Interessante analisi di “Le Figaro” sulla politica francese, anche se secondo me è prematuro ora capire se colpisce nel segno. Quest’articolo intravvede gli albori di una nuova forma di “stato presidenziale” con tutto il potere concentrato all’Eliseo, sede della Presidenza della Repubblica.

Ricorda il Generale de Gaulle, fondatore della Quinta (e attuale) Repubblica come una figura garante di equilibrio tra istituzioni forti: il Presidente, il Primo Ministro, il Parlamento. Equilibrio che nella situazione attuale non sembra più assicurato. Questo scritto menziona una possibile Sesta Repubblica; negli ultimi anni molte figure alla sinistra dell’Amministrazione Hollande preconizzavano una Sesta Repubblica (cioé una nuova forma di Stato democratico) che comunque sembra lontana da quella che si percepisce ora, e che appare all’autore più una “brutta copia” della democrazia americana, dove la figura del Primo ministro tende a confondersi con quella di Capo dello Stato.

E’ vero che in questi giorni si respira in Francia un’aria un po’ soporifica, da consenso generale verso il “nuovo uomo forte” del Paese. A parte le formazioni politiche estreme come il movimento “La France insoumise” di Jean-Luc Mélenchon e (ancora più debolmente) il “Front National” di Marine Le Pen, non si sentono molte voci discordanti. I partiti tradizionali come “Les Républicains” (centro destra) e la sinistra socialista o post-socialista sembrano intrappolati dal Movimento (République En Marche), vincitore delle recenti elezioni parlamentari: si noti che iniziali EM sono le stesse di Emmanuel Macron. Per non parlare del movimento di centro di François Bayrou, abilmente usato e poi scaricato poco dopo la nomina del primo governo.

Ieri l'”Iperpresidente” Macron ha inaugurato la legislatura con un discorso solenne  a Versailles davanti alle camere legislative riunite; Mélenchon con una sottile vena di ironia lo ha paragonato a Louis XVI, non senza un vago riferimento ironico alla sua “Fine Regno”. Come cambierà la Francia nei prossimi cinque anni? E’ presto poterlo dire: riuscirà la nuova democrazia simil-autoritaria a disincagliare il Paese (e magari parte dell’Europa) dalle molte difficoltà che si trova ad affrontare, quali il forte debito pubblico, la perdita di competitività economica e la forte pressione migratoria? Sembra poco probabile allo stato attuale.

Francesco Russo, Parigi