Nel romanzo di fantascienza “A case of conscience” di James Blish (“Guerra al Grande Nulla”) padre Ruiz-Sanchez si convince che un lontano pianeta, Lithia, popolato di strani rettili, è un’entità puramente maligna, una creazione del Diavolo. Nel gran finale del libro il sacerdote scaglia il suo esorcismo contro il pianeta maledetto.

NOTA. Il termine “Grande Nulla” indica il Demonio, il principio del Male. Egli è nulla, poiché secondo la teologia il male è soltanto “non essere”, assenza di realtà. Ma è nel contempo “grande”, per il suo potere smisurato e terribile.

E là, su Lithia, c’era Cleaver, agente del Grande Nulla, condannato allo scacco; l’impresa stessa a cui stava ponendo mano per il servizio dell’Avversario era in procinto di distruggere tutta la sua opera. Il bastone di Tannhauser era fiorito: “Questi sono i frutti caduti dall’albero della scienza del bene e del male.”

Ma mentre Ruiz-Sanchez si alzava, con sulle labbra le fiammeggianti parole di Gregorio VII, egli esitò ancora. E se si fosse sbagliato, dopo tutto? Se Lithia fosse stata veramente il Paradiso Terrestre e il Lithiano cresciuto sulla Terra proprio il Serpente ad esso destinato?La voce del Grande Nulla, che mormorava le sue ultime menzogne. Ruiz-Sanchez alzò la mano. La sua voce tremante echeggiò nell’oscura caverna dell’osservatorio:
– Io, sacerdote di Cristo, ordino a voi, spiriti malvagi, che agitate queste nuvole…
– Che cosa? Per carità, state zitto – disse l’uomo dell’ONU, irritato. Gli altri lo stavano fissando sbalorditi, e negli occhi di Liu si leggeva lo sgomento. Solo lo sguardo del conte era consapevole e solenne.

– … di ritirarvi da esse e disperdervi in luoghi selvatici e deserti, onde non possiate più nuocere né agli uomini né agli animali, né alle piante né a cosa alcuna che sia stata concepita per il servizio dell’uomo.
E tu, Grande Nulla, stupido e lubrico, tu, Scrofa Stercorata, nero spìrito del Tartaro, io ti scaglio, o Porcarie Pedicose, nell’infernale cucina.
Per l’Apocalisse di Gesù Cristo, che il Signore ha inviato ai Suoi servi per far loro conoscere le cose che stanno per essere; e che Egli ha significato, inviando il Suo Angelo; io ti esorcizzo, Angelo della Perversità:
Per i sette candelieri d’oro e per quello che è come il Figlio dell’Uomo, ritto in mezzo ai candelieri; per la sua voce, come la voce di molte acque; per le sue parole “Ecco, son vivo, io ch’ero morto; e vivrò sempre e sempre; e ho le chiavi della morte e dell’Inferno”; io ti dico, Angelo della Perdizione: Via, VIA, VIA!

L’eco delle sue parole risuonò ancora lungamente, prima di spegnersi. Poi il silenzio lunare rifluì nella sala, interrotto soltanto dal respiro dei presenti e da un rumore come di pompe ansimanti, chi sa dove, nel sottosuolo.

E lentamente, senza il minimo suono, il pianeta circondato di nuvole, sullo schermo, si colorò di bianco. Le nubi, gli oceani, i continenti si confusero in una luminosità d’un biancore abbagliante, che parve irraggiare dallo schermo come il raggio di luce d’un riflettore e penetrare i loro volti esangui fino all’osso.

Lentamente, lentissimamente, tutto si confuse: le foreste echeggianti, la casa in porcellana di Chtexa, i latranti dipnoidi, il tronco mozzo dell’Albero Messaggero, gli allosauri selvaggi, il grande cuore pulsante del Lago di Sangue, la citta dei vasai, i calamari volanti, il coccodrillo lithiano dal procedere sinuoso, le alte e nobili creature pensanti e il mistero e la bellezza che le circondavano. Bruscamente, l’intera Lithia cominciò a gonfiarsi, a dilatarsi come un pallone…

Il conte cercò di spegnere lo schermo, ma era troppo tardi. Prima che egli avesse potuto toccare la piccola cassa di smalto nero, tutto il circuito saltò con uno scoppiettio di fusibili. La luce intollerabile svanì all’istante; lo schermo divenne nero e l’universo con esso.