Conosco il caso di Fatima e Mike da pochissimi giorni. Ho incontrato Fatima e parlato con Fatima questa stessa settimana. Per la prima volta, ma certo non per l’ultima. 

Quella che Ticinolive pubblica qui sarà chiamata lettera di Fatima. È stupenda, profonda e commovente. Leggiamola insieme.

2017

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Speciale. Mio figlio è un bambino speciale.

Forse lo pensano tutte le mamme, dei loro figli. Me ne rendo conto. Ma ora so che le cose che Mike non riesce a fare, e quelle che riesce a fare più, e meglio di noi, sono proprio le caratteristiche che lo rendono unico. Quando era nella mia pancia, spesso gli parlavo. Immaginavo con lui come sarebbe stato. Cosa sarebbe diventato, da grande. Che forma avrebbero avuto i suoi occhi. Quale luce, il suo sorriso. Mi sono immaginata tante volte di vederlo camminare insieme a me. Mano nella mano. Fino a quando non sarebbe stato in grado di proseguire da solo.

Quando mi hanno detto che mio figlio era affetto dalla sindrome di Hunter ricordo un baratro, un burrone senza fine davanti ai miei occhi. Non sono stata in grado di capire subito quanta forza possa abitare dentro un corpo, seppure esile, come il mio, quando un figlio ha bisogno di te. E quanto potente possa essere un amore, capace di esuberare i limiti del possibile e di scatenare le forze più incontrollabili che ciascuno ha dentro di sé. Credo di essere nata insieme a mio figlio. Mike ha tirato fuori delle cose di me che non sapevo di avere. Mike non è la mia ragione di vita. È colui per il quale e grazie al quale io sono.

A volte, quando parlo con le persone della situazione di mio figlio, mi capita di scorgere nei loro occhi il dispiacere. Riesco a scorgere il loro tormento. A volte guardano me con ammirazione. Se io, tutte le volte, avessi il potere di verbalizzare i loro pensieri, sono certa che sentirei parole che non rispecchiano la nostra condizione. Nei loro occhi, spesso, leggo la disabilità. Mi diverto a indovinarli, i pensieri di queste persone che guardano me e mio figlio. Che brava mamma! Quanta forza! Se fosse successo a me, non credo che ce l’avrei fatta! Ed io, ogni volta, vorrei poter dire a queste persone che non sanno che il Signore assegna a tutti la stessa capacità di sopportare la vita. Semplicemente, qualcuno è costretto a misurarsi ogni giorno, con quella capacità. Sono più fortunati di me, tutti loro? Non lo so. So solo che a volte possono dimenticarsi che esistono delle difficoltà contro cui bisogna lottare. Ma io, quando sorrido, posso farlo con più consapevolezza.

È speciale, Mike.

È come tutti gli altri. È speciale come loro, non di più. Non ha superpoteri. È unico. Ha una dolcezza fuori dal comune. Una forza incredibile. È lui che mi ha insegnato a sorridere. È lui che tiene per mano me. È lui che sa reagire e spiegarmi che siamo solo noi adulti a vedere la malattia. È un bambino felice. E la sua felicità – piena, autentica – è l’ossigeno della mia vita.

Quando vedo però dei bambini un po’ più grandi di Mike correre, giocare, scherzare, urlare, penso al futuro di Mike. A un futuro che forse non avrà, che non lo vedrò mai diplomarsi, che non incontrerò mai la sua prima fidanzatina, che non lo vedrò mai laurearsi e cercare il suo primo impiego come tutti i ragazzi di questo mondo. E mi fa male. Mi fa male sapere che il suo futuro è segnato da questa bastarda malattia che non gli permetterà di essere normale.

Perché Mike non è normale. È semplicemente speciale.

Una mamma, Fatima