da Opinione Liberale, per gentile concessione

Il governo italiano ha introdotto in agosto una serie di misure fiscali inaccettabili per le banche svizzere in quanto impedirebbero di fatto – come afferma Franco Citterio – «di poter servire e sviluppare la clientela italiana direttamente in Svizzera». Le spiegazioni del direttore dell’Associazione bancaria ticinese

Il 25 agosto scorso il governo italiano ha pubblicato ufficialmente il decreto legislativo n. 129 per l’attuazione delle direttive MiFID 2, in virtù del quale viene imposto alle banche di Paesi terzi, non facenti parte dell’Unione europea, di poter offrire servizi d’investimento ai clienti privati unicamente mediante lo stabilimento di succursali in Italia.

L’Associazione bancaria ticinese, unitamente all’Associazione svizzera dei banchieri, ha già avuto modo di comunicare più volte all’autorità federale che questa soluzione per le nostre banche non è assolutamente accettabile, poiché ciò impedirebbe di fatto di poter servire e sviluppare la clientela italiana direttamente dalla Svizzera. Nessuna banca svizzera è interessata ad aprire una succursale in Italia per motivi di ordine economico, fiscale e di processi aziendali. Inoltre, non sarebbe nemmeno immaginabile pensare di svolgere parzialmente alcune funzioni dalla Svizzera per conto della succursale italiana. La conseguenza di tutto ciò sarebbe un’inesorabile diminuzione della clientela, degli affari e, in ultima analisi, dei posti di lavoro legati al settore finanziario che occupa in Ticino oltre 10’000 persone, che risiedono, spendono e pagano le imposte nel Cantone.

La nostra profonda insoddisfazione deriva soprattutto dall’atteggiamento dell’Italia che non ha dato seguito agli impegni contenuti nella roadmap Italia/Svizzera del 23.02.2015 in cui si dichiarava solennemente che «(…) Swiss and Italian authorities will continue to investigate possible solutions to improve reciprocal provision of cross-border financial services (…)».

Se, da una parte, l’amministrazione federale e il mondo bancario elvetici hanno contribuito in maniera essenziale alla regolarizzazione dei capitali detenuti in Svizzera e stanno partecipando attivamente al sistema di scambio d’informazioni finanziarie, dall’altra parte l’Italia non si è dimostrata collaborativa. Il miglioramento delle condizioni per l’accesso al mercato dei servizi transfrontaliero rappresentava una sorta di controprestazione ma il governo italiano, pur avendo il margine di manovra necessario stabilito dalle norme europee e nonostante un preavviso in tal senso espresso dalle Commissioni parlamentari, non ha voluto inserire la possibilità per le banche di Paesi terzi di un accesso senza l’obbligo di una succursale.

Se il decreto legislativo in questione vale in generale per i Paesi terzi, non aderenti all’Unione europea, mi auguro ora che il governo svizzero intervenga in maniera risoluta affinché, in virtù delle promesse pattuite nella roadmap, venga stipulato con l’Italia un accordo che tolga per le banche svizzere l’obbligo di stabilimento di una succursale.

Purtroppo la trattativa fiscale con l’Italia si dimostra ancora una volta difficile e ritengo che ora più che mai sia necessario un salto di registro sul piano politico affinché il negoziato fiscale possa arrivare in porto salvaguardando gli interessi di entrambe le parti.

Franco Citterio
direttore Associazione bancaria ticinese