“Blood and soil” (sangue e suolo), “white lives matters” (le vite dei bianchi contano) e “jews will not replace us” (gli ebrei non ci sostituiranno) sono solo alcuni degli slogan che il corteo dei suprematisti bianchi ha intonato per le strade di Charlottesville in quello che è stato definito “il più grande raduno nazionalista dell’ultimo decennio”.

La città di Thomas Jefferson, leader che non si è mai espresso contro la schiavitù, e sede di un’università, Charlottesville è diventata in questi giorni luogo di conflitto interrazziale che ci proietta nei periodi passati più bui degli USA, dominati dall’odio razziale e caratterizzato dall’inquietante presenza di gruppi come il KKK.

Il corteo “Unite the Right” (uniamo la destra) è stato convocato per protestare contro la rimozione della statua di Robert E. Lee, il generale confederato diventato il simbolo dell’estrema destra statunitense. La statua è stata recentemente al centro dell’attenzione dopo che uno studente di colore aveva lanciato una petizione per rimuoverla dal parco centrale cittadino. Una petizione appoggiata dalla commissione comunale costituita apposta per il caso. Da quando è stato deciso che la statua sarebbe stata venduta si sono succedute numerose proteste contro la rimozione tra cui la più clamorosa quella di “Unite the Right”.

Il reverendo locale Seth Wispelwey ha dichiarato: “La gente di Charlottesville è arrabbiata, i cittadini sono feriti e confusi. Il corteo dei suprematisti bianchi nella nostra città è un atto di violenza”. Opinione condivisa da sindaco che trova “disgustosa” per quella che ha definito una “parata codarda di odio, razzismo e intolleranza”. I suprematisti sono stati boicottati anche a livello nazionale, per esempio dalla società Airbnb che ha bloccato loro l’accesso alle strutture che offre in affitto.

Non sono mancati scontri tra i manifestanti e i contro-manifestanti che sono esplosi in un’ondata di violenza culminata con un’auto che si è deliberatamente abbattuta sulla folla dei contro-manifestanti uccidendo tre persone e ferendone altre 35. A bordo dell’auto c’era James Alex Fields Jr, un 20enne con legami con un gruppo razzista di estrema destra chiamato Vanguard America.