Il mio bus preferito è il numero 3, ora che non c’è più la funicolare. Lo acchiappo alla pensilina firmata Botta. Le sue fermate: via Ginevra, via Pelli, ai Frati, giardinetti di Besso. Non saranno i Parioli ma al quartiere ci sono affezionato.

Il mio posto preferito in vettura è quello in fondo in fondo a sinistra. È più largo della norma, più comodo. Se non è l’ora di punta, spesso è libero, e allora invariabilmente lo prendo.

Oggi, sorpresa!, su quel sedile c’è un foglio, una fotocopia smarrita o abbandonata. Stazzonato, macchiato. Porta uno scritto, abbastanza misterioso. Nessun titolo, i versi soltanto. Mi colpisce. Sarà di un poeta? È probabile, perché va continuamente a capo. Leggiamolo insieme.

Le buone, le scientifiche
ragioni? Come sempre
le avrai, tu rigorosa
sempreverde serpeverde che assicuri
il bene dei ragazzi e dei futuri
calcolatori integerrimi, pronti a farsi
complici di una cosa ottimamente
prevista progettata senza un’ombra
di vaga, dispersiva umanità.

Le buone, le scientifiche ragioni
oggettivate sempre e come sempre
naturalmente incolpevoli. Alla sgraziata
fanciulla che singhiozza e perde muco
e trema contro un muro e picchia i pugni,
a quegli sguardi muti
chini come su un gorgo, che ti dicono
quanto male tu faccia e rappresenti,
agli umili e ai perdenti
auguri sorridendo buona estate.

Troppo onesti,
troppo davvero buoni,
questi ragazzi che hanno disimparato
a contrapporsi.