Matteo Cheda, fondatore della Scuola di giornalismo di Bellinzona, non ha commesso i reati di usura né di concorrenza sleale. È la conclusione a cui è giunto il Ministero pubblico ticinese.

In seguito a una segnalazione ricevuta dal sindacato Ocst, lo scorso 14 aprile Cheda, si era autodenunciato per “caporalato” che in base alla legge svizzera corrisponde ai reati di usura e concorrenza sleale. Secondo la procuratrice pubblica Raffaella Rigamonti, non vi sono tuttavia gli elementi per aprire un procedimento penale.

La Scuola di giornalismo, nata nel 2015, è non profit e la frequenza è gratuita. Ogni allievo riceve una piccola retribuzione per 12 mesi più l’abbonamento ai mezzi pubblici. L’importo è identico, indipendentemente se l’allievo va a scuola o se lavora a titolo volontario. I datori di lavoro versano alla scuola il valore della prestazione fornita dagli allievi. Gli allievi che durante i 12 mesi lavorano a titolo volontario finanziano quindi il salario e la formazione agli altri allievi.

Due allievi che dopo tre mesi avevano trovato lavoro grazie alla Scuola di giornalismo si erano rivolti all’Ocst ritenendo ingiusto tal metodo di finanziamento. Il sindacato aveva quindi chiesto al nuovo datore di lavoro di versare agli allievi il valore della prestazione da loro fornita (e non alla scuola come previsto contrattualmente). Nel caso contrario, il sindacato avrebbe reso pubblica la vicenda, ritenuta di “caporalato”.

Il nuovo datore di lavoro era propenso ad accettare la richiesta dell’Ocst. E questo senza alcuna decisione giudiziaria. La mattina del 14 aprile (Venerdì Santo), in un incontro in uno studio legale di Lugano, il nuovo datore di lavoro aveva quindi comunicato a Cheda la sua intenzione di non versare i soldi alla scuola, come previsto contrattualmente, ma al sindacato (a cui gli allievi avevano dato procura di agire in loro nome).

Cheda ha rifiutato la proposta. Appena uscito dallo studio legale, si è presentato al Ministero pubblico per segnalare il fatto. Una comunicazione che, secondo la procuratrice pubblica Raffaella Rigamonti, corrisponde ad “autodenuncia” e come tale è stata verbalizzata. Dopo le feste pasquali, Cheda ha reso pubblica la vicenda.

Interpellato dai giornalisti, il sindacato Ocst non aveva rilasciato alcuna dichiarazione. Un particolare insolito che aveva insospettito il futuro datore di lavoro dei due allievi. Fino a quel punto infatti il sindacato minacciava di rendere pubblica la vicenda di “caporalato”, in caso di mancato pagamento della somma controversa. Poi, improvvisamente, il silenzio. Nemmeno di fronte all’autodenuncia pubblica di Cheda, l’Ocst aveva rilasciato commenti alla stampa.

Per evitare rischi, il futuro datore di lavoro dei due allievi ha quindi chiesto alla Pretura il deposito giudiziale della somma dovuta alla Scuola di giornalismo e contestata dal sindacato. Ora il giudice dovrà stabilire se versare l’importo agli allievi (come chiede l’Ocst) oppure alla scuola.

Matteo Cheda