Oggi per Sergio Roic è giornata di festa, senza che sia per noi giornata di lutto: Marine non poteva fare l’impossibile. Un francese su tre ha votato per lei, non è poco. Si faccia un confronto con il 2002.

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L’amico Francesco De Maria, owner di questo portale, mi chiede un po’ provocatoriamente – ma credo tutto sommato bonariamente – di scrivere un articolo sul “Trionfo socialista” alle elezioni presidenziali francesi.

In verità, e ovviamente, non si è visto nessun trionfo socialista ieri in Francia e ciò non tanto a causa del candidato che ha vinto, Emmanuel Macron, ex ministro socialista del governo Hollande, quanto a causa di un vero e proprio suicidio nel processo di candidatura da parte del PS francese: il candidato Hamon, valido, non è stato sostenuto dal partito, mentre Valls, che avrebbe preso più voti di Hamon, è stato bocciato alle primarie. In ogni caso, una moltitudine di voti socialisti – e di appoggi – se li è aggiudicati lo stesso Macron, centrista sì ma, come ha spigato il Corriere della sera, facente parte di quell’area di centrosinistra che guarda in alcuni ambiti alla socialdemocrazia.

Trionfo socialista no, dunque, e in nessun caso. Vittoria dell’Europa, con Macron, sì, e indubbiamente.

Macron stesso ha puntato infatti tutte o quasi le sue carte su un europeismo convinto e ha prevalso ampiamente da europeista saldo e pugnace. I suoi 4 punti del “programma europeo” – sistema di difesa comune, rafforzamento dell’eurozona, rafforzamento delle politiche migratorie comuni e riforma del parlamento europeo post-Brexit – sono realizzabili, soprattutto perché provengono da uno dei due leader (assieme alla Germania) dell’Europa unita.

E allora, come ha avuto modo di affermare il premier olandese Rutte in gergo calcistico, dopo i quarti di finale del campionato continentale politico e la vittoria degli europeisti in Olanda, ecco che la semifinale, quella francese, è stata vinta con ampio margine dall’europeista Macron, mentre in Germania, dove si giocherà la finale del campionato in autunno, il risultato sembra già scritto: un’altra vittoria degli europeisti, che sia di Merkel o di Schulz poco cambia da questo punto di vista.

Cosa ci insegna la storia, allora, badando anche al risultato delle elezioni austriache dove il populismo è stato fermato e Hofer non ce l’ha fatta a prendere in mano il paese. Beh, la storia, quella contemporanea al pari di quella passata, ci insegna con le illuminate parole del nostro indimenticato Bergier che “a un problema acuto c’è sempre una riposta, magari intravista all’inizio e organizzata e rivendicata con vigore inseguito con un appoggio popolare che non teme rivali”.

Ecco, allora, cosa ci insegna il Bergier-pensiero applicato ad Austria, Olanda e Francia: dopo una crisi profonda e la minaccia seria del populismo nazionalista a mo’ di alternativa in grado di rompere il processo di unificazione europea, ecco che si levano gli scudi, ci si compatta, si ritorna a votare pro Unione, pro solidarietà, pro valori condivisi dapprima per il rotto della cuffia (nelle elezioni austriache ripetute), poi convintamente in Olanda e nettamente in Francia.

Che questi segnali, finalmente, possano scalfire anche alcune “certezze” provinciali e rinunciatarie di tanta politica nostrana?

Sergio Roic