elvetico è stato favorevole per l’insediamento di società internazionali che hanno la loro attività principale all’estero, grazie ad importanti agevolazioni fiscali concesse alle cosiddette società a statuto speciale. Per questo nel nostro Paese si trovano oggi molte aziende attive a livello internazionale che beneficiano di un’imposizione fiscale ridotta, ma in grado di generare innegabili ricadute positive sull’intera economia svizzera. Si parla di 24’000 aziende per circa 150’000 impieghi e oltre 5 miliardi di franchi di imposte. In Ticino si tratta del 4% delle aziende, che impiegano oltre 3000 dipendenti, che pagano il 20% del gettito fiscale delle persone fisiche e che intrattengono importanti relazioni commerciali anche con le nostre PMI locali. Si tratta di società estremamente mobili, che mirano ad avere la loro sede laddove le condizioni quadro siano a loro più favorevoli. In altre parole, senza privilegi fiscali sarebbe molto probabile che le citate aziende non si sarebbero mai insediate in Svizzera.

Sia chiaro, la Svizzera non è l’unico Paese al mondo a consentire agevolazioni fiscali ad aziende di questo tipo e la concorrenza internazionale è quindi molto forte. L’OCSE e l’UE hanno però detto basta: queste pratiche fiscali vanno abolite al più presto e dal 2019 non saranno più compatibili con gli standard internazionali. Le conseguenze in caso di non adeguamento ai nuovi standard internazionali consisterebbero in pesanti ritorsioni economiche nei confronti del nostro Paese. Siamo alle solite: ricatti su ricatti da parte dei più forti, che vittime della crisi economica da loro stessi generata, cercano ogni stratagemma per far riemergere capitali e realtà economiche emigrate verso realtà che consentivano loro uno sviluppo migliore. Ma è inutile piangersi addosso, si cambia e si cerca di trovare soluzioni positive e propositive, che permettano al nostro Paese di restare attrattivo e concorrenziale sul piano fiscale internazionale.

Per questa ragione la Svizzera ha dovuto rivedere l’imposizione delle imprese, elaborando una serie di condizioni quadro che consentiranno una crescita positiva della nostra economia, di mantenere attrattiva la piazza fiscale svizzera, posti di lavoro, evitare la partenza di società internazionali ed addirittura permettere l’insediamento di nuove aziende e di generare quindi ricchezza. Le misure elaborate dalla Confederazione e dal nostro Cantone in particolare sono mirate e permetteranno il generarsi di importanti benefici anche e soprattutto per le nostre piccole medie imprese e quindi per la cittadinanza tutta. Strumenti come per esempio la tassazione degli utili da brevetti su una base ridotta (il cosiddetto “patent box”), le deduzioni delle spese di ricerca e sviluppo e per le imprese con un elevato capitale proprio sono chiaramente maggiormente indicate per le grandi aziende attive a livello internazionale. Ma la riduzione dell’imposta sull’utile, il versamento di 1.1 miliardo all’anno in più ai Cantoni da parte della Confederazione, oltre alle misure di accompagnamento studiate dal nostro Cantone di carattere sociale e volte a favorire la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione, si tradurranno a medio termine in chiari messaggi positivi per l’intera economia.

Gli statuti speciali devono quindi essere aboliti, ciò che sul breve termine si tradurrà in una riduzione del gettito fiscale, ma occorre essere lungimiranti e grazie alle misure di accompagnamento che sono state elaborate da Confederazione Cantone, la competitività del nostro Paese può essere garantita, se non addirittura migliorata. In sostanza, sul medio termine con la riforma avremo rispetto ad oggi un aumento delle imposte pagate da parte delle aziende attive a livello internazionale e una riduzione per le PMI. Inoltre, secondo le proiezioni del Consiglio federale, si ipotizzano maggiori entrate per il Ticino grazie ad una revisione della perequazione finanziaria. Nel 2025 infatti nelle casse del nostro Cantone potrebbero arrivare fino a 50 milioni in più.

Un piano B non esiste: la semplice eliminazione degli statuti sociali senza misure di accompagnamento metterebbe in grave pericolo la sopravvivenza dell’intera economia del nostro Paese. Nemmeno i contrari alla riforma riescono ad indicare soluzioni plausibili. Votare no alla riforma è dunque estremamente pericoloso, mentre votare sì è sintomo di lungimiranza e di capacità di andare oltre ai meri calcoli di contabilità immediata. La riforma III delle imprese è necessaria: le misure elaborate dalla Confederazione permetteranno la creazione di posti di lavoro, benessere e ricchezza. Le misure elaborate dal nostro Cantone invece gli consentiranno di restare competitivo nel confronto intercantonale.

Amanda Rückert
Deputata Lega dei ticinesi in Gran Consiglio.