Si è spento il 1 di aprile all’età di 84 anni, Evgenij Evtushenko poeta, drammaturgo e romanziere russo, a causa di un problema cardiaco.

Nato a Zima, in Siberia, nel 1932 ha esordito da giovanissimo con la raccolta di poesie “Gli esploratori dell’avvenire” e diventò presto un aspro critico del regime stalinista e un rivendicatore della libertà di espressione. Nel 1961 pubblica la sua opera più famosa, il poema Babi Yar che denunciava il massacro degli ebrei a Kiev condannando l’antisemitismo sovietico. Pur protestando contro il regime, Evtushenko è stato criticato da molti intellettuali sovietici, come Josef Brodsky, che l’hanno accusato di essere troppo attento a rimanere nei limiti accettabili della prostesta per il regime. Non ha avuto infatti lo stesso destino di intellettuali dissidenti e prigionieri politici come Vladimir Bukovsky o Ossip Mandelstam. Lo stesso Evtushenko tuttavia aveva scritto in un suo poema: “Mi si dice che sono coraggioso. Non è vero, non mai peccato di eccessivo coraggio. Non ho tentato di riformare il mondo”.

Dal 1993 si trasferisce negli USA dove ottiene una cattedra nella citta di Tulsa in Oklahoma, dove è spirato dopo una lunga serie di malattie. La vedova Maria Novikova ha dichiarato: “È morto in pace, circondato dalla sua famiglia”. Pur vivendo negli Stati Uniti non aveva mai davvero tagliato i ponti con la Russia dove tornava spesso per spettacoli e conferenze. Avrebbe anche espresso il desiderio di essere sepolto nel cimitero russo Peredelkino, accanto a Boris Pasternak.