Un'insegnante durante una lezione in classe in una foto d'archivio. ANSA/ ALESSANDRO DI MEO

Da Opinione Liberale, per gentile concessione

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Secondo noi la Sinistra ha tutti i diritti di proporre il suo progetto ideologico sulla scuola, ma il Paese non ha affatto il dovere di dotarsi di una scuola d’impronta socialista. Il Gran Consiglio ha la forza e l’obbligo di contrastare e (come minimo) correggere questo progetto di impostazione erronea.

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Opinione Liberale, in uno degli ultimi numeri, ha già ampiamente riferito la posizione del PLR in merito al progetto «La scuola che verrà» che, nelle intenzioni dei suoi autori, dovrebbe eternizzare il ricordo del passaggio dell’onorevole Bertoli e del suo «staff» alla testa del Dipartimento della pubblica educazione (o DECS, che didi impostazione erronea.r si voglia). Con queste note non intendiamo comunque tornare sul tema, già ben sviscerato nella citata presa di posizione, bensì fare qualche rilievo in margine alle reazioni del sullodato DECS riguardo alle critiche espresse da più parti al suo progetto. Che le critiche alle proprie proposte non piacciano più di quel tanto a nessuno (a dire il vero, neppure al sottoscritto) si sa. C’è però modo e modo di esprimere il proprio malcontento. E quello del DECS non può che essere catalogato sotto la rubrica «reazioni di lesa maestà».

Oltre alle irritate dichiarazioni dell’onorevole Bertoli e di alcuni dei suoi più stretti collaboratori cui abbiamo assistito lo scorso dicembre, subito dopo lo stop imposto da due commissioni parlamentari alla sperimentazione del progetto prima ancora che la consultazione al riguardo fosse conclusa, vi sono pure frequenti indiscrezioni, in base alle quali alti dirigenti del Dipartimento farebbero di tutto per imporre il silenzio a dirigenti di grado inferiore, affinché le loro riserve sul progetto non trapelino all’esterno. Naturalmente non sappiamo quanto vi sia di vero o di inventato in queste voci. Siccome però vi è raramente fumo senza arrosto, siamo inclini a ritenere che un certo fondamento ce l’abbiano. Eh sì che quando la direzione del Dipartimento era, politicamente, in altre mani, i compagni dell’onorevole Bertoli erano sempre in prima fila a rivendicare il diritto, per tutti, al dissenso e alla critica. Si vede che, cambiando le situazioni, cambiano anche i criteri di giudizio… Non ne facciamo un dramma. La cosa, entro certi limiti, può anche essere comprensibile. Ma se il silenzio che, a quanto pare, la nomenklatura del Dipartimento vorrebbe imporre, dovesse prefigurare la democrazia che verrà, ci sarebbe poco da stare allegri!

Giusto Bellavitis