Una volta (diciamo prima del Sessantotto) il Venerdì Santo era un giorno speciale anche per la RSI. Questa trasmetteva musica sacra e meditazioni dalla mattina alla sera. Qualche brano però (non lo so a dire il vero) forse lo intrufola nei suoi programmi anche oggi. Potrebbe essere lo “Stabat mater” di Gioacchino Rossini, in verità la composizione musicale per eccellenza del Venerdì Santo. Originariamente è una preghiera del XIII secolo attribuita a Jacopone da Todi.

La prima parte del testo, che inizia con le parole “Stabat Mater dolorosa” (“La Madre addolorata stava”) è una meditazione sulle sofferenze di Maria, madre di Gesù, sotto la croce durante la Crocifissione. Questa prima terzina viene però omessa nel brano “Cujus animam”, dall’esecuzione peraltro impervia per il tenore, il quale è posto di fronte a una ben ardua prova verso la fine, con un difficilissimo crescendo e soprattutto un terribile acuto. Ma ecco le parole esatte di questo famosissimo brano, in latino con traduzione in italiano:

Cuius animam gementem
contristatam et dolentem
pertransivit gladius.
O quam tristis et afflicta
fuit illa benedicta
Mater Unigeniti!
Quae moerebat et dolebat
Pia Mater dum videbat
nati poenas inclyti.

Il suo animo gemente
contristato e dolente
era trafitto da una spada.
Oh, quanto triste e afflitta
fu la benedetta
Madre dell’Unigenito!
Come si rattristava, si doleva
la Pia Madre vedendo
le pene del celebre Figlio!