Costanza, Coscienza, Volontà. Ticinolive intervista Claudio Lauretti

Claudio Lauretti

Claudio Lauretti, romano, classe ’90, laureando in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali alla Sapienza di Roma, è un noto blogger che si attua per la salvaguardia dell’ambiente e si batte per i diritti degli animali. Numerose le petizioni promosse contro pratiche quali la vivisezione e la corrida, e proficue le azioni: ogni domenica, insieme ad un gruppo di cittadini attivi, riqualifica le aree verdi romane. “Poiché un’area archeologica o verde” dice “è un bene comune. Pertanto a che giova attendere necessariamente l’intervento delle istituzioni, se possiamo agire anche in prima persona?” Costanza, Coscienza, Volontà. La redazione di Ticinolive lo ha intervistato.
Claudio Lauretti, da che cosa nascono le sue battaglie?
Dalla consapevolezza che a forza di vivere nella quotidianità ci si dimentica di ciò che si ha intorno e i danni che contribuiamo, in modo anche involontario, a generare all’ambiente e agli animali. Oggigiorno nessuno conduce battaglie serie, spesso volte soltanto a interessi economici e mondialisti. Come il recente scontro avvenuto tra Green Peace e Sea Shepherd, dove non ci si può battere contro l’uccisione delle foche, con il giubbotto di foca, per fare un esempio.
Ha denunciato più volte la vergogna europea della vivisezione, cosa sostiene, in proposito?
La vergogna è più italiana che europea. Quelle poche volte in cui l’Europa cerca di fare qualcosa di buono, l’Italia dissente. In Parlamento Italiano è infatti passato il decreto che proroga la sperimentazione animale per i prossimi tre anni, contro il quale hanno votato contro soltanto il MoVimento Cinque Stelle. Non v’era alcun motivo di prorogare una pratica arretrata di tortura perpetrata sugli animali per testare vizi umani, quali alcol, fumo e droga. Anziché studiare i modi attraverso i quali simili piaghe sociali si sarebbero potute limitare, si è scelto di incrementarle a danno di esseri viventi innocenti. Quindi doppio costo sociale.
Lupi. Si dice che siano troppi nelle zone montane e che quindi sia necessaria la caccia nei loro confronti. Cosa pensa di questa decisione? Sono a rischio di estinzione, oggi?
Fortunatamente oggigiorno i lupi non rischiano l’estinzione, ma sono vittime della mala amministrazione dell’uomo. Per vent’anni, onde prevenire il rischio d’estinzione, l’uomo aveva effettuato campagne di ripopolamento mentre ora che si sono riprodotti, propone di ucciderli. Tutto questo è assurdo. La situazione richiederebbe invece l’istituzione di riserve naturali per bilanciarne l’habitat e il numero.
La caccia come pulizia…
La caccia come soluzione resta sempre un crimine. Il fatto che alcune zone siano talvolta eccessivamente popolate da animali, dimostra solo quanto l’uomo non sia capace di rispettare i propri limiti, o non sappia porre soluzioni adatte per contenerne la sovrappopolazione.
Ad esempio?
Qui a Roma vi è lo spopolamento di rondini e pipistrelli, dovuto al malo uso di pesticidi anti zanzare. Questi pesticidi in realtà uccidono tutti gli esseri viventi meno che le zanzare! Hanno causato – proprio essi – la decimazione dei pipistrelli.
Cosa risponderebbe a coloro che difendono la sperimentazione animale “in nome della scienza”?
Nella storia tutti i casi in cui si è detto “in nome di” hanno portato ai più gravi crimini dell’umanità. L’uomo dovrebbe tener conto di tutto questo e anche e soprattutto del fatto che la scienza, al giorno d’oggi, avendo raggiunto una sfera talmente avanguardistica da aver fatto in pochi anni più progressi che negli ultimi due mila anni, non necessiti più di pratiche crudeli, quali la sperimentazione, volte solo a mascherare introiti o finanziamenti pubblici di grandi enti che beneficiano di ciò. Oggi giorno la simulazione scientifica è in realtà molto più utile e all’avanguardia.

Dal Blog www.claudiolauretti.i

Ha recentemente fatto valere la contrapposizione “Equità vs Uguaglianza”. Ce ne parlerebbe?
Viviamo nell’era del politicamente corretto, ma a me poco importa della politica del consenso, per la quale occorre solo ottenere il battito di mani.
L’uguaglianza non è equa. Un chihuahua, per esempio, non è un pitbull. È chiaro che appartengono entrambi alla specie canina, ma necessitano di spazi differenti. Al giorno d’oggi si tende ad appiattire, con la globalizzazione, le diversità, quando invece bisognerebbe valorizzare le differenze, poiché sono le peculiarità dell’esistenza delle società stesse.
Ad esempio, se vado in Ghana e vedo grattaceli come a New York, mi accorgo che ci sia qualcosa di palesemente sbagliato.
Quale soluzioni, dunque?
Senz’altro l’autodeterminazione dei popoli, di contro la quale la globalizzazione mira a regnare indiscussa, solo il Capitale è veramente “globale”. Conseguenze di quest’ultima sono i suicidi di molte persone che non riconoscono più la propria dignità, in un mondo che la calpesta.
Bisogna rimanere equi, ma non uguali.
Cosa pensa delle multinazionali come Burger King e Mc’Donald’s e in generale gli allevamenti in Italia?
Tutto ciò che è intensivo e massivo è sbagliato. Eppure, da vegano, riconosco come l’Italia abbia allevamenti che si macchiano di “un crimine minore”, che sempre che tale si possa definire, ovvero un crimine, ma che rispetto ad altri paesi, come per esempio quelli che praticano la macellazione a rito islamico, ha un impatto sicuramente minore, ma da condannare lo stesso.
A proposito, come mai la macellazione a rito islamico è sconosciuta ma accettata, in Italia, e perché la gente ingerisce quasi inconsapevolmente, sempre più di frequente, kebab?
La gente vive in una società che pone ad essa dei dogmi incontrastabili, spesso sin dall’infanzia. Pertanto non si pone delle domande su cosa ci sia dietro a una realtà presentata muta e stabile. Colpevole di questo circolo chiuso è senz’altro l’Unione Europea che ha svalutato il Made in Italy imponendoci cibo di qualità scadente e non salutare.
Si può essere animalisti senza essere vegani?
Questa è spesso una domanda tabù, diciamo che non si potrebbe parlare di diritti degli animali senza almeno essere vegetariani. Personalmente sono contro ai vegani intolleranti, poiché rispondono a un messaggio sbagliato (quello dei carnivori intolleranti) con un messaggio altrettanto erroneo ed estremista. Tuttavia il primo cambiamento lo si effettua verso se stessi. Già cominciando a rivolgere l’attenzione verso l’universo animale, maltrattato e dimenticato, instauriamo quasi automaticamente un processo di elevazione dentro di noi, che pian piano porta a scelte consapevoli e limitative per quanto riguarda il consumo di carne.
Perché l’odio intollerante contro i vegani sfocia su pagine anche apparentemente innocenti e satiriche?
L’uomo è antropologicamente intollerante verso ciò che non conosce, talvolta anche per paura.
Coloro che criticano le scelte altrui spesso fanno parte di quelli che, senza ragionare, stanno con la pancia piena seduti e il maialino al forno nel piatto.
Talvolta è colpa anche nostra, che non sempre ci poniamo come dovremmo. Tuttavia il nostro compito deve essere quello di far riflettere, e indurre a una maggior consapevolezza.
Come mai le pellicce continuano ad avere successo nonostante l’efficienza delle sostituzioni ecologiche?
Per quanto riguarda le pellicce non si tratta più della pelle d’orso cacciata con la lancia, ma di un commercio industrializzato, multinazionale.
Ogni anno vengono uccisi 170-200mila visoni. E quel che è tragico è che la gente non comprende il sistema economico retrostante.
In Spagna c’è chi accetta la Corrida in quanto tradizione. Come se noi accettassimo ancora i combattimenti gladiatori…
Esattamente, la risposta è già implicita nella domanda. Non necessariamente una tradizione deve essere portata avanti se implica un crimine. Il mondo si evolve, come è giusto che sia.
In Spagna fanno gareggiare anche i cavalli, con corde vocali recise e paraocchi, contro i tori, affinché i secondi sbrandellino i primi. E la gente applaude.
Oltre alla corrida, vi è l’atroce pratica dell’uccisione dei levrieri Galgo e Podenco.
A Murcia poi, dopo le corse clandestine, vengono seminati cappi nei boschi, cosicché i levrieri corrano e, inconsapevolmente, si impicchino. Nella piazza della città, la statua raffigura un levriero impiccato. Come può una pratica come questa esser considerata tradizione?

Cosa auspica, dunque, per il futuro?
Cambiare il mondo è pressoché impossibile, ma cambiare noi stessi è un processo per cambiare il mondo.

Intervista di Chantal Fantuzzi