2017

Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori, le cortesie, l’audaci imprese io canto, che furo al tempo che passaro i Mori d’Africa il mare, e in Francia nocquer tanto 

… Da dove cominciare? L’universo Ariostesco si propaga all’infinito, nel circolare e spirale mondo dello storico, del meraviglioso, dell’epos e degli amori… e a parlarne non si rischia mai il banale. Ogni volta, infatti, è una nuova scoperta.

Tutti sanno del furor d’Orlando e dell’amore di questi per la bella Angelica. Nessuno (o quasi) ad esempio sa degli amori della principessa di Scozia Ginevra e Ariodante, dell’inganno di Dalinda e Polinesso e dell’aiuto ai due innocenti amanti del cavalier Rinaldo.

E Rinaldo, guarda caso, sarà il primo eroe del successore d’Ariosto, Torquato Tasso che a sedici anni comporrà un primo poema celebrante le Crociate e auspicante a quella Lepanto che poi avverrà, chiamato appunto Il Rinaldo.

Ariosto, a sua volta, riprende il poema in medias res, da dove Matteo Maria Boiardo lo aveva interrotto, lasciando il suo pubblico (sempre ferrarese) col fiato sospeso. Poiché il poema cavalleresco non nasce per essere compiuto, ma per donare ogni volta emozioni nuove e narrare sempre un’avventura inedita. Un po’ come recentemente e con successo hanno fatto i produttori della serie TV Merlin (BBC, 2011) che offre un surplus di avventure alla corte d’Artù. Artù, che all’Ariosto piaceva tanto. Tanto da compendiarlo al mondo di Carlo Magno. E qui sta la genialità del Poeta. Portare avanti storia, tradizione, mito, leggenda, cavalleria, amore, avventura. E slanciarlo sino ai giorni nostri. Poiché oggi, a distanza di 500 anni dalla prima pubblicazione dell’Orlando Furioso, Ariosto parla ancora ai cuori degli uomini, offrendo uno specchio dell’umanità soggiogata nel dolce capriccio della fortuna, che ricerca quel vago ed indefinito elemento capace di elevarla. Brillante, spettacolare, modernissimo e conservatore Ariosto.

La bella terra che siede sul fiume, come Ariosto chiama Ferrara, per l’appunto, accoglie i turisti con amoroso garbo. Palazzo dei Diamanti racchiude al suo interno il diamante dell’anno: reperti che vengono da tutt’Europa, e anche da Oltreoceano.

Ticinolive ve li mostra così,  poiché parole comuni non rendono emozioni singole. O meglio, solo l’Ariosto ci riuscì.

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Il cerchio e il labirinto. Componenti empiriche dell’Orlando Furioso. A sinistra una cornice per specchio con simbologie e stemma dei Gonzaga; a destra un giovine che avrebbe potuto vivere nell’universo ariostesco. Bartolomeo veneto, ritratto di gentiluomo, 1510-15 ca.
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Arma virumque cano. Così Virgilio inizia l’Eneide. Le donne, i cavallier, l’arme gli amori. Così Ariosto inizia l’Orlando, ispirandosi a Virgilio, ma introducendo le donne. Già nell’incipit.
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Donne guerriere, donne sensuali. Angelica, Olimpia. Ariosto si ispira al duplice ideale femminile cinquecentesco. a sx, Giuditta con la testa di Oloferne, Vincenzo catena, 1525, a destra il capolavoro di Tiziano. “Donne capaci di far girar la testa a un cardnale dell’Inquisizione” dirà scherzoso l’Aretino.
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Medioevo e Classicità. a sinistra il Marte della cattedrale di Sam Giorgio, nelle vesti d’un cavaliere medioevale, a destra un fregio rinascimentale copia di un originale romano. In Ariosto classicità e cavalleria si compendiano in un unico slancio.
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Suonate il vostro corno, Rolando! Se l’udirà Carlo… Il Corno di Roncisvalle. Secondo la tradizione, questo antico corno proveniente da Tolosa, ricavato da una zanna d’elefante (Olfant, in francese antico) sarebbe il corno suonato in estremo da Rolando/Orlando morente, a Roncisvalle, nel 778 d.C.
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Storie di Spade. A sx una spada araba, che la leggenda vuole appartenuta a Boabdil, ultimo tiranno islamico di Spagna. A dx la spada di Francesco I re di Francia, sottratta dagli Spagnoli durante la battaglia di Pavia, 1525, e riottenuta da Napoleone.
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Autentica armatura del XV secolo. I cavalieri, Ariosto, li vedeva così. (Come, d’altronde, li vediamo noi.)
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Per rappresentare la Luna i curatori hanno scelto un’autentica palla di bronzo, proveniente dall’obelisco vaticano, che secondo la tradizione, contenne le ceneri di Giulio Cesare. le ammaccature che riporta, furono dovute ai cannoni dei Lanzi durante il sacco di Roma del 1527.
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Il capolavoro di Andrea Mantegna. Minerva (col volto di Isabella d’Este) scaccia i vizi dal giardino delle virtù. 1497-1502.
archibugio
Cavalleria vs modernità. Un autentico canto manoscritto dell’Ariosto, dove Orlando getta l’archibugio nel fiume. Turpe arma, dice l’Ariosto, poiché permette a un vile d’uccidere un prode.
giorgione
Giorgione, ritratto del Gattamelata, 1581. Rappresenta l’ideale di cavaliere, prode e sognante, di Ariosto.
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Eclatante arazzo della battaglia di Pavia (1525), nella quale Francesco I cadde da cavallo.

Il filo conduttore della mostra si snoda più su un livello concettuale che settoriale, ed in fondo è proprio quel  che Ariosto avrebbe voluto. Slanciarsi, dalle pagine di un libro, dai versi perfetti del suo poema, sino all’infinito dell’eternità dei mondi, in un felice connubio tra presente ed eterno, fugacità e immortalità. Poiché la Cavalleria, come l’arte, è proprio questo, ed Ariosto lo sapeva bene. Ideale d’amore e di lotta di sogno eterno.