Parma e Padova

C’è un sindaco,  licenza professionale, salito cinque anni or sono come M5S, più che altro per convergenza di eventi fortuiti, apparentemente odiato da tutti, scacciato persino dal suo partito, che risale. E ora potrà dir di governar 10 anni. Con acrimonia. La sindrome di Stoccolma dei Parmigiani.

C’è un senatore, laureato in economia, salito due anni or sono, amato da tutti, la cui giunta cade per il tradimento nottetempo di 17 consiglieri (diciassette!!!), che non risale. E ora si dirà che governò per soli due anni. Encomiabilmente.  L’apparente ingratitudine dei Padovani. Apparente, dico, poiché il sindaco uscente Bitonci non è stato eletto per appena 3mila 400 voti di scarto.

Padova risplenderà ancora dei suoi marmi restaurati, dei leoni della Serenissima sulle porte della cinta muraria redivivi del bianco marmoreo frutto di un Assessorato alla Cultura attento e consapevole e di una giunta comunale solerte ed energica. Ma per questa volta nelle strade s’intona bella ciao e la città torna in mano a un PD i cui festeggiamenti ricordano più che altro gli scioperi operai del biennio rosso del secolo scorso.

Parma, invece, resterà nella sua cappa di smog, sotto l’apartitica giunta egemonizzante, mentre i già mal tenuti monumenti continueranno a sfaldarsi sotto l’incuria e il vandalismo e la raccolta differenziata – mal eseguita – ad inondare strade e viuzze.

Parma e Padova rappresentano i due casi emblematici della democrazia, ove il ballottaggio può ripetersi ciclicamente eguale a quello di cinque anni or sono (m5s vs PD, nel caso di Parma) oppure rivoluzionare, seppur per poco, il primo turno, facendo cadere ogni certezza.

Genova

Un caso storico, quello della vittoria del centro destra a Genova, città di sinistra sin dal 1945 (fa molto scritta da frontespizio da pasticcieria).

Lombardia

Un altro quello della vittoria femminile e destra di Lodi, un altro ancora quello di Piacenza, e poi ancora Tradate e  Legnano. una destra tutta Lombarda, e non solo, da creare ubriacatura di speranza nei suoi vertici esponenziali.

Verona

infine, per chiudere quest’articolo, che non vuole essere un sondaggistico elenco, piuttosto un commentario relegato al Settentrione (scelta lungi da questioni storico politico, quanto piuttosto per omogeneità spaziale), la città del Veneto dove la destra ha duellato con la destra, o meglio, dove la Lega ha strappato la città all’ex Lega dei Tosiani, sostenuti, in ultima istanza addirittura dal PD. Altro caso emblematico: in questo caso, a differenza di altri, l’elettorato fedele a un partito, conta. Tantissimo.

Negli altri invece… beh ogni caso è a se stante. E ancor si litiga, e ancor si discute, e s attribuiscono – distribuendoli – colpe e meriti. Più le prime che i secondi. E c’è chi gioisce e in nome dei seggi conquistati ai municipi  guarda – non si capisce come – a quelli di Montecitorio, e chi pur avendo avuto seggi a Montecitorio, non riesce a ottenere quelli dei municipi. E chi sostiene che da quelle vittorie si andrà a governare, rallegrandosi persino la vittoria più insignificante, e non rattristandosi per la sconfitta più palese. Poiché così è la democrazia, variegate macchie di leopardo che si estendono a colori alterni sullo stivale, dando quella tinta animalier che tanto, all’elettore homo pseudo sapiens si addice.

da sinistra: in alto: Pizzarotti, (ex m5s di nuovo sindaco Parma), Federico Sboarina (cdx, neo sindaco Verona), al centro: On. Bitonci (ex sindaco cdx Padova), Tosi e la fidanzata candidata a Verona On. Bisinella (sconfitta da Sboarina), sotto: Casanova (neosindaca Lodi cdx), Giordani (neosindaco Padova, csx).

 

CF