Tratto dal blog “Il Cuore del Mondo” di Marcello Foa
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Ammiro Marcello Foa, e non da oggi, per una ragione specifica (tra le altre): non ha paura di esporsi in prima persona. Un uomo nella sua posizione – normalmente o, diciamo, molto spesso – non va contro il “politically correct” (che io denomino volgarmente “lavaggio del cervello”). Perché? Facile. Perché c’è molto da perdere e ben poco da guadagnare.
Onore dunque a Foa.
Il “giurì che garantisca la correttezza dell’informazione” delirato da quella donna ci conduce infatti nel terrificante mondo di Orwell. 1984 per l’Autore era il futuro, per noi è un passato di 33 anni fa. Provate a immaginare questa allucinante realtà: la Boldrini che decide quel che si può dire, quel che si può scrivere e quel che si può pensare.
Sempre più compiango l’Italia, un paese che ho amato e nel quale ho vissuto per 7 anni.
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Quando la Boldrini “esige l’autoregolazione delle piattaforme al fine di rimuovere l’hate speech online” e invita a “stabilire la responsabilità giuridica sociale dei provider e delle piattaforme di social e a obbligarli a rimuovere con la massima tempestività i contenuti segnalati come lesivi da parte degli utenti“, intende togliere di mezzo i commentatori scomodi demandando a un entità astratta – “gli utenti” – il compito di giudicare chi semina odio e chi no.
Quando propone di “sostenere e promuovere blog e attivisti no hate o testate che promuovono una contronarrazione” compie un’operazione orwelliana, perché si arroga il diritto di stabilire chi detenga la Verità, negando uno degli elementi costitutivi della democrazia: il confronto delle idee.
Ma si supera quando sostiene “l’istituzione di un giurì che garantisca la correttezza dell’informazione“. Ma sì un Miniculpop, il Ministero della Censura, che impedirebbe a voi, cari lettori, di leggere questo blog, o goofynomics di Alberto Bagnai o i tweet di Vladimiro Giacchè o i siti che a destra e a sinistra difendono il diritto a un’interpretazione diversa dalla realtà.
Questi sono propositi inaccettabili in democrazia e fonte di rabbia e di diffidenza. Nei suoi confronti, cara presidente Boldrini. Perché, a ben vedere, la vera propagatrice d’odio è lei. Non noi.